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Amici, quasi fratelli. Singolaristi mancati, doppisti straordinari, Juan Sebastian Cabal e Robert Farah sono l’orgoglio del tennis colombiano. Leader della classifica di specialità, trionfatori a Wimbledon e a New York, saranno avversari dell’Italia nelle finali di Davis a novembre
di Alessandro Nizegorodcew | 17 marzo 2020
Amici, quasi fratelli. Singolaristi mancati, doppisti straordinari, Juan Sebastian Cabal e Robert Farah rappresentano l’orgoglio del tennis colombiano. Leader della classifica di specialità, trionfatori nel 2019 sia a Wimbledon che a New York, saranno avversari (e pericolo numero 1) dell’Italia nelle finali di Coppa Davis a novembre. I ‘cafeteros’ vantano come singolaristi Daniel Galan (n.148 Atp ma in crescita) e Santiago Giraldo (n.295 ed ex Top-30) e si affidano dunque a Cabal e Farah per il classico ‘punto sicuro’.
Ma chi sono e da dove arrivano Cabal e Farah? Qual è la loro storia? “Ci conosciamo da quando avevamo 5 anni – spiega Farah – e siamo sostanzialmente cresciuti insieme. Siamo come fratelli e sin da piccoli abbiamo iniziato giocando il doppio insieme”. La storia dei due cafeteros, però, non viaggia quasi mai in parallelo. Juan Sebastian Cabal è un colombiano doc classe 1986, mentre Robert Farah arriva da Montreal, dove è nato (da due genitori libanesi) nel gennaio del 1987.
La famiglia Farah si sposta nel 1990 a Calì, città natale di Cabal, dove i due bambini cominciano ad affrontarsi già all’età di 7 anni. Vincono tutto a livello nazionale, in singolare e in doppio. Quando compiono 10 anni arriva la prima piccola grande svolta. “La nostra federazione non ha mai avuto grandi disponibilità economiche – racconta Farah – e nel corso degli anni tanti giovani talenti non hanno potuto tentare la strada del tennis professionistico. Io e ‘Seba’, così come Alejandro Falla e Santiago Giraldo, siamo stati supportati in tutto e per tutto dalla Colsanitas, la più grande compagnia di assicurazione sanitaria della Colombia – e in particolare dal CEO dell’epoca Roberto Cocheteau, che creò da zero addirittura un’accademia per farci allenare tutti insieme”.