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Campioni internazionali

Coraggio, Jack: il meglio è passato

Jack Sock è passato nel giro di meno di due anni dal numero 8 del mondo agli zero punti nel ranking Atp. In mezzo, ha costruito una buona carriera da doppista, ma lui ci sta riprovando seriamente pure in singolare. Ripartendo dai Challenger come quello di Biella, dove ha ritrovato la voglia di giocare, ma non ancora le vittorie che ci si aspettava

di | 21 marzo 2021

L'evoluzione della sua classifica di singolare pare un elettrocardiogramma alle prese con un'aritmia: numero 8 al mondo nel febbraio 2018 (che sembra una vita fa, ma in fondo sono soltanto tre anni), numero 105 nel novembre dello stesso anno, senza ranking (!) nel novembre del 2019, numero 256 oggi. Jack Sock, che in italiano suona come Giacomo Calzino, ha vissuto diverse vite sportive, dentro ai suoi 28 anni. Adesso ne sta affrontando una tutta nuova, da frequentatore dei Challenger a un'età che non è più quella delle speranze, ma dovrebbe essere quella della maturità e delle certezze. Per spiegare come sia cominciata la recente storia bizzarra dell'americano del Nebraska bisogna tornare al torneo che ne decretò l'esplosione a un livello inatteso, persino per lui. 

Siamo a Parigi Bercy, ottobre 2017: fin lì la sua carriera è stata regolare, un crescendo fino ai top 20, ma al contempo poche ambizioni in merito a un'ulteriore salita. Jack non è un fenomeno e per contro davanti a lui di fenomeni ne ha diversi. Invece, nel batter di ciglia di una settimana le prospettive cambiano radicalmente: Sock approfitta di un tabellone generoso, batte Julien Benneteau in semifinale e Filip Krajinovic in finale. E il giorno dopo si ritrova numero 9 del mondo.

Il forfait di Stan Wawrinka gli spalanca persino le porte delle Atp Finals, dove supera Cilic e Zverev, perdendo in semifinale da Grigor Dimitrov. L'uomo dell'America profonda, quelle delle Grandi Pianure e del Football americano che diventa una specie di religione, si ritrova improvvisamente protagonista di un mondo che fino a poco tempo prima non lo considerava nemmeno. La vicenda, malgrado Jack sembri uno con le spalle larghe, non è semplice da interiorizzare. Tanto che il buon 'Giacomo', invece di uscirne con maggiore fiducia, ne rimane persino vittima.

Quello che gli accade nei mesi successivi è il più classico esempio di prova del nove fallita. Oppure, volendone parlare in termini più analitici, è una lunga storia di ansia da prestazione, capace di aggredire un ragazzo che quel numero 9 Atp (poi divenuto persino numero 8) sulle spalle non se lo poteva proprio portare. Nel 2018, da gennaio a fine ottobre, l'americano gioca 31 partite e ne vince 8. Un disastro. Arriva a Parigi Bercy, il luogo dell'apoteosi di dodici mesi prima, con il morale sotto i tacchi: vince due partite nello stesso torneo per la prima volta dalle Finals del 2017, ma al terzo turno Dominic Thiem lo manda a casa, seppur dopo una dura battaglia.

È l'uscita dai top 100, è il frantumarsi di un sogno che è diventato un incubo, senza un'apparente ragione. Il 2019 è un altro colpo alla fiducia, stavolta persino peggiore. Un infortunio alla mano destra (strappo dei legamenti del pollice) lo obbliga ai box per dei mesi dopo la sconfitta all'esordio agli Australian Open. E al rientro non è che vada meglio: altre sette eliminazioni al primo turno fanno da prologo alla sua uscita dal ranking Atp. Nessun punto gli è rimasto in tasca, e se il problema fisico ha contribuito alla sua implosione, la principale protagonista negativa della vicenda è la testa. 

Nel frattempo, Sock era riuscito però a costruirsi una solida carriera da doppista di razza: nella sua bacheca fanno bella mostra addirittura quattro Slam, tre nel maschile e uno (risalente addirittura al 2011) nel misto, agli Us Open con la connazionale Oudin. Ma vince pure un oro e un bronzo Olimpico (nel 2016, accanto alla Mattek e a Johnson), risultando l'unico tennista in grado di prendersi due medaglie nei Giochi di Rio.

Inoltre, ecco il titolo delle Finals del 2018, annata in cui si conquista il prestigioso ruolo di vice-Bryan. Mentre Bob è ai box per infortunio, lui si mette al fianco di Mike e lo aiuta a conquistare tre vittorie pesanti, quella di Londra appunto, più Wimbledon e Us Open. Risultati che in singolare farebbero la storia, in doppio passano talmente sotto traccia da non risultare nemmeno nelle biografie dei magazine specializzati.

A questo punto della vicenda siamo già alla vigilia della pandemia. Nel febbraio del 2020, Sock torna a vincere un match di livello, contro il moldavo Radu Albot a Delray Beach (dove gli avevano riservato una wild card). “Chissà che l'infortunio – racconta all'epoca il ragazzo del Nebraska – sia stata una benedizione in incognito. Adesso mi sento rinfrancato, mi è tornata la voglia di scendere in campo per il gusto di giocare, di divertirmi. Se vinco, fantastico, amazing. Se perdo, ci riproverò la volta successiva”.

Sembra niente, ma bastano quell'incontro e quel nuovo approccio mentale per sbloccare qualcosa, tanto che nel successivo Challenger di Indian Wells arriva persino una finale, sostenuta da quattro vittorie pesanti: Humbert, Donskoy, Kudla e Nakashima. Quattro personaggi che magari per un top 10 sarebbero da far fuori con una certa scioltezza, ma che per uno senza ranking potevano assumere le sembianze di montagne insormontabili. Sock in quel momento non è né uno, né l'altro. È una via di mezzo, un atleta in fase di ricostruzione, poi stoppato bruscamente dall'emergenza sanitaria che ha sconvolto il mondo. 

I due turni vinti nel 2020 nei main draw degli Slam, uno a New York e uno a Parigi, sono un'ulteriore testimonianza di un serio tentativo di rientro su livelli più consoni a quelli di un ex numero 8. Sono la prova di una volontà che non è stata intaccata dal fallimento. Se parliamo di singolare, adesso Jack Sock si dedica ai Challenger, perché quelli, al momento, sono la sua dimensione.

A Biella ha giocato le qualificazioni e non le avrebbe neppure passate, trovando in Akira Santillan un ostacolo troppo duro. È comunque entrato come lucky loser, ha strappato un set ad Andreas Seppi prima di subire la rimonta. Ma è pronto a ripartire da zero, o quasi. Senza più ambizioni particolari, senza sogni troppo grandi, ma vivendo alla giornata il suo lavoro per guadagnarsi da vivere. E magari per dimostrare che quel numero 8 non fu completamente un caso, non fu un regalo piovuto dal cielo. Come direbbe Ennio Flaiano, 'Coraggio, Jack, il meglio è passato'.

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