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Campioni internazionali

Sunday Morning: nei Top 100 ATP non si vedono più i cechi

Per la prima volta in estate sono usciti dai Top 100 Atp, dove invece avevano sempre piazzato un loro rappresentante da quando ci sono le classifiche. La scuola della Repubblica Ceca, quella di Drobny, Kodes, Lendl, ora si aggrappa al ragazzino Forejtek, vincitore di Us Open e Bonfiglio 2019

di | 20 settembre 2019

Il ranking ATP di questa settimana certifica un 2019 straordinario per il nostro tennis. Fabio Fognini al n.11, Matteo Berrettini al n.13, ben sette azzurri nella Top 100 e altri in rampa di lancio. Numeri importanti, con il finale di stagione che potrebbe regalarci altre soddisfazioni. Ma scrutando la classifica più in profondità, abbiamo rilevato un dato statistico curioso: nessun tennista della Repubblica Ceca figura nella top 100 ATP.

scuola repubblica ceca

È un'assenza clamorosa vista l'enorme tradizione della scuola tennistica ceca. La classifica ATP è redatta ogni settimana dal 23 agosto 1973, e loro hanno sempre avuto almeno un rappresentante tra i migliori cento fino allo scorso 17 giugno, il lunedì dopo Roland Garros, quando le otto posizioni perse da Tomas Berdych fecero scomparire il suo Paese dalla top 100. Il finalista di Wimbledon 2010 ha strappato una manciata di punti in estate, con un fugace rientro tra i migliori, ma dopo lo US Open è scivolato di nuovo al n.101. Mentre le ragazze della Repubblica Ceca sono sempre tra le più forti (e molto numerose) nel tennis femminile di vertice, i maschi sono scomparsi.

scuola repubblica ceca

Una storia ricca di campioni

La Repubblica Ceca vanta una grande tradizione tennistica. Nel primissimo dopoguerra si impose Jaroslav Drobny, detto “il professore” per via dei suoi immancabili occhiali e quel portamento elegante, a sostenere un tennis completo, cerebrale, di gran classe. Figlio di un custode di un centro sportivo, si dedicò con successo all'hockey, al calcio e quindi al tennis. Per colpa di un carattere fragile perse quattro finali Slam tra Parigi e Londra prima di imporsi finalmente al Roland Garros nel '51 e '52. Nel 1954 raggiunse il sogno di una vita, alzando la coppa di Wimbledon a quasi 33 anni su di un giovanissimo Ken Rosewall.

Altra leggenda del tennis ceco è Jan Kodes, vincitore a Parigi nel 1970 e 1971, e quindi Wimbledon 1973. Dotato di un rovescio stupendo e un tocco di palla vellutato sotto rete, era un tennista completo, con un gesto fluido e un comportamento da vero gentleman. Sul finire dei '70s esplose il tennis potente e preciso di Ivan Lendl, supportato da un dritto in corsa diventato leggendario. Lo “Zar” dominò le classifiche di metà anni '80, diventando un modello assoluto di dedizione al lavoro e attenzione maniacale al dettaglio, dall'attrezzatura all'alimentazione. Il campione ceco degli anni '90 fu Petr Korda, mancino dotato di un tennis creativo e divertente.

Jaroslav Drobny, detto il Professore per via degli occhiali, fu campione di tennis e di hockey su ghiaccio

La magia del suo braccio compensava il deficit di potenza con i rivali. Vinse gli Australian Open 1998, fu l'ultimo successo di un ceco in uno Slam, mentre Berdych è stato l'ultimo finalista Slam del suo paese (Wimbledon 2010). In coppia con Radek Stepanek, Tomas vinse la coppa Davis nel 2012 e 2013.

Movimento importante, fino al crollo

In mezzo a questi campioni, moltissimi sono stati gli ottimi giocatori cechi: Smid, Novak, Ulihrach, Vacek, Novacek, Rosol, Srejber, Slozil, Dosedel, solo per citarne alcuni, senza dimenticare Mecir, Kucera e tutti gli altri slovacchi che si sono formati con la medesima scuola cecoslovacca, cambiando nazionalità nel 1992, l'anno della scissione dei due paesi.

