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Campioni internazionali

Mina vagante: Dr Wawrinka al servizio, Mr Stan in risposta

Dai numeri del 35enne svizzero, semifinalista a Doha, si evince una gran differenza di rendimento tra i propri turni di battuta e quelli in risposta. Ma “The Man”, pur non essendo quello del quadriennio 2013-2016, è ancora molto pericoloso. Ecco perché agli Aus Open tutti vorrebbero evitarlo nelle prime fasi

di | 13 gennaio 2020

Fino a poco tempo fa Stan Wawrinka era considerato uno dei pochissimi in grado di battere i Big Three in uno Slam. Arrivato alla fase finale della propria carriera, ci si chiede se sia ancora in grado di farlo e, magari, di tornare tra i primi dieci giocatori della classifica mondiale. Intanto ha aperto la stagione raggiungendo le semifinali a Doha.

Nel 2019 gli è mancata la costanza, che non è mai stata il suo punto di forza, ma alcuni lampi palesati qua e là nel corso della stagione lasciano intendere che possa ancora avere qualche freccia nella propria faretra. Eccezionale per il trasferimento del peso del corpo in avanti e per la spinta nelle gambe pazzesca, i suoi fondamentali gli consentono di lasciare a metri dalla palla in diverse occasioni anche un fenomeno come Djokovic.
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IL SERVIZIO

Tra i fattori che lo rendono un giocatore straordinario, occorre considerare anche il servizio. Nel 2019 è stato 11° per efficienza alla battuta, settimo per punti vinti con la seconda (55,4%) e decimo per game vinti al servizio con l’86,4%. Se si guarda alle scelte di gioco, dai dati ATP si evince che da destra “va esterno” nel 48,7% dei casi con una resa del 76,8%, che sale all’80% sul duro. La T, invece, la cerca nel 41,9% dei casi conquistando il 78% dei “15”, senza variazioni significative nel rendimento sul cemento.

Con la seconda ottiene molti punti con il kick sulla T, che cerca una volta su due e che porta il 55,7% dei punti. La soluzione centrale, quasi mai tentata con la prima, in questo caso viene utilizzata nel 28,6% dei casi (rendimento pari al 49,3%), mentre lo slice esterno lo gioca poco più di una volta su cinque (21,2%) con una resa pari al 51,9%.

Con la prima da sinistra, invece, prova lo slice – stavolta nei pressi della T - ancora più spesso, arrivando al 55,3% (vince il 72,8% dei punti).

Questa scelta paga tantissimo quando deve fronteggiare una palla break, dal momento che in quei casi vince l’81% dei punti in cui la prova quando è sotto 30-40, arrivando addirittura al 91% se è in svantaggio in un game prolungato. Non a caso nel 2019 è stato il terzo miglior giocatore per palle break salvate con il 69,5%.

Inoltre, nel 2019 è stato il terzo miglior giocatore per game vinti dopo essere stato sotto 0-40 (37%), quinto quando ha dovuto recuperare da 15-40 (41,6%) e quarto dopo essere andato in svantaggio 0-30 (58,8%).

L'OCCHIO TECNICO: IL GIOCO DI STAN NELLA NOSTRA GALLERY

Stan Wawrinka

Tornando alla distribuzione dei servizi, la soluzione piatta esterna la prova il 39,4% delle volte, conquistando poco più di tre punti su quattro (76,6%). L’efficacia del suo kick si vede soprattutto da questa parte del campo, considerando che prova la seconda liftata esterna nel 61,4% dei casi vincendo il 59,4% dei punti, e arrivando addirittura al 62,6% quando tira al centro (21,2% delle circostanze), mentre la T viene ricercata solamente nel 17,4% dei casi, mantenendo comunque un buon 54,3% di resa.

Eccezionale sia con il dritto che con il rovescio, il colpo che gli crea più problemi è la risposta. Basti pensare che nel 2019 è stato 58° per efficienza con questo fondamentale.


