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Dai numeri del 35enne svizzero, semifinalista a Doha, si evince una gran differenza di rendimento tra i propri turni di battuta e quelli in risposta. Ma “The Man”, pur non essendo quello del quadriennio 2013-2016, è ancora molto pericoloso. Ecco perché agli Aus Open tutti vorrebbero evitarlo nelle prime fasi
di Gabriele Ferrara | 13 gennaio 2020
Con la seconda ottiene molti punti con il kick sulla T, che cerca una volta su due e che porta il 55,7% dei punti. La soluzione centrale, quasi mai tentata con la prima, in questo caso viene utilizzata nel 28,6% dei casi (rendimento pari al 49,3%), mentre lo slice esterno lo gioca poco più di una volta su cinque (21,2%) con una resa pari al 51,9%.
Con la prima da sinistra, invece, prova lo slice – stavolta nei pressi della T - ancora più spesso, arrivando al 55,3% (vince il 72,8% dei punti).
Questa scelta paga tantissimo quando deve fronteggiare una palla break, dal momento che in quei casi vince l’81% dei punti in cui la prova quando è sotto 30-40, arrivando addirittura al 91% se è in svantaggio in un game prolungato. Non a caso nel 2019 è stato il terzo miglior giocatore per palle break salvate con il 69,5%.
Inoltre, nel 2019 è stato il terzo miglior giocatore per game vinti dopo essere stato sotto 0-40 (37%), quinto quando ha dovuto recuperare da 15-40 (41,6%) e quarto dopo essere andato in svantaggio 0-30 (58,8%).
Tornando alla distribuzione dei servizi, la soluzione piatta esterna la prova il 39,4% delle volte, conquistando poco più di tre punti su quattro (76,6%). L’efficacia del suo kick si vede soprattutto da questa parte del campo, considerando che prova la seconda liftata esterna nel 61,4% dei casi vincendo il 59,4% dei punti, e arrivando addirittura al 62,6% quando tira al centro (21,2% delle circostanze), mentre la T viene ricercata solamente nel 17,4% dei casi, mantenendo comunque un buon 54,3% di resa.
Eccezionale sia con il dritto che con il rovescio, il colpo che gli crea più problemi è la risposta. Basti pensare che nel 2019 è stato 58° per efficienza con questo fondamentale.
Da destra vince il 46,8% dei punti contro la prima, scendendo addirittura al 45,9% sulla seconda, mentre dall’altra parte del campo fatica molto contro il primo servizio (42,9% di resa), mentre sulla seconda sale al 58,9%. Il motivo sembra chiaro: nonostante abbia quasi sicuramente il rovescio a una mano più efficace del pianeta, l’apertura ampia non lo aiuta a rispondere ai servizi potenti, mentre sulla seconda non ha bisogno di abbreviare il movimento, avendo tempo per caricare il proprio colpo e trovare la profondità, come accade nel 29,9% dei casi (la pallina atterra a metà campo solo nel 20,6% delle circostanze).
Ma il giorno successivo, al cospetto di Nadal, Wawrinka non è quasi mai riuscito a replicare, soffrendo tantissimo in risposta (un solo punto vinto sulla seconda dello spagnolo e nessuna palla break procurata). Ancora, Stan ha sofferto moltissimo il dritto in top-spin del rivale.
Altre volte, nel corso del 2019 è stato incostante anche all’interno di uno stesso incontro, come si è visto a Cincinnati contro Dimitrov, agli Us Open nelle partite contro Sinner, Chardy e Lorenzi, ma anche nella finale di Anversa contro Murray, persa nonostante abbia dominato il gioco per larghi tratti del match.
Con il tempo che passa – a fine marzo compirà 35 anni - e un’efficienza fisica ridotta rispetto agli anni migliori, Wawrinka appare sì in calo rispetto al quadriennio 2013-2016, ma sembra ancora in grado di avere picchi di rendimento assoluti sul piano tecnico e della resistenza.
Basti pensare che l’anno scorso a Parigi giocò alla pari contro Federer in un match di 3 ore e 35 minuti nonostante due giorni prima avesse battagliato per oltre 5 ore contro Tsitsipas (prima ancora era stato in campo più di tre ore contro Dimitrov).