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Ci sono le facce dei giocatori (anche quella di Rublev, prossimo avversario di Berrettini) nelle foto che compongono l’account Instagram @BehindTheRacquet, ma soprattutto le loro storie, le difficoltà e i sacrifici che spesso non traspaiono. Una testimonianza diretta dai protagonisti del tour, tra dubbi, insicurezze, timori e veri e propri disagi. Dietro all’iniziativa c’è l'americano Noah Rubin
di Marco Mazzoni | 01 settembre 2019
Ammirando Novak, Rafa, Roger, o giovani come Stefanos, Daniil e gli altri, l'appassionato cerca il colpo che lo faccia sobbalzare sulla sedia, uno scambio durissimo, un tocco di classe, un tiebreak ad altissima tensione. Ma in quanti scrutano gli sguardi dei giocatori, cercando di intuire cosa passa per la loro testa? Si riesce a percepire la fatica e la frustrazione di una vita passata a rincorrere una palla da tennis?
Per chi è curioso di conoscere i tennisti oltre il puro fatto sportivo, consigliamo di scoprire e seguire la pagina Instagram “Behind The Racquet”, un progetto ideato dall'americano Noah Rubin (n. 195 ATP) che mette in primo piano la persona celata dietro l'atleta. Molti giocatori e giocatrici hanno seguito l'esempio di Rubin, fotografandosi dietro le corde del proprio attrezzo e postando la foto sulla pagina del social network, insieme al racconto spontaneo delle difficoltà personali della vita nel mondo Pro. Da minuscola goccia nel mare del tennis, l'iniziativa è diventata “un caso”, spinta dall'urgenza di parlare, aprirsi al mondo per scacciare i propri incubi e aiutare altri colleghi a farlo.
Il nome di Noah Rubin non è sconosciuto agli appassionati. 23 anni, nativo di Long Island, vanta la vittoria a Wimbledon junior 2014. John McEnroe lo considerò “il miglior talento americano della sua generazione”. Una discreta investitura, anche se l'ingresso nel mondo Pro non è stato per lui facile.
È sceso in campo in tutti gli Slam (sconfitto da Federer negli AO2017) e ha ottenuto alcune vittorie in eventi del tour maggiore, la più importante vs. Isner a Washington 2018. Poi molta “garra” nei Challenger, dove la lotta è dura.
- Noah Rubin