Oltre a Berdych (33enne e con seri problemi fisici), il movimento ceco è aggrappato a Jiri Vesely, oggi molto lontano dal suo best ranking (n.35 nell'aprile del 2015) e soprattutto alla promessa Jonas Forejtek, 18enne vincitore del Bonfiglio 2019 e degli ultimi US Open junior.

Forejtek ha appena debuttato in Coppa Davis, portando al suo team due vittorie decisive contro la Bosnia. Oltre a lui, un terzetto di teenager di belle speranze, Tomas Machac, Michael Vrbensky e Jiri Lehecka, tutti ben oltre la posizione n. 350. Una situazione difficile rispetto al recente passato: cinque anni fa i cechi in top100 erano 4; nei primi anni 2000 mediamente 7-8, e negli anni '90 in alcune annate una decina. Adesso il vuoto.

Jonas Forejtek col Trofeo Bonfiglio 2019 (foto Panunzio)

Il fascino dei tennisti cechi

Oltre alla pura curiosità statistica, perché un focus sui problemi del tennis maschile della Repubblica Ceca?

Tennisti come Kodes, Lendl, Smid, Korda, Berdych, Mecir, e campionesse come Navratilova, Mandlikova o Novotna, hanno accompagnato generazioni di appassionati grazie ad un gioco ricco di fascino. Un tennis che li distingueva nettamente dal giocatore “medio” per completezza tecnica ed eleganza, per uno stile personale e classico allo stesso tempo.

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Tutto deriva dalla straordinaria scuola tecnica del paese, una delle migliori in assoluto insieme a quella francese per la capacità di produrre un gran numero di ottimi giocatori con impostazione classica adattata alle peculiarità individuali. Quando si insegnano i dettami tecnici ed i canoni estetici del gioco classico fondendoli con un'interpretazione personale, senza sminuire la diversità ma esaltandola, nascono meraviglie.

Si creano momenti di tennis unici, come quelli prodotti dalle acrobazie di Navratilova, dalle traiettorie imprevedibili di Korda, dalla precisione in spinta di Lendl, dalla pulizia nell'impatto di Berdych. E via dicendo. Non era un miracolo, solo una scuola ben strutturata, fatta di tecnici capaci che hanno applicato una metodologia scrupolosa e tramandato il loro insegnamento alla generazione successiva.

Lo 'Zar' Ivan Lendl dominò le classifiche di metà Anni '80

I segreti? Scuole e personalità

Jan Soukup, uno dei tecnici dell'epopea del tennis ceco, alcuni anni fa ha raccontato il sistema del suo paese: “Non c'era niente di magico in quello che insegnavamo. C'era attenzione nel selezionare i migliori giovani intorno ai 14 anni e continuare la loro formazione, modulando il lavoro fisico alla crescita e focalizzando la tecnica sui punti di forza, senza dimenticare le lacune. Creavamo gruppi competitivi per stimolare l'apprendimento, senza mai stravolgere un gesto che funziona”.
Ecco il “metodo ceco”, ancora nelle parole di Soukup: “Come popolarità, il tennis è sempre stato dietro al calcio e soprattuto all'hockey su ghiaccio, ma nel paese migliaia di bambini venivano avviati al tennis in una sorta di campionato junior affiliato alle scuole elementari. Questo ancor più in inverno, quando si fa sport nelle palestre. Già intorno ai 9 anni una rete capillare di scout selezionava i migliori delle scuole, portandoli in club per un insegnamento più agonistico.
Negli anni '80, per un paese di circa 15 milioni di abitanti, avevamo oltre 100mila giovani coinvolti nel tennis agonistico junior, con allenamenti anche di 10 ore a settimana per tutto l'anno scolastico, ed insieme ad altri sport perché il corpo apprende praticando anche altre discipline. Tutti i risultati erano scrupolosamente annotati e studiati, per individuare i più promettenti”. Fondamentale l'aspetto umano, ancor più per un paese che allora apparteneva al blocco sovietico: “Il tennis, come sport individuale, è estremamente competitivo, non è adatto ad ogni carattere. Alla fine diventava ideale per quei giovani un po' “ribelli” che cercavano una affermazione personale, andando contro ad un sistema sportivo e sociale che tendeva a penalizzare il cosiddetto “sentirsi una prima donna” in favore del gruppo”.
Come popolarità, il tennis è sempre stato dietro a calcio e hockey su ghiaccio, ma i bambini si avvicinavano grazie a un campionato junior per scuole elementari
“Uscivano caratteri meno facili da domare, ma con dentro qualcosa da dimostrare, che sfociava spesso in giocatori unici”. Non è un caso che molti talenti cechi siano stati giocatori e giocatrici con personalità difficili, complesse, forti e fragili allo stesso tempo, conflittuali e non sempre vincenti, ma di vero talento.

