Chiudi
Zverev ha confermato di voler donare tutto il montepremi in caso di conquista del titolo. "I soldi servono per le buone cause" ha detto. In semifinale sfiderà l'amico Thiem. Da Indian Wells, sua mamma si è fatta un tatuaggio per ogni torneo che ha vinto.
di Dario Castaldo, da Melbourne | 30 gennaio 2020
La semifinale che profuma di nuovo, temuta come il segnale della fine dell’epoca ma pure attesa come antidoto alla monotonia, mette di fronte Sascha Zverev e Dominic Thiem, due che avevano sempre rifiutato il ruolo di controfigure, ma che solo a sprazzi erano riusciti a mettere i bastoni tra le ruote dei Fab Tre e Mezzo. Qualche soddisfazione di tappa, come i successi a Roma o alle ATP Finals, le finali parigine o gli scalpi di Nadal sul rosso, ma mai abbastanza da togliere a quegli acuti la sensazione di eccezione che conferma la regola.
“Facile parlare dopo il primo turno, eh?” Ha scherzato Sascha a caldo dopo il successo Wawrinka, prima di riprendere l’argomento in conferenza stampa -. I miei genitori sono cresciuti in Unione Sovietica e il denaro che mio padre guadagnava all’estero come tennista doveva consegnarlo allo Stato. Con un’esperienza del genere alle spalle ti aspetteresti un attaccamento al denaro, e invece mi hanno insegnato che i soldi servono per delle buone cause, non possono restarsene in banca o trasformarsi nell’ennesima macchina o in un’altra casa. Voglio dire… io non sono LeBron o Roger, 4 milioni mi fanno gola. Ma in questo Paese bellissimo, che per un mese diventa la nostra casa, c’è gente che ha perso tutto. Noi che possiamo farlo, abbiamo il dovere morale di aiutare queste persone. Quando ho rilasciato quella dichiarazione, anche negli spogliatoi in tanti mi hanno detto ‘Si’, certo, voglio vederti dar via un assegno del genere’. Ma credo davvero che il denaro serva per cambiare in meglio il mondo”. Parole sincere, che magari non gli faranno vincere la semi nuova di zecca, ma che probabilmente porteranno il pubblico australiano dalla sua.