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Campioni internazionali

Newcombe è sempre il baffo più amato d'Australia

Il grande John, al quale sono intitolati gli 'awards' del tennis Aussie, ha messo il suggello all'epoca d'oro del tennis "Down under", l'era dei quindici trionfi in Davis tra il 1950 e il 1967. Dal 1961 al 1970, poi, un australiano ha vinto almeno uno Slam all'anno. Newcombe ne ha conquistati 26, tra singolare, doppio e doppio misto. Appena due in meno del recordman Roy Emerson

di | 20 dicembre 2019

John Newcombe

Il baffo più amato d'Australia. Ancora oggi è lui a consacrare ogni anno i migliori tennisti "down Under" consegnando loro Awards che portano il suo nome: 'Newcombe medals'.

Alla vigilia di ogni nuova stagione, con gli Open d'Australia alle porte, il suo iconico sorriso baffuto torna sulla ribalta mondiale. John Newcombe, classe 1944, ha suggellato la miglior stagione del tennis Aussie, l'era dei quindici trionfi in Davis tra il 1950 e il 1967. Dal 1961 al 1970, poi, un australiano ha vinto almeno uno Slam all'anno. Newcombe ne conquista 26, in singolare, doppio e doppio misto, appena due in meno del recordman Roy Emerson (qui una gallery della sua carriera).

Ha carattere, classe e un'innata predisposizione per l'amicizia. È l'australiano tipico. "Allora, avevamo una grande reputazione. La gente ci rispettava perché eravamo corretti, sportivi e non mollavamo mai. Ho sempre sentito di rappresentare in campo non solo me stesso, ma anche la mia famiglia e la mia nazione”, ha detto. Non a caso le medaglie con cui ogni anno si celebrano i migliori tennisti australiani portano il suo nome.

La profezia che si avvera

'Newk', nato a Sydney nel 1944, ha conquistato sette Slam in singolare in dieci finali giocate. Ne ha aggiunti 17 in doppio e due in misto. Numero 1 del mondo in singolare (1967, 1970, 1971) e in doppio (1965), traguardo che nell'era Open hanno raggiunto solo John McEnroe e Stefan Edberg, è stato tra i primi 10 a fine stagione per dieci anni di fila, dal 1965 al 1974.

Come tutti i ragazzi australiani, cresce immerso nello sport, soprattutto di squadra come il football o il cricket. Ma ha un'illuminazione per il tennis. A 10 anni, in vacanza a Portsea, nello stato di Victoria, batte il padre per la prima volta. Si ferma a vederlo anche Hal Schrader, il cognato di Jack Crawford che sfiorò il Grande Slam nel 1933. Schrader scatta una foto con Newcombe e scrive sul retro: "Entro i 18 anni, John giocherà in nazionale, e questa foto sarà la prova della mia profezia".

L'amicizia con Roche

Schrader non si limita alla foto ricordo. Scrive anche a Harry Hopman per parlargli di quel ragazzino dal grande potenziale. Qualche tempo dopo, Hopman lo invita a Sydney per la finale di Coppa Davis. "Buono stile, si muove bene con i piedi, forse è un po' pesante per la sua età", annota. Il piccolo John parla con Hoad, Rosewall, scambia un quarto d'ora con Mervyn Rose.

Da qualche parte in quello stesso stadio, scrive nella sua autobiografia, "c'era un bambino di nove anni che aveva viaggiato per 480 chilometri dalla piccola cittadina di Tarcutta nel New South Wales. Non lo sapevo, naturalmente. Avevamo lo stesso sogno. Sarebbe diventato un grande giocatore, il mio compagno di doppio e un amico per tutta la vita. Era Tony Roche".

Schrader ci ha visto lungo, la profezia è sbagliata di poco. “Newk”, questo il suo affettuoso soprannome, debutta in Davis nel 1963 in finale contro gli Usa, che vincono 3-2. Newcombe perde entrambi i singolari ma costringe al quarto il fresco campione di Wimbledon, Chuck McKinley, nel quinto e decisivo match.

