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Campioni internazionali

Nadal numero 1 in due mosse: prima il servizio

Con l’aiuto dei numeri andiamo a scoprire quali sono le due chiavi tecniche del gioco che hanno permesso a Nadal di tornare al vertice del ranking ATP disputando una stagione da sogno con un rendimento negli Slam che non aveva dal 2008

di | 02 dicembre 2019

 il servizio di Rafael Nadal

Nadal ha disputato un grande 2019, vincendo due prove dello Slam e raggiungendo almeno la semifinale nelle altre due (ci era riuscito solamente nel 2008). Sono tante le ragioni per cui lo spagnolo ha chiuso la stagione in cima al ranking mondiale per la quinta volta in carriera. Tra queste c’è sicuramente l’efficienza al servizio, fattore decisivo per la sua definitiva evoluzione come attaccante a tutto campo.

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I picchi al servizio

Come noto, il servizio non sempre gli ha dato tanti punti come adesso, subendo evoluzioni ed involuzioni continue.

Se si guarda al suo picco di prestazione con la battuta, il primo torneo che torna alla mente è l’Open degli Stati Uniti del 2010.

In quel periodo raggiunse i suoi picchi di velocità, segnatamente nel match di ottavi di finale contro Feliciano Lopez, superando regolarmente i 200 km/h e raggiungendo addirittura i 217 km/h. Così facendo Rafa registrò un aumento della velocità media di circa 19 km/h rispetto all’anno precedente, come riportò all’epoca il Telegraph.

Nel corso dell’estate di quell’anno, poi, in allenamento contro Juan Monaco arrivò addirittura a 220 km/h, mentre nella finale di New York contro Djokovic riuscì a prevalere in un incontro molto duro fisicamente anche grazie alla battuta.

Ciò fu reso possibile con l’aiuto di Oscar Borras, grazie al quale Nadal riuscì ad avere un movimento più “sciolto”, soprattutto con la spalla sinistra, elemento essenziale per migliorare l’accelerazione del braccio ancor prima di colpire la pallina.

D’altro canto, rispetto a nove anni fa, Rafa ha detto che il suo servizio ha meno velocità ma è più “sicuro” e costante. Questo aspetto è stato sottolineato anche da Francisco Roig, il secondo allenatore di Nadal, lo scorso gennaio durante gli Australian Open. Come disse al sito dell’ATP, nell’estate del 2010 Rafa ottenne sì un rendimento elevatissimo al servizio durante gli Us Open, ma anche molti problemi in altri tornei disputati nello stesso periodo. Per tale ragione Roig ha ritenuto essenziale tornare a lavorare tecnicamente sul fondamentale cercando di avere maggiore continuità.

 

Ancor prima di lui, però, Nadal ha avvertito la necessità di ottenere di più dal servizio, considerate le enormi difficoltà avute sul veloce per vincere punti e sfide con rapidità, soprattutto in seguito ai problemi al ginocchio destro accusati in semifinale a New York nel 2018.

Nel match di quarti di finale contro Thiem ottenne solamente il 67% di punti con la prima, ma dovette ingaggiare lotte dure fisicamente anche contro Khachanov e Basilashvili, mentre a Melbourne fu costretto a quasi quattro ore di lotta contro Schwartzman. In quell’occasione Nadal vinse solo il 63% di punti con la prima e il 62% complessivo dei punti giocatisi nei suoi turni di battuta.

Tre aspetti chiave

Per ottenere maggiore velocità e continuità di prestazione, il numero uno del mondo ha lavorato su tre aspetti:

  • anticipo del lancio di palla con la mano destra;
  • riduzione della flessione del busto per non far perdere potenza alla pallina subito dopo il rimbalzo;
  • maggiore aggressività con il colpo in uscita servizio mettendo il piede destro dentro il campo, in modo da evitare di perdere terreno e incidere entro i primi 3-4 colpi dello scambio.

I grandi risultati del 2019 sono evidenziati dai dati ATP: sesto per efficienza al servizio, aumento dei punti vinti con la prima di servizio (75,8%, 71,7% nel 2018) e dei game vinti al servizio (90,1%, l’anno scorso non è andato oltre l’86,4%). Nel già citato 2010 Rafa fu in grado di registrare praticamente gli stessi numeri, terminando l’anno addirittura al terzo posto nella classifica che tiene conto del serve rating, mentre nel 2008 e il 2013 raggiunse la quinta posizione.


Rispetto al 2018, quest’anno Nadal ha servito meno spesso al centro da destra (accadeva il 19,5% delle volte, ora il 9,9%).

