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Campioni internazionali

“Piangi, bambino, piangi”: tutte le lacrime di Roger...

Le lacrime hanno sempre accompagnato la vita e la carriera di "King Roger": di gioia soprattutto, ma anche di rabbia e frustrazione. “Non sono sorpreso, perché sono sempre stato un tennista piuttosto emotivo”

di | 28 ottobre 2019

ATP 500 Basilea 2019

L’ultima volta aveva pianto di rabbia, era stato a luglio, a Wimbledon, dopo la finale contro Djokovic che s’era lasciato strappare dalle dita dopo aver mancato due match point. Domenica, Roger Federer ha pianto di orgogliosa felicità, ricordando il raccattapalle che fu, a Basilea, e commuovendosi al pensiero del campione che è oggi, osannato dal sua gente in tribuna, per sempre nei loro cuori e nella storia, coi 10 titoli nel torneo di casa. Ennesimo record di una carriera record. Ha pianto quando sono nate le gemelline, Myla e Charlene nell’agosto del 2009. “Era gioia pura, prima che Mirka andasse in ospedale, durante e dopo la loro nascita. Sono felice di aver esternato le mie emozioni perché in questo modo ricorderò sempre un momento così speciale”. Ha pianto a gennaio, quando una intervistatrice gli ha ricordato il primo allenatore, l’australiano Peter Carter, che l’ha forgiato come uomo, scomparso in un tragico incidente d’auto sedici anni fa, in luna di miele, la stagione prima del suo primo Slam, a Wimbledon. “Credo che Peter oggi sarebbe stato orgoglioso di me. Credo che non avrebbe voluto che io fossi un talento sprecato e ritengo che la sua morte sia stata una sorta di campanello d'allarme per me. Da quel momento ho messo la testa a posto e ho cominciato ad allenarmi molto duramente”.

Ha pianto spesso nella Rod Laver Arena, intestata al suo idolo per celebrare gli Australian Open: quando ha perso la finale 2009, nel punto più basso della rivalità storica, con Rafa Nadal, e quando nove anni dopo vinto il ventesimo Slam, segnando un record che nemmeno lui sperava più. Due pianti diversi. Mormorando: “Tutto questo mi uccide”. Perché sconvolto dall’occasione che gli sfuggiva, sulla scia della finale di Wimbledon, la prima persa sull’erba contro lo spagnolo. E rilanciando per l’ennesima volta la carriera, a 37 anni: “Aspettare questa finale è stata una faccenda molto lunga e complicata, è più facile quando si gioca nel pomeriggio, ma quando è di notte ci pensi tutto il giorno. E i miei pensieri stavolta erano davvero tanti”.

Ha vinto e pianto tanto, il campione con la lacrima facile. Ha pianto quando ha sfatato un tabù che ormai sembrava invalicabile, approfittando dello scivolone del solito Rafa ed ha conquistato il Roland Garros 2009: “Ora posso andare avanti senza più preoccuparmi di non vincere mai Parigi”. E ha pianto quando ha firmato Wimbledon 2012, il primo davanti ai figli: “Era una cosa che avevo in testa, fargli capire questa cosa dal vivo, non sui libri o con le foto”. Piangeva, sul palco di Melbourne anche quando dominava la finale degli Australian Open 2006 contro Baghdatis, anche se era già il settimo Slam, avvertiva l’importanza del trofeo che riceveva dalle mani di Laver e lo portava al livello degli eroi giovanili, Becker e Edberg. “Non sono sorpreso, perché sono sempre stato un tennista piuttosto emotivo, anche quando perdo”.
C’è una data di partenza di questo mare di lacrime del campione Federer? “Forse la prima volta che ho pianto in campo, per una partita di tennis, è stato in coppa Davis contro gli americani a Basilea, nel 2001. Le vittorie in doppio e in singolare mi avevano lasciato molto esausto e, terminati i match, la pressione se n’era andata, così avevo gli occhi pieni di lacrime, stavo esternando tutto ciò che mi ero tenuto dentro durante la gara. Era la prima volta che battevamo gli americani in Davis. Da allora, ho vissuto molti momenti simili, anche se cerco sempre di mantenere sotto controllo le mie emozioni durante i tornei, concedendomi di farle uscire in caso di vittoria. Visto tutto ciò che provo, sono scioccato ogni volta che vedo le finali che ho raggiunto o i grandi giocatori che ho battuto, per non parlare dell’effetto che mi fa vedere i miei record”.

Piangeva molto, di rabbia, da bambino, viziato. E piangeva da junior di talento che non accettava i bei colpi degli avversari, i loro trucchetti per innervosirlo, i propri errori, figurati  le sconfitte: “Ero terribile”. Mentre lui piange e si commuove spesso, la moglie-mamma, Mirka, la dura, è rimasta famosa negli spogliatoi per come apostrofò Stan Wawrinka, il “fratellino” di Roger, nel drammatico derby svizzero al Masters di Londra 2014: “Piangi, bambino, piangi”.

Attendiamo le prossime lacrime di Roger, il campione umano che ci ha accompagna dal 1999, sperando che siano di felicità.

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