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Campioni internazionali

Tony Roche, il coach delle leggende

Ottimo giocatore (e vincitore di 15 Slam in doppio), ma allenatore ancora più straordinario: l'australiano ha seguito nella sua carriera personaggi come Ivan Lendl e Roger Federer, portando cambiamenti decisivi nel loro tennis

di | 19 gennaio 2020

Roche

Prima della finale della ATP Cup, Lleyton Hewitt ha consegnato a Tony Roche il trofeo Tim Gullikson, il premio alla carriera che la stessa ATP ha deciso di assegnare da quest'anno ai coach che hanno segnato la storia del gioco. “Ho iniziato con gli junior la mia carriera di allenatore. Sta tutto nel cercare di tirar fuori il meglio dai tuoi giocatori e divertirti”, ha detto Roche, 74enne australiano che ha imposto un cambiamento decisivo nel gioco di Ivan Lendl e che ha seguito a lungo Roger Federer. “Sono stato fortunato ad aver lavorato con alcuni dei più grandi di tutti i tempi, con cui sono rimasto amico. E questo per me è molto importante”.

Anthony “Tony” Dalton Roche, figlio mancino di macellaio, è nato a Wagga Wagga (si legge Uòga Uòga), conosciuta anche come “la città dello sport”. Da questa cittadina di cinquantamila abitanti sono partiti il golfista Steve Elkington, l'ex capitano della nazionale di cricket Mark Taylor e i tre fratelli Mortimer che hanno scelto il rugby.

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Newcombe, il partner di doppio

Roche, che dopo la scuola lavora come promoter per la Dunlop a Sydney, si allena con Harry Hopman e la generazione d'oro del tennis australiano: Frank Sedgman, Lew Hoad, Ken Rosewall Rod Laver e John Newcombe, che diventerà il suo storico compagno di doppio.

Spalle larghe, tanto forte quanto elegante nel gioco di volo, debutta in Coppa Davis nel 1964. Un mese dopo, soffre il primo di una lunga serie di infortuni, alla schiena. Nel 1965, tornato in piena forma, vince il primo Wimbledon in doppio con “Newk”. Saranno quindici i suoi major nella specialità di coppia. Resta unico, invece, il sigillo in singolare, nel 1966, l'anno della sua estate di gloria sulla terra rossa.

Agli Internazionali d'Italia di Roma ferma 11-9 6-1 6-2 Nicola Pietrangeli, che non sfrutta un break di vantaggio in avvio di partita. Roche illude i tifosi, gioca al gatto col topo, snatura il suo tennis fatto di servizi letali e improvvise discese a rete. Pietrangeli, demoralizzato, cede il secondo set in 16 minuti e la partita non ha più storia.

L'approdo nell'Era Open

Al Roland Garros elimina in semifinale il francese François Jauffret. Roche, testa di serie numero 3, rappresenta l'eccezione di un'edizione in cui i favoriti hanno incassato inattese sconfitte. In finale arriva infatti un 35enne ungherese, Istvan Gulyas, che il giornalista Lance Tingay inserirà a fine stagione al numero 8 del mondo nella sua classifica.

È una grande occasione che Roche rischia di mancare per una brutta distorsione alla caviglia durante la finale di doppio, da cui deve ritirarsi. Ottiene, caso oggi nemmeno pensabile, che la sfida per il titolo in singolare venga rinviata di 24 ore. Quando scende in campo, è il solito Roche: vince 6-1 6-4 7-5.

Nel 1968, il tennis diventa “Open”, aperto a dilettanti e professionisti. Roche raggiunge la finale a Wimbledon, ma incontra Rod Laver e ne ricava nove game. “Quanto deve essere stato frustrante per lui mettere in campo, mettere in mostra colpi di prima classe e perdere così in un'ora di gioco”, scrive Tingay sul Telegraph, lasciando un tributo al suo senso di impotenza: “Più giocava colpi ricercati, più Laver alzava il suo livello”.

Il matrimonio e le operazioni

Nei primi anni dell'Era Open, i giocatori si dividevano ancora tra diverse organizzazioni, uno scenario cambiato solo diversi anni dopo la creazione dell'ATP e della WTA. Una di queste, destinata a diventare un punto di riferimento di quella stagione, prende forma nell'estate del 1969: è il World Championship Tennis (WCT), che darà vita a un vero e proprio circuito all'interno del Grand Prix con tanto di “Masters” finale, le WCT Finals appunto.

È finanziato dal petroliere texano Lamar Hunt, che aveva fondato anche la American Football League. Tra i primi affiliati, chiama Roche e Newcombe, gli amici che hanno vinto da poco Wimbledon in doppio. Si uniscono lo jugoslavo Pilic, gli statunitensi Earl “Butch” Buchholz e Dennis Ralston,il francese Pierre Barthes, il sudafricano Cliff Drysdale e il britannico Roger Taylor, il primo a battere Borg a Wimbledon, sorpreso però che tutte le ragazzine circondassero come un idolo quel giovane svedese.

