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Karolina a 27 anni è già stata in vetta al ranking mondiale dove ora è al numero è 2 dietro la Barty: ha raggiunto una finale Slam già agli Us Open 2016, ed ha sicuramente fisico e numeri tecnici per sfatare il tabù Majors.
di Vincenzo Martucci | 16 gennaio 2020
Karolina Pliskova è pronta. A 27 anni, è da tempo stabilmente fra le prime del mondo, è già arrivata tre anni fa al numero 1 della classifica - ora è 2 dietro Ashleigh Barty -, è arrivata a una finale Slam già agli Us Open 2016, e ha sicuramente fisico e numeri tecnici per sfatare il tabù Majors. Un obiettivo che, fra le top ten, condivide con Elina Svitolina, Belinda Bencic e Kiki Bertens ma, rispetto a quelle, ha sicuramente più esperienza della 25enne ucraina e della 22enne svizzera, e più qualità della 28enne olandese.
A Brisbane è appena entrata nella storia del torneo diventando la prima a ascrivere tre volte il proprio nome nell’albo d’oro. E, soprattutto, ha superato battaglie importanti, contro la beniamina locale, Ajla Tomljanovic (ex di Nick Kyrgios, ora fidanzata di Matteo Berrettini), contro Naomi Osaka, cui ha cancellato un match point e quindi in finale contro la rediviva Madison Keys. Ancora in tre set, ancora dopo una maratona di tre ore. Ma quest’esperienza, invece di dare fiducia alla giraffa ceca, la preoccupa: “Ho sempre un po’ paura quando vinco il torneo prima di un Major, perché poi mi è successo troppe volte di rimanere delusa da me stessa subito dopo. Come se avvertissi i pensieri delle mie avversarie: 'Sta giocando bene, sarà dura contro di lei, gioca libera, non hai niente da perdere'. E così aggiungono un po’ più di pressione su di me e mi battono. Perciò, voglio sempre vincere tornei, voglio sempre cominciare bene l’anno, ma ho anche un po’ paura che la storia si ripeta poi in negativo agli Australian Open”.
Il problema, batti e ribatti, è sempre quello: “Le attese fra un match e l’altro, la preparazione delle partite, I pensieri che si affollano nella mia testa, le aspettative, le esperienze del passato, tutto ciò mi spinge continuamente a tentare cose nuove per arrivare al meglio all’appuntamento importante. Non è questione di gioco, che è rimasto fondamentalmente quello, migliorando come tutti, ma il resto, la fondamentale gestione del giorno di riposo degli Slam, per esempio, staccare un po’ il cervello al tennis. Perché penare solo a quello per due settimane di fila, senza interruzione, anche durante la notte è troppo”.
Le regole sono ferree, le vie di fuga sono poche. “Non puoi di certo andare in spiaggia a prendere il sole o passeggiare per cinque ore a far shopping, come mi piace tanto quando sono a casa, perché dopo sarei terribilmente stanca. Ma dove assolutamente staccare la spina. Di sicuro userò i libri e altro per distrarmi finalmente”.