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A 35 anni lo svizzero è il più vincente negli Slam, dopo i Fab Four Federer-Nadal-Djokovic-Murray, con tre titoli. Durante il lockdown si è allenato e non vede l'ora di ricominciare a giocare. Ma ha comunque scelto di saltare la trasferta a New York
di Vincenzo Martucci | 11 agosto 2020
Suda e suda. L’immagine più ricorrente di Stan Wawrinka durante la pandemia è il tennista svizzero che corre di qua e di là sul campo, sbuffando e tirando a mille il famoso rovescio a una mano, alzando pesi in palestra, correndo come un matto. A 35 anni, il potente svizzero è il più vincente negli Slam, dopo i Fab Four, Federer-Nadal-Djokovic-Murray, con tre Majors su tre superfici e in tre anni differenti (Australian Open 2014, Roland Garros 2015, Us Open 2016).
“Stan the man” come ama chiamarsi lui sfoggiando T-shirt zuppe di sudore, Stanimal” come lo chiama il fratello maggiore, Roger Federer, non fa notizia, non è bello, non è un seguace dei social media, piuttosto, è timido e schivo, con la sua barbetta incolta a coprire solo parzialmente l’acne che l’ha colpito ferocemente da adolescente.
Un altro ostacolo che ha superato, come separarsi dalla donna che aveva sposato dopo averci fatto una figlia per dedicarsi a tempo pieno al suo sogno tennistico, come fidanzarsi con la giovane collega Donna Vekic e gestire la tempesta mediatica del pettegolezzo suscitato da Nick Kyrgios (”E’ stata col mio amico Kokkinakis, sappilo”) che lo provocò a un campio campo durante la partita.
Perché Stan è dolce, cresciuto nella fattoria di famiglia fino a fianco con dipendenti disabili che i genitori aiutano, ma è anche molto deciso come pochi negli obiettivi, come suggerisce con il tatuaggio che l’accompagna sull’avambraccio sinistro, citando il romanziere irlandese Samuel Beckett: “Provaci sempre. Fallisci sempre. Non importa. Fallisci ancora. Fallisci meglio”.
Una frase-guida: “Non ricordo il giorno in cui l’ho scoperta, ma sin dal 28 marzo 2013, quando me la sono fatta tatuare il giorno del mio compleanno, ho avuto subito la sensazione di averla sempre avuta con me. Credo che riassuma la mia carriera".
"Nel tennis anche i migliori giocatori spesso subiscono una sconfitta e ogni settimana si ricomincia. Così, il fallimento fa parte del lavoro: devi continuamente alzarti, ricominciare e accettare di perdere ancora e ancora. Del resto, la sconfitta per me non è mai stata una cosa seria”.
Così determinato, l’ex numero 3 del mondo oggi 17, ha convinto più volte coach Magnus Norman a rilanciare la sua carriera, a dispetto i due gravi operazioni alle ginocchia e di un tennis estremamente dispendioso, che ha sempre bisogno di delicate messe a punto. Così serio, non ha sfogliato la margherita come altre star e ha deciso serenamente di rinunciare agli Us Open.
“In queste condizioni, io non voglio viaggiare negli Stati Uniti. Oggi come oggi a New York le cose vanno molto male per via del virus e non ho nessuna intenzione di espormi. Inoltre quest’anno il tour europeo sulla, terra rossa si giocherà in ritardo e sarà duro, quindi voglio prepararmi al meglio. Forse, se Washington fosse rimasto in calendario sarei anche andato. Ma quando quel torneo è stato cancellato ho capito quanto fosse grande l’incertezza da quelle parti ed ho deciso di non viaggiare fin laggiù. Mi sono iscritto a due tornei Challenger in Repubblica Ceca per riguadagnare il ritmo-partrita prima dei grandi tornei sulla terra, che quest’anno avremo solo a Roma e Parigi”.