Diventano subito “The Handsome Eight”, gli “otto belli”. Roche ha anche un'altra etichetta, meno ufficiale, quella di “single più appetibile nel mondo del tennis”, visto che guadagna duemila dollari a settimana grazie ai tornei e agli eventi del WCT. Ma gli infortuni non tardano a tornare. Roche si opera al nervo ulnare nel settembre 1971, ma non serve a niente. Smette di essere il single più appetibile nel 1972, quando sposa Sue, anche lei di Sydney, in concomitanza con un secondo intervento al gomito negli Usa, che peggiora la situazione invece di migliorarla.

Il guaritore filippino

Roche sembra alla fine della carriera. Eppure vincerà ancora il suo quinto Wimbledon in doppio nel 1974, e resterà un record fino al sesto di Mark Woodforde e Todd Woodbridge nel 1997. Nel 1977 vincerà l'Australian Open con Arthur Ashe, l'unico dei suoi 13 Major in doppio maschile con un partner diverso da Newcombe, oltre alla sua quinta Coppa Davis in finale sull'Italia. Ci riesce, racconta, grazie all'intervento di un guaritore filippino, Placido Palitayan.

Glielo consiglia Newcombe, perché un gruppetto di suoi amici gli ha parlato dei suoi taumaturgici interventi di chirurgia psichica (su Youtube c'è almeno un video che mostra Placido mentre sembra affondare le dita nella carne e rimuovere sangue o escrescenza senza usare bisturi o altri strumenti). Placido, ha raccontato qualche anno dopo Roche al Washington Post, gli ha tenuto ferma la testa, ha premuto le dita sul gomito. Avrebbe così eliminato dei coaguli di sangue.

Roche non sentirà più dolore al gomito. Non entrerà mai in troppi dettagli sull'operazione. “Non mi aspetto che la gente creda a quello che è successo”, dice a un giornale australiano, citato dal Washington Post nel 1978, quando la storia viene pubblicata per la prima volta. “Peraltro - aggiunge - se non ne fossi stato testimone diretto, non ci crederei nemmeno io”.

Il percorso con Roger

L'ATP gli riconosce 339 vittorie e 152 sconfitte in carriera in singolare. La sua fama, comunque, supera la sua storia da giocatore. Nel 1984, dopo la sconfitta in finale allo Us Open contro John McEnroe, Ivan Lendl lo sceglie come coach. “Ero numero 3 del mondo dietro John e Connors”, ha detto anni dopo Ivan al New York Times. “Sapevo che dovevo giocare meglio contro i mancini, perciò ho chiamato Tony. Mi ha fatto capire come avrebbe giocato contro un mancino, e allenarmi con lui in campo mi ha aiutato. Se sono diventato numero 1 del mondo, gran parte del merito è sua”.

Roche ha almeno altri due allievi in grado di raggiungere l'apice della carriera. Uno è George Bush padre, l'ex presidente Usa, che in Australia giocava con lui e Newcombe e alla Casa Bianca con Ivan Lendl, Bjorn Borg o Pam Shriver. Bush, che in doppio non voleva perdere mai, aveva imparato dal cecoslovacco Karel Kozeluh: 'piega le ginocchia, muovi i piedi e colpisci la palla in mezzo al campo', gli diceva. Le basi del doppio, in fondo, non sono troppo cambiate. L'altro è Roger Federer.

Iniziano a lavorare insieme all'Australian Open del 2005, anche se hanno passato insieme il Natale del 2004 a Turramurra, nella villa di Roche, in cui Tony ha fatto costruire anche un campo da tennis. “Roger gioca come Laver” racconta al quotidiano australiano The Age nel 2006. “Oggi i tennisti sono mono-dimensionali, alcuni hanno anche delle impugnature estreme. Roger invece sa fare tutto, colpisce forte da dietro ma sa stare anche a rete. Gioca come si dovrebbe giocare a tennis”.

L'australiano, ha ammesso Federer, ha alzato il livello del suo rovescio in back, che diventa una variazione offensiva imprimendo forza alla palla. Ma non basta ancora per vincere sulla terra battuta. I due smetteranno di lavorare insieme dopo la sconfitta contro Volandri agli Internazionali BNL d'Italia del 2007.

Intanto Lendl, che non ha dimenticato il suo impatto, gli ha chiesto qualche consiglio nei due momenti in cui ha allenato Andy Murray. E Roche, entrato nella Hall of Fame nel 1986, ha rinforzato la sua fama di allenatore dei numeri 1.
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