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Sharapova è stata la risposta al femminile del guerriero per eccellenza, Rafa Nadal. Più di qualsiasi altra tennista, rappresenta l'immagine di atleta donna del Terzo Millennio: bella nel senso tradizionale, ma anche perché forte di fisico e di carattere. Protagonista del suo tempo e vincente in ogni campo
di Vincenzo Martucci | 29 febbraio 2020
Insieme alla divina Masha se ne va anche una parte di noi, della nostra vita, dei nostri sogni, non solo del nostro tennis. Perché Maria Sharapova, che quasi 33enne ammaina definitivamente la bandiera dell’agonismo ufficializzando qualcosa che sia lei che noi tutti sapevamo ormai da quattro anni, ci accompagna fedele da sedici stagioni, identificandosi più di qualsiasi altra tennista nell’immagine di atleta donna: bella nel senso tradizionale, ma anche bella perché forte di fisico e di carattere, sicura, altera, orgogliosa, caparbia, ingestibile.
Cifra inimmaginabile per l’impaurita bambina di 7 anni che, nel 1994, sbarcò nella terra promessa senza spiccicare una parola d’inglese, mano nella mano col burbero papà Yuri, motivatissimo dagli appena 700 dollari di dote stretti in tasca.
Come Rafa, anche la coda di cavallo bionda più famosa del tennis ha superato più terrificanti operazioni, peraltro alla spalla, sopportando dolore ed amarezze, ricadute e ripartenze, senza mai citare quell’evidente handicap come scusa delle sconfitte e del continuo declassamento.
Masha, come l’hanno sempre chiamata in Russia e in famiglia, è stata l’apripista di un mondo a parte, quello disgregato dell’ex Unione Sovietica, fatto di meravigliose, atletiche, ragazze rubate ad altri sport dal dio dollaro del tennis. E’ stata il simbolo del famoso “uno su mille ce la fa”, è stata l’esempio di volontà ad abnegazione ma, soprattutto di intelligenza.
Maria Sharapova al Colosseo durante gli Internazionali BNL d'Italia del 2017
Ecco, intelligenza. Questa, insieme all’estrema durezza, è stata sempre la caratteristica di Maria Sharapova mentre percorreva chilometri su chilometri, correndo per i tornei di tutto il mondo imbracciando una racchetta. Gemendo. Attenzione, di certo non lamentandosi, davvero non piagnucolando, non soffrendo veramente, ma tirando fuori sempre l’anima, colpo dopo colpo, dandosi tutta dal profondo, nella ricerca spasmodica della soluzione per scardinare la difesa avversaria. Emblema del tennista ideale che trova da sola la chiave per la vittoria senza bisogno del suggeritore in campo.
Emblema, nel stesso tempo, della donna nuova che si stava plasmando nella società moderna, quindi, libera, forte, difficile, intransigente, più brava di qualsiasi collega uomo a ritagliarsi un ruolo e un mercato anche extra-tennis. Fino al punto di identificarsi in una caramella, in una giovane donna elegante, ricca di interessi, che non deve chiedere mai. Figurarsi a un uomo.
Non si è spezzata mai, Maria Sharapova, ma si è piegata. Sportivamente parlando, si è inchinata davanti alla sua nemesi, Serena Williams, contro la quale ha collezionato appena 2 successi contro 22 sconfitte, fra cui spicca il 6-0 6-1 dell’Olimpiade 2012.