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Nel febbraio del 2021 il russo entrava fra i primi 100 ATP dopo una rocambolesca semifinale all’Australian Open, seguita dal successo a Dubai e da un best ranking al numero 14. Esattamente due anni più tardi, invece, ha appena salutato la top-100 ritrovando quella che fino a 27 anni era stata la sua normalità
20 febbraio 2023
La domanda sorge spontanea: la particolarità nella storia sportiva di Aslan Karatsev sono stati gli ultimi due anni, trascorsi nei primi 100 giocatori del mondo con picchi – numerici e di qualità del tennis espresso – di altissimo livello, oppure la rimanente parte della sua carriera, vissuta guardando i big in tv come i comuni mortali? Osservando quanto il russo ha saputo combinare nei suoi momenti migliori vien da pensare che la sua dimensione sia il tennis dei grandi, eppure la cronologia degli ultimi dodici anni (da quando c’è il suo nome nel ranking ATP) racconta una storia diversa, fatta di più dolori che gioie, più Challenger Tour che circuito maggiore.
Con l’ultimo aggiornamento alla classifica il 29enne russo ha ufficialmente smarrito il suo posto fra i primi 100 del mondo a due anni esatti da quando l’aveva trovato. Due anni fatti di poca logica e tanta irrazionalità, iniziati con la rocambolesca semifinale all’Australian Open 2011, quando al suo primo (!) Slam in carriera nel main draw, dopo aver superato le qualificazioni, arrivò da numero 114 ATP a sfidare Djokovic per un posto in finale, lasciando sul proprio cammino vittime come Diego Schwartzman (allora top-10), Felix Auger-Aliassime e per ultimo Grigor Dimitrov, battuto al quinto set.
Fu l’inizio di una favola durata un anno o poco più, con l’ipotesi meteora cancellata da un immediato successo a Dubai, una vittoria su Djokovic a Belgrado col serbo numero uno, un secondo titolo a Mosca e poi un terzo a Sydney, nel gennaio del 2022, che l’ha aiutato a salire fino al numero 14 della classifica ATP. Poi, però, il vuoto o quasi, fino all’inevitabile scivolone che l’ha riportato fra gli umani, al numero 101.
A meno di nuovi progressi nei mesi a venire, che è meglio non escludere a priori, la storia di Karatsev verrà ricordata come una delle più curiose dell’epoca moderna. In sostanza, è successo che per un anno o poco più un 27enne mai capace in precedenza di arrivare fra i primi 150 della classifica abbia provato (riuscendoci bene) a indossare i panni del fenomeno, facendo in tempo anche a vincere una Coppa Davis, una ATP Cup e pure un argento olimpico nel doppio misto, salvo poi tornare alla sua dimensione di sempre, quella che per anni l’ha visto combattere principalmente a livello Challenger col 2 o il 3 come prima cifra del proprio ranking.
Volendo allargare un po’ il discorso, si può dire che il russo sia stato portato ad alti livelli dalla pandemia: allo stop al circuito per l’emergenza sanitaria, datato marzo 2020, era numero 253, ma dalla ripresa ha impiegato sole tre settimane (finale, vittoria, vittoria a livello Challenger) per salire al numero 116, e poi nel 2021 ha fatto miracoli. Tuttavia, ora che la pandemia pare diventata un ricordo, lo stesso è capitato a quel tennis piatto e potentissimo che ha mandato ai matti tanti big, sfiancati da un ritmo a tratti insostenibile che aveva fatto ipotizzare un futuro da top-10.
Invece, il traguardo è rimasto a poco più di 800 punti (non troppi, ma nemmeno pochissimi) e dopo il terzo titolo ATP è iniziato il declino, con appena una quindicina di partite vinte in tutto il 2022. Karatsev ha tentato un sussulto la prima settimana dell’anno nuovo, arrivando in semifinale a Pune, ma ormai il suo destino era segnato.
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Le luci della ribalta, che si erano accese da un momento all’altro e senza una vera ragione, si sono spente allo stesso modo. Il duello contro Dimitrov, che due anni prima l’aveva mandato in paradiso, quest’anno a Melbourne gli è toccato al primo turno e l’ha spedito al purgatorio, con una sconfitta in tre set perfino prevedibile, ribadita dal 6-1 6-3 di Rotterdam – sempre contro il bulgaro – che ha sancito l’uscita dalla top-100. Lui si augura sia un arrivederci, ma alle posizioni che accarezzava dodici mesi fa dovrà molto probabilmente dire addio e la sua carriera rischia di finire come era iniziata, senza grandi attenzioni.
Quella che poteva essere la svolta, in realtà si è rivelata solamente una parentesi. Bella, bellissima, ricca di gloria e capace di produrre due milioni e mezzo di euro di soli montepremi, ma pur sempre una parentesi. Che lascia un messaggio per tanti: in termini tecnici e di capacità di esprimersi a certi livelli, la differenza fra chi frequenta il circuito maggiore e chi gioca nei tornei minori non è così ampia. Di Karatsev, quindi, potrebbero essercene parecchi, in attesa del proprio quarto d’ora di gloria. Lui l’ha sfruttato benissimo.