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Campioni internazionali

Nole e quel desiderio di sentirsi amato

Il numero 1 del mondo viene dato per favorito agli US Open, dove però dal 2008 nessuno è più riuscito a confermare il titolo. Djokovic punta al 17° Slam anche per conquistare il pubblico della Grande Mela, più dalla parte dei rivali

di | 23 agosto 2019

Djokovic Us Open 2018

Tutti dicono Djokovic. Perché è il numero 1 del mondo, il campione in carica, il più solido fra i tre tenori, mentre Rafa Nadal appare e riappare con sempre più sorprendente velocità e clamore, e Roger Federer ha ricominciato ad arenarsi all’improvviso. Come davanti ai due match point nella finale di Wimbledon contro re Nole I di Serbia.

Tutti dicono Djokovic anche se l’albo d’oro dell’ultimo torneo stagionale dello Slam rimarca che dalla cinquina consecutiva di Federer 2004-2008 nessuno è riuscito a confermare il titolo a Flushing Meadows l’anno dopo. Aggiungendo un po’ di pressione in più al campione di 16 Slam, di cui quattro degli ultimi cinque, a ridosso dei 18 di Rafa e pericolosamente prossimo anche ai 20-record di RogerExpress.

Brad Gilbert e Andy Roddick a un evento collaterale degli US Open

Gilbert esalta le qualità di Nole

Tutti dicono Djokovic, dai campioni di ieri, oggi super-opinionisti, da Mats Wilander a John McEnroe, a Brad Gilbert, il coach fautore del “gioco sporco” che ha miracolato Andre Agassi ed esalta le capacità del 32enne serbo. Al di là dei nuovi problemi al gomito che ha accusato e del settimo ko stagionale contro l’ultimo picchiatore, Daniil Medvedev, possibile incrocio nei quarti sul cemento di New York.
Nole ha la straordinaria abilità di concentrarsi sull’avversario che ha di fronte. Quand’è all’apice del suo gioco non ho mai visto nessuno capace di raggiungere quei livelli”, aggiunge l’ex pro che ha guidato anche Roddick e Murray. La sua arma paralizzante non è la risposta, ma “la modalità blocco”: “All’improvviso, gioca una serie di colpi tutti di qualità, non fa più errori gratuiti, alza il livello e l’intensità, e costringe l’avversario nella condizione di dover assolutamente forzare, fare di più, per batterlo”.

Sul cemento ha alzato 55 trofei

Il cemento è il suo regno: ha vinto 55 dei 75 titoli Atp. E tutti dicono che il campione di gomma piegherà con la sua forza di volontà anche il pubblico della Grande Mela, a dispetto della fin troppo evidente simpatia che la gente del tennis ha per i rivali, la straordinaria coppia “Fedal”. Come dai seguaci di Twitter: Nadal 15.7 milioni, Federer 12.6, Djokovic 8.7. Anche se, sportivamente parlando, l’attuale superiorità del serbo negli scontri diretti è evidente: 26-22 contro il Magnifico (con addirittura sei successi negli ultimi confronti), e 28-26 contro il Maciste di Maiorca, nel testa a testa più frequentato dell’era Open.

Il desiderio di essere amato dal pubblico

Tutti dicono Djokovic, anche se nel suo sguardo trapela spesso che il nemico peggiore è dentro di sé. In quel desiderio d’amore che proprio non riesce a trovare nella gente. A Wimbledon, erano tutti per il vecchio campione, Federer, e lui ha confessato di aver tradotto, traslato, trasformato, con un enorme sforzo di volontà, i troppi “Rogèer, Rògeer in Nòvak Nòvak. “Almeno io li ho sentiti così, non scherzo”. Ahilui, gli era accaduto anche nella finale di dodici mesi fa proprio a New York, quando la folla era sempre, smaccatamente - ingiustamente - per l’avversario, lo sfortunato Juan Martin del Potro. E Djokovic era sull’orlo di una crisi di nervi: “Quegli “Olé, olé, olé, olé, Del-po, Del-po! Mi sono sembrati degli incitamenti tutti per me, mi sono sembrati dei richiami al mio soprannome, “Nòle, Nòle”. 
Più forte di così non si può. Ma il peggior Djokovic, di testa, batte il miglior Djokovic, di tennis.

Novak Djokovic in allenamento a Flushing Meadows

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