Anche se ne ricavava il 78% dei punti, questa soluzione poteva risultare prevedibile e non sempre gli garantiva di comandare il gioco.

Adesso, invece, tira sulla T nel 50% dei casi vincendo il 74,7% dei punti, mentre adotta la soluzione esterna il 39,6% delle volte, conquistando addirittura l’80% dei “15”.

Da sinistra, invece, non si sono verificati cambiamenti significativi né nella distribuzione dei servizi né nelle percentuali di punti vinti, conquistando in media tre punti su quattro in tutte le situazioni, sfiorando l’80% se si considerano solamente i match giocati sul duro.

Prendendo sempre il 2018 come riferimento, il rendimento con la seconda palla è rimasto costante al 60%, registrando addirittura un calo significativo nella percentuale di punti vinti da sinistra sui servizi centrali, dove è calato dal 63,5% al 47,5%, (l’anno scorso tale situazione si verificava nel 43% dei casi, quest’anno non si supera il 39%).


Non solo servizio

L’efficacia del servizio di Nadal emerge anche nella sua capacità di vincere tanti punti negli scambi brevi, come si è visto nella finale di Roma contro Djokovic, specialmente utilizzando il dritto in uscita dal servizio. Tale circostanza si è verificata 42 volte su 53, vincendo ben 30 punti (71%). Inoltre, di questi 30 scambi ben 19 non sono andati oltre i 5 tiri.

Come riportato dall’analista Craig O’Shannessy, anche nel 2018 Rafa è stato in grado di fornire prestazioni di questo tipo, come è accaduto nel corso della finale di Toronto contro Tsitsipas, in cui ha messo a segno 15 dritti vincenti, di cui 11 in uscita dal servizio.

In quella sfida, Rafa è riuscito a giocare questo schema nel 95% dei punti giocati nei suoi game di battuta, conquistandone 18 su 20 nei casi in cui ha messo la prima di servizio in campo.

Tornando al 2019, invece, appare interessante analizzare la sfida contro Federer a Wimbledon. In quell’occasione una delle chiavi principali per la vittoria dello svizzero fu la capacità di rispondere con continuità e profondità per prendere in mano lo scambio.

Eppure, anche in una giornata non particolarmente felice per Nadal – circostanza fortemente legata alla qualità elevatissima del gioco dello svizzero – lo spagnolo ha registrato una percentuale di servizi non risposti pari al 40,9%, mentre se si considerano solo le prime palle si arriva addirittura al 51,9%.

Più soluzioni

Con il passare degli anni Nadal ha imparato a ridurre il dispendio energetico anche conquistando diversi punti a rete dopo aver seguito un ottimo servizio, a dimostrazione di come sia ormai diventato un vero e proprio attaccante a tutto campo.

Questo lo aiuta anche ad avere più soluzioni a disposizione per vincere partite in cui è in difficoltà tecnico-tattica. Per esempio, nella finale di New York contro Medvedev Rafa ha ottenuto pochi punti diretti con il servizio, con la percentuale di servizi non risposti che non ha superato il 18,9%. Inoltre, a partire dalla metà del terzo set il maiorchino ha iniziato a soffrire sempre di più negli scambi prolungati.

Non a caso, in tutto il match Rafa ha vinto il 47% dei punti giocati a fondocampo. Inoltre, Medvedev è stato molto bravo ad allungare la durata degli scambi, che in media è stata pari a 5,5 tiri (per dare un’idea, nella semifinale contro Berrettini non si era andati oltre i 4,1). Per risolvere il problema, il numero uno del mondo ha giocato il serve and volley in 20 occasioni – specialmente da sinistra dopo aver utilizzato lo slice esterno – con ben 17 punti vinti, mentre complessivamente si è presentato a rete per ben 66 volte, vincendo 51 punti.

Il n.1 più… vecchio

In questa sfida, e in generale in diversi passaggi del 2019, non è emersa solamente la sua capacità di risolvere i problemi che affronta sui campi da tennis, ma anche quella di trovare soluzioni differenti e perfettamente adattabili alle esigenze legate all’usura fisica e alle differenti caratteristiche dei suoi avversari.

Anche per queste ragioni Nadal è potuto diventare il tennista più “anziano” a terminare una stagione in vetta alle classifiche mondiali (33 anni e 6 mesi) e il primo dell’Era Open a conquistare il maggior numero di Slam dopo aver superato i 30 anni (ben cinque). Tra tutti i suoi record, questi due rimarranno tra i più sorprendenti.

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