Tecnicamente e fisicamente, a Sascha Zverev non manca nulla per diventare davvero il prossimo numero 1 del mondo, con diversi tornei dello Slam nel carniere, perché può esprimersi al meglio su tutte le superfici, dalle più veloci alla terra rossa. Ma deve ancora trovare la quadra, deve ancora sistemare parecchie cosucce dentro la sua testa e gestire i momenti topici del match, oltre che qualche problemino negli spostamenti. Limite normalissimo per un trampoliere come lui, di 1.98 centimetri di altezza per 90 chili scarsi di peso. Quel che lascia più perplessi, di lui, è l’attitudine, come l’ha rimproverato, dispiaciuto, quell’ottima persona di Juan Carlos Ferrero, tirandogli pubblicamente le orecchie. Ma quale grande campione del tennis è stato veramente un fenomeno di comportamento? Se guardiamo appunto agli altri sei assi anche di precocità che hanno preceduto Zverev fra i top ten per tre stagioni di fila, da Under 22, forse solo i due svedesi, Borg ed Edberg avevano questa gran bella qualità umana. Gli altri erano campioni dall’incommensurabile ego. Alteri, bizzosi, imprevedibili, geniali, totali, anche antipatici. Ma unici, irripetibili, e vincenti, soprattutto, indimenticabili. Come Sascha Zverev. Da sopravalutato a sottovalutato?