Tennis rosa in ottima salute

Pliskova, Kvitova, Vondrousova, Strycova, Siniakova, Muchova, per fermarsi alle top50, ed un esercito di giovanissime pronte a scalare la classifica. Il tennis femminile ceco resta al top, diverte e produce continuamente tenniste forti.

È sempre stato così, a partire dall'immensa Martina Navratilova, passando per il talento irreale di Ana Mandlikova, la concretezza di Helena Sukova, la fragilità e classe di Jana Novotna, la potenza di Nicole Vaidisova e la varietà di Lucie Safarova, solo per citarne alcune. Il movimento rosa è in ottima salute, sospinto da una scuola tecnica efficace, capace di intercettare le migliori promesse e farle crescere, a volte in patria, altre con l'ausilio di accademie all'estero.

Così Martina Navratilova: “È incredibile la passione per il tennis in Repubblica Ceca, moltissimi bambini vengono avviati al tennis, i club sono ben organizzati e c'è voglia di giocare e di competere, dal giovane all'anziano. Abbiamo tecnici preparati e siamo fieri della nostra storia”. Nel mondo WTA la competizione è alta, ma resta un filo più semplice scalare la classifica per le giocatrici dotate di talento e ottime qualità atletiche rispetto al settore maschile, questo in Repubblica Ceca come nel resto del mondo.

Di sicuro l'abbondanza femminile rispetto alla penuria maschile nel tennis ceco deriva anche da un fattore casuale, una generazione rosa più fertile e di talento, sono cicli che capitano; come l'effetto traino di campionesse come Navratilova ieri e Kvitova oggi che spingono le più giovani ad emularne le imprese. Ma non basta questo a spiegare i motivi della crisi evidente del tennis maschile ceco.

I perché della crisi

La combinazione di vari fattori negativi ha provocato un buco difficile da colmare. Oggi nel paese dell'Est Europa il tennis subisce enorme concorrenza dal calcio e soprattuto dall'hockey su ghiaccio, esploso ancor più con i campioni nazionali diventati star nella NHL (lega Pro USA), come Jaromir Jagr o Dominik Hasek. È diventato sempre più complicato e costoso avviare un giovane al tennis Pro.

Un peso importante nella crisi è dovuto alla mancata continuità generazionale dei coach, con molti buoni giocatori che a fine carriera non sono tornati in patria come tecnici. Si è perso qualche anello di quella catena che consentiva l'evoluzione del movimento, sia per l'aggiornamento dei metodi che per lo stimolo ai più giovani.

Questo è accaduto meno per le ragazze rispetto agli uomini, così che la straordinaria scuola ceca, capace di creare tennisti sopraffini sul piano tecnico, forse si è un po' seduta su un modello di giocatore non più così efficace in un gioco estremamente sbilanciato sul piano atletico. Inoltre il sistema di screening che partiva dalla base si è allentato, perdendo potenziali talenti.

tennis repubblica ceca

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