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La 20enne britannica, nata con una malformazione a mani e piedi, si qualifica per il main draw degli Australian Open: “Si sbagliavano i medici che escludevano potessi giocare a tennis. Svantaggiata? Ho solo un diverso mazzo di carte ma non significa non possano vincere”
di Gianluca Strocchi | 13 gennaio 2021
Il grande sogno è diventato realtà: Francesca Jones giocherà per la prima volta nel main draw di uno Slam. Dopo aver eliminato all’esordio nelle qualificazioni femminili degli Australian Open - in corso a Dubai a causa della pandemia e delle misure di sicurezza adottate dallo stato di Victoria - la rumena Monica Niculescu, attualmente n.144 del ranking mondiale con un recente passato da top 30, e al secondo turno aver superato in tre set la croata Jana Fett (n.209 Wta), la 20enne inglese, n.241 della classifica Wta, nel match che valeva l’agognato biglietto per Melbourne ha travolto per 60 61 la cinese Jia-Jing Lu, n.200 del ranking.
Un successo che vale molto di più del pass per il tabellone principale per questa ragazza bionda, dalla carnagione chiara come tanti suoi connazionali: dentro ha infatti troppa voglia di dimostrare che avevano torto tutti quelli che le hanno detto che una carriera da professionista nel tennis era impossibile.
Francesca, nata con tre dita e un pollice su ciascuna mano, tre dita del piede destro e quattro nel sinistro (sindrome da displasia ectodermica ectrodattilia, anomalia genetica dello sviluppo embrionale che colpisce le estremità degli arti), ha in effetti perso il conto del numero di volte in cui è stata sottoposta a un intervento chirurgico e dei medici che hanno posto come fuori discussione l’ipotesi di un approccio professionistico allo sport della racchetta.
"La mia sindrome è molto rara. È complicata perché ci sono molti sintomi. I dottori mi hanno detto che non potevo giocare a tennis. E la mia reazione è stata: ‘Visto che l'avete detto, vi dimostrerò che vi sbagliate’", sottolinea con voce ferma la ragazza nata a Leeds in un video diffuso dalla Federazione Internazionale. "Il mio corpo non è destinato ad essere quello di un’atleta, diciamo così, ma per me questo non significa che io non possa esserlo. Anche una Rolls Royce è costruita da zero".
‘Fran’ – è il suo diminutivo – non considera un handicap la sua situazione, anzi al contrario. "Quando qualcuno ti dice a otto-nove anni che non puoi fare qualcosa, suppongo che la maggior parte delle persone avrebbe il cuore spezzato, ma ho solo provato ad affrontare la cosa a muso duro e vedere come avrei potuto dimostrare che quella persona si sbagliava – ricorda con riferimento ai giudizi degli specialisti - E anche provare a me stessa che potevo fare quello che volevo e incoraggiare pure gli altri a farlo, perché penso che ci siano così tanti bambini che sono limitati da ciò che dicono gli altri".
Nonostante lo scetticismo di molti, la Jones è stata accettata alla Sanchez Casal Academy di Barcellona all'età di soli 10 anni.
Gioca con una racchetta leggera e un grip molto piccolo, e in palestra lavora molto sull'equilibrio e sulla tecnica per ovviare ai problemi determinati dalla patologia da cui è affetta. "Quando si hanno meno dita, è più difficile mettere il peso sui piedi", spiega, sottolineando anche l'aumento del rischio di lesioni. "Ho cose su cui devo lavorare forse un po' più fisicamente rispetto alle altre giocatrici, ma mi va bene. Ero molto consapevole di quello in cui stavo entrando e mi piacciono le sfide – sottolinea Francesca in collegamento con Bbc Sport dagli Emirati Arabi, evidenziando la sua forza mentale - Ho avuto esperienze che molte persone della mia età non hanno ancora avuto, e potrebbero non avere mai. Molte persone direbbero che questa situazione è uno svantaggio, mentre io chiedo di dissentire: mi sento sempre un vantaggio. Sento che mi mette un passo avanti a loro in molti modi, ho imparato ad essere indipendente e mi ha insegnato molto su me stessa e sulla vita”.
Insomma, ha rifiutato di soffermarsi sugli aspetti negativi della sua condizione congenita ed è fermamente convinta che gli ostacoli che ha dovuto superare l'hanno resa la giocatrice e la persona che è oggi. Senza curarsi più di tanto di “sguardi, domande, simpatia o al contrario l'odio" che può suscitare negli altri: "Penso che le persone avrebbero potuto tentare di essere prepotenti con me, ma ho una personalità piuttosto forte, e mi limito a scrollarmi di dosso queste eventuali situazioni, davvero. Se vogliono essere dispregiativi in ??qualsiasi modo, va bene, è un problema loro non mio".