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Campioni internazionali

La Francia aggrappata a Davide/Hugo. Contro Thiem basterà la fionda del talento?

Al Roland Garros, i padroni di casa sperano nelle nuove generazioni. A cominciare dal piccolo mancino Gaston, campione di tocco che sfida un altro Golia

di | 04 ottobre 2020

Hugo Gaston (foto Getty Images)

Hugo Gaston (foto Getty Images)

A guardare il bicchiere mezzo vuoto, “i nuovi Moschettieri”, Gasquet, Monfils, Tsonga e Simon, sul viale del tramonto fanno tristezza pensando anche che solo l’ultimo non ha recriminazioni sulla propria carriera. A guardarlo mezzo pieno, la sfrontatezza del 20enne Hugo Gaston e i quasi 27 anni dell’ancora inespressa Caroline Garcia, oltre ai 23 di Fiona Ferro - i tre francesini agli ottavi del Roland Garros - fanno sperare sulla grandeur del movimento.

La sorpresa vera è l’estroso mancino di  Tolosa, alto appena 1.73 nel tennis dei giganti che, lanciato nel professionismo già nel 2018 dai successi juniores all’Orange Bowl 2017 e dal doppio agli Australian Open, ha dovuto fare un paio d’anni per disciplinare il suo talento. Così esplode solo ora sulla massima ribalta dello Slam di casa, da wild card e da appena 239 del mondo, eliminando il più solido Nishioka e addirittura il tre volte campione Major, Stan Wawrinka. Peraltro stroncandolo per 6-0 al quinto set.

Per riuscirci, ”per entrare nella testa degli avversari e costringerli a sbagliare con errori che sembrano non forzati ma in realtà sono la diretta conseguenza del suo gioco difficile, che crea continuamente colpi inediti”, come sottolinea il suo coach, Marc Barbier, il geniale mancino ha sofferto: “Ha dovuto mettere la sua creatività al servizio della prestazione, facendone non già una nota artistica, ma d’efficacia”. Gaston non è ancora perfetto, ha ancora tanti alti e bassi, accusa spesso cali di attenzione e di fisico, inesperto e piccolino com’è (pesa appena 68 chili), ma ha già dimostrato tante cose importanti: può reggere sui cinque set, distanza che non conosceva, può attuare con insistenza una tattica precisa come quella che gli ha permesso di imbavagliare la strapotenza di “Stan the man”, cambiando continuamente ritmo, tagli, posizione del campo, tattica. Del resto, colpi morbidi e poi taglienti, melliflui e bassissimi slice di rovescio, invisibili smorzate al curaro, accelerazioni fulminee, variazioni di ogni tipo, autentica arte nel non colpire mai due volte la palla nello stesso modo  compensano la mancanza di potenza.

Hugo è tennista da sempre: papà è stato presidente per vent’anni del TC Fonsorbes, Alta Garonne, mamma è giudice-arbitro, un fratello maggiore è arbitro, e lui ha preso in mano la racchetta appena ha potuto e non l’ha più lasciata. Il problema è che, qualche volta, s’è innamorato dei suoi colpi, s’è specchiato come Narciso nell’acqua del lago, s’à distratto dall’obiettivo del risultato, s’è anche stancato nel suo sfibrante tocchettio che gli avversari possono risolvere con una sbracciata di rabbia, s’è demoralizzato nelle dure e umili battaglie  dei tornei Challenger, al massimo, è arrivato alle semifinali, a febbraio, sul cemento di Bergamo, quand’ha ceduto a Marchenko, 253 del mondo.

La sua forza è anche nella testa. Hugo ammira Fabrice Santoro, l’intelligente mago bimane cui ricorda per come affetta e nasconde la palla ma, soprattutto, s’ispira all’esempio massimo di agonista, Rafa Nadal: “Mi concentro su quello che sono in grado di fare, su quello che so di poter fare. Cerco di godermi la situazione e di dare tutto. Poi, se ho l'opportunità di vincere, provo ad afferrarla, ma non metto alcuna pressione in più su di me”. Del resto, come prossimo ostacolo, trova Dominic Thiem, il terzo favorito per i titolo al Ronald Garros, per alcuni addirittura il primo, dopo le finali degli ultimi due anni. Ma il piccolo Hugo non trema, è sereno: “L’obiettivo è dare tutto in modo da non avere rimpianti. Voglio soprattutto vivere questo momento magico”.

A sostenerlo ci sarà lo sciovinista pubblico di casa. Che, molto ma molto più indisciplinato dei mille spettatori che erano stati concessi agli Internazionali BNL d’Italia, e anche molto più numeroso rispetto a quel numero concesso dalle autorità locali, a ogni partita dei giocatori francesi, si è stretto, l’un l’altro, infischiandosene delle norme Covid-19, irretendo spesso gli avversari con un tifo non propriamente corretto.

Thiem, che è nuovo al ruolo di primadonna, accuserà l’atmosfera incandescente? Di sicuro, Hugo, se ne avrà la forza e la possibilità, ci sguazzerà, in ricordo della medaglia d’oro vinta due anni fa ai Giochi Olimpici Giovanili di Buenos Aires. Chi c’era racconta di un leone, in campo, indomito, che si cibava dell’elettricità nell’aria. Un torero specializzato nel conficcare le banderillas ai tori più feroci e ciechi. Come Wawrinka, il totem che Gaston ha abbattuto, il giocatore cui Thiem somiglia tanto, a cominciare dalle violente sbracciate col magnifico rovescio a una mano.

Benvenuti alla replica di Davide contro Golia.

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