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Campioni internazionali

Khachanov, alla (ri)scoperta del russo rinato in Armenia

Nessuno sembra filarselo ma, all’ombra dei Medvedev e Rublev, l’armeno nato a Mosca è di nuovo in una semifinale Slam agli Australian Open dopo quella raggiunta l’anno scorso agli Us Open

di | 24 gennaio 2023

Karen Kachanov, 26 anni, è attualmente n.20 del mondo, ma è stato anche n.8, nel luglio del 2019 (Foto Getty Images)

Karen Kachanov, 26 anni, è attualmente n.20 del mondo, ma è stato anche n.8, nel luglio del 2019 (Foto Getty Images)

Il meno forte dei nuovi russi, il meno russo dei nuovi russi, era stato anche il più precoce dei nuovi russi. Armeno da parte di padre e per metà armeno anche da parte di madre, Karen Khachanov era stato il primo della nouvelle vague moscovita a sposarsi (nel 2016, con la compagna di sempre, Veronika), il primo a raggiungere la seconda settimana di uno Slam e a prendere uno scalpo di un top 10 (nel 2017), il primo a conquistare un Masters 1000 (Bercy 2018, battendo 4 dei primi nove del mondo, compreso Djokovic in finale) e poi anche il primo a diventare papa', nel 2019, di David. 

L'ascesa appena più tardiva dei suoi amici d'infanzia Medvedev e Rublev era poi coincisa con il suo declino. Non un crollo verticale, ma una discesa lenta. Non un terremoto, ma un assestamento tellurico che gradualmente lo aveva fatto ancorare alla 20ma posizione mondiale o giù di lì. L'Eldorado per quasi tutti i tennisti, ma una specie di terra di nessuno per chi a 23 anni era stato il numero 8 del mondo. Nel quinquennio tra il '17 e il '22, Khachanov era diventato un habituè del terzo e del quarto turno degli Slam, una specie di aurea mediocritas rispetto a quelle che erano state le premesse e le ambizioni, soprattutto se confrontata ai percorsi dei suoi amici-rivali Daniil e Andrey.

"Ci siamo spinti a vicenda. Tra di noi c'è sempre stata una competizione positiva, come quella tra Roger, Rafa e Novak. Non possiamo certo paragonarci a loro, ma il senso, il significato e le conseguenze della nostra concorrenza sono simili". In realta', proprio in quel 2021 che aveva visto Rublev affacciarsi tra i top 5 e Medvedev negare a Nole la gloria eterna conquistando a New York un major storico, Khachanov aveva toccato il suo punto piu' basso, era uscito dai primi 30 e si era ritagliato l'etichetta di vittima sacrificale dei big. "In quel momento ho affrontato dei problemi personali. E per ritrovarmi, mi sono concesso un viaggio alle mie origini, in Armenia, dove ho trascorso alcuni giorni con mia moglie e mio figlio. Un'esperienza bellissima. Ma in generale non ho mai smesso di credere in me stesso e mi sono reinventato".

Facile a dirsi, a distanza di tempo. Soprattutto dopo che a Melbourne è arrivata per lui la seconda semifinale Slam consecutiva, dopo quella strappata a sorpresa a New York. "La chiave è stata la costanza, alla quale si è aggiunta l'iniezione di fiducia rappresentata dal risultato raggiunto agli UsOpen". Khachanov è nuovamente tra i primi quattro di un major. E se stavolta l'infortunio al polso di Korda gli ha tolto l'epica del successo in 5 set su Kyrgios nel catino dell'Arthur Ashe, il russo ha comunque ragioni di legittima soddisfazione: "A New York avevo avuto un percorso accidentato, pieno di partite lunghe e logoranti. Dopo la vittoria su Nick ero andato a dormire alle 5 di mattina e il giorno dopo ero svuotato. Stavolta è diverso, ho imparato da quell'esperienza e poi sono rimasto in campo molto meno tempo. Mentalmente mi sento più fresco e sul piano fisico sarò sicuramente più pronto".

In Australia, dove è venuto senza moglie e figlio ("bisogna chiedere a loro se sono un bravo padre... non siamo venuti tutti insieme perché voi qui siete proprio tanto ma tanto lontano"), non si è distinto solo per un fisico tirato a lucido e per dei colpi da fondo brutali, ma anche per i messaggi pro Artsakh - il nome armeno del Nagorno-Karabakh - l'enclave contesa tra Yerevan e Baku. Messaggi che hanno portato il governo azero a protestare con l'ITF e a chiedere che la federazione internazionale impedisca a Khachanov di diffondere quelli che l'Azerbaigian ha definito messaggi d'odio.

"Volevo solo manifestare il mio supporto e la mia vicinanza al mio popolo. E dire agli armeni di essere forti". Come lui sta tornando ad essere. 

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