I PROBLEMI? IN RISPOSTA

In diverse occasioni risponde senza trovare profondità, peraltro perdendo campo fin dall’inizio dello scambio anche quando l’avversario serve la seconda. In tal senso, è interessante segnalare che l’anno scorso è arrivato 69° per punti vinti sulla seconda (47%) e 37° sulla prima (28,7%). Le sue aperture ampie lo portano a bloccare spesso la risposta, ma senza risultati particolari e non riuscendo sempre a compensare con la sua pazzesca capacità di trovare vincenti da oltre due-tre metri dalla riga di fondocampo.
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Lo si nota soprattutto quando prova il chop di dritto. Nel 2019 quando ha dovuto fronteggiare uno slice esterno da destra nel 34,5% non ha superato la metà campo, vincendo il 47,3% dei punti. Non solo, perché in quei frangenti trova il lato destro dell’avversario nel 73,9% dei casi, che significa che molto spesso il suo avversario ha a disposizione una palla relativamente comoda da giocare con il dritto. Ciò accade anche quando l’avversario serve la seconda: in questi casi trova l’angolo sinistro solo nel 20,8% dei casi, pur superando il rettangolo del servizio quattro volte su cinque e vincendo il 52,1% dei punti.

Da destra vince il 46,8% dei punti contro la prima, scendendo addirittura al 45,9% sulla seconda, mentre dall’altra parte del campo fatica molto contro il primo servizio (42,9% di resa), mentre sulla seconda sale al 58,9%. Il motivo sembra chiaro: nonostante abbia quasi sicuramente il rovescio a una mano più efficace del pianeta, l’apertura ampia non lo aiuta a rispondere ai servizi potenti, mentre sulla seconda non ha bisogno di abbreviare il movimento, avendo tempo per caricare il proprio colpo e trovare la profondità, come accade nel 29,9% dei casi (la pallina atterra a metà campo solo nel 20,6% delle circostanze).

 

Inoltre, Stan registra numeri eccellenti quando può rispondere a un servizio centrale, proprio come avviene durante gli scambi prolungati: non trovare un angolo contro di lui equivale spesso ad affidare il proprio destino ai suoi fondamentali devastanti. Da destra, nonostante il 44,7% di punti vinti sulla seconda, contro la prima degli avversari in quei casi vince il 52% dei “15”, mentre da sinistra non scende mai sotto il 52%, arrivando al 53,7% quando fronteggia un primo servizio. In ogni caso, la risposta rimane dunque il colpo con cui fa più fatica ad essere incisivo, come emerso anche nella semifinale di Doha contro Moutet.
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QUESTIONE DI COSTANZA

La capacità di Wawrinka di fare male con i tre fondamentali può ancora permettergli di ottenere grandi risultati. Nel corso del 2019 ha disputato alcuni match di altissimo livello, intervallati da altri al di sotto delle aspettative. Si pensi a Madrid, dove agli ottavi ha fornito una grandissima prova di forza contro un ottimo Nishikori, tra i migliori al mondo per efficacia in ribattuta e ritmo sostenuto da fondocampo. Ebbene, in quel match Wawrinka non ha trovato risposta al 48% dei propri servizi, inducendo il giapponese a commettere 29 errori forzati.

Ma il giorno successivo, al cospetto di Nadal, Wawrinka non è quasi mai riuscito a replicare, soffrendo tantissimo in risposta (un solo punto vinto sulla seconda dello spagnolo e nessuna palla break procurata). Ancora, Stan ha sofferto moltissimo il dritto in top-spin del rivale.

Altre volte, nel corso del 2019 è stato incostante anche all’interno di uno stesso incontro, come si è visto a Cincinnati contro Dimitrov, agli Us Open nelle partite contro Sinner, Chardy e Lorenzi, ma anche nella finale di Anversa contro Murray, persa nonostante abbia dominato il gioco per larghi tratti del match.

Con il tempo che passa – a fine marzo compirà 35 anni - e un’efficienza fisica ridotta rispetto agli anni migliori, Wawrinka appare sì in calo rispetto al quadriennio 2013-2016, ma sembra ancora in grado di avere picchi di rendimento assoluti sul piano tecnico e della resistenza.

Basti pensare che l’anno scorso a Parigi giocò alla pari contro Federer in un match di 3 ore e 35 minuti nonostante due giorni prima avesse battagliato per oltre 5 ore contro Tsitsipas (prima ancora era stato in campo più di tre ore contro Dimitrov).

In particolare, Stan potrà essere competitivo sulla terra rossa, da sempre la sua superficie preferita, meno usurante per le sue ginocchia – non bisogna dimenticare che tra il 2017 e il 2018 si è operato due volte al sinistro – e più adatta alle sue caratteristiche tecniche. D’altra parte, la storia ha insegnato che può raggiungere grandi traguardi anche sul duro, motivo per cui già a Melbourne tutti i top player vorranno evitare di affrontarlo.
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