Il ruolo di Angie

È un anno chiave, il 1963, perché durante il torneo di Amburgo incontra Angelika Pfannenberg, tennista tedesca di 18 anni. Suo padre era stato imprigionato per tre anni dagli americani in Germania Ovest e si era stabilito ad Amburgo dopo la liberazione. Il resto della famiglia attraversa il confine dalla Germania Est, prima che il Muro di Berlino diventasse il simbolo della guerra, e si unisce a lui. Per tutta la vita, Angelika crede che il padre sia diventato una spia contro la Germania Est. Newcombe si innamora di Angelika, che parla un inglese fluente. Non ha nemmeno finito la scuola quando “Newk” le chiede di sposarla. Angie dice sì.

“John ha bisogno di sfidare se se stesso, di darsi degli obiettivi. Altrimenti si distrae. Gli piace fare talmente tante altre cose oltre al tennis”, ha raccontato Angie a Frank Deford per un profilo scelto come storia di copertina di Sports Illustrated nell'agosto del 1974.

E' sempre stato così, almeno da quando sua madre gli apre gli occhi durante un torneo under 12 in cui, sotto 4-1 nel terzo set, continua a lamentarsi e protestare. “Perché non la smetti e non cominci a giocare a tennis?”, gli dice. Newcombe rimonta, vince e non dimentica quelle parole. Anche negli allenamenti cerca sempre di motivarsi, di darsi un obiettivo, di fare un esercizio in più o un allungo in più perché, si dice, questo avrebbe fatto la differenza nel quinto set di una finale Slam.

I trionfi sull'erba

Quegli scatti gli serviranno eccome. Sviluppa un gioco potente, che funziona grazie a gambe robuste e veloci. Il suo motto è facile da sintetizzare, difficile da applicare. “La forza di un giocatore si misura dalla seconda di servizio e dalla prima volée”.

Newcombe, che si proietta in campo dopo il servizio e si fionda a rete per controllare il punto, evolve nel manifesto del tennis d'attacco. Attento ai dettagli, per tre quarti d'ora prima della partita immagina lo sviluppo della partita, di fatto anticipando l'importanza delle tecniche di visualizzazione diffuse oggi: è il manifesto del giocatore da erba, superficie su cui conquista tutti i suoi Slam in singolare.

Piega il tedesco Wilhelm Bungert a Wimbledon nel 1967. Torna a imporsi ai Championships nell'era Open dopo due maratone contro Ken Rosewall e Stan Smith. Vince gli Us Nationals del 1967 su Clark Graebner e lo Us Open del 1973 al quinto set sul campione esule Jan Kodes. In Australia, supera il neozelandese Onny Parun ne 1973 e Jimmy Connors due anni dopo.

“L'erba è la superficie migliore perché ogni giorno cambia”, ha spiegato in un'intervista a Pro-Tennis Magazine nel 1991. “La variazione del rimbalzo a Wimbledon dal primo giorno alla finale è straordinaria. Per avere successo sull'erba, devi essere più brillante del tuo avversario e adattarti meglio alle condizioni di gioco”.

Uomo da copertina

La sveltezza di pensiero, l'agilità, l'intuizione, lo rendono un doppista da record. L'amicizia con Tony Roche, colpito dall'altruismo di Newk, è il gioiello prezioso di una corona in cui si incastonano undici successi Slam in doppio: quattro in Australia e a Wimbledon, due al Roland Garros, uno agli Us Nationals.

Lo esalta l'idea di squadra. Trionfa quattro volte in Coppa Davis (1964, 1965, 1966, 1973), è nominato presidente dell'Atp nel 1977 e nel 1978. Ha un ruolo decisivo nel chiudere la frattura tra l'associazione e il World Team Tennis (WTT), il circuito a squadre miste creato da Billie Jean King.

La passione per la compagnia, e quella nota per la birra, hanno effetti collaterali. Uno di questi rimane segreto fino alle elezioni Usa del 2000. Solo allora si viene a sapere che George W. Bush, poi eletto presidente, era con Newcombe quando è stato arrestato per guida in stato di ebbrezza il 4 settembre del 1976. Il sorriso, il fascino aperto di chi ha poco da nascondere, fanno di Newk anche un testimonial perfetto per la pubblicità.

Promuove un cocktail a base di differenti tipologie di vermouth, il Newk appunto. Il suo “chin-chin Cinzano” fa epoca. Proprio da qui, da questo spot, Kieran Carroll ha deciso di iniziare lo spettacolo teatrale che ha scritto sulla vita di Newcombe, interpretato da un brillante e fascinoso Damian Callinan. Un modo diverso per ricordare i giorni di gloria dell'ultimo dei grandi australiani.
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