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Campioni internazionali

Lezioni americane

A Washington i fratelli Murray tornano a giocare il doppio insieme per la prima volta dalla Coppa Davis 2016. Battono Mahut e Roger-Vasselin rimontando da 2-5 nel match tiebreak. Un anno fa, Andy qui piangeva lacrime di dolore. "Fisicamente sto meglio" commenta

di | 01 agosto 2019

Andy e Jamie Murray

“Giocare un doppio insieme è un po' come un matrimonio”. Parola di Jamie Murray. Certo, come ogni regola, anche questa presenta le sue eccezioni. Dopo quasi tre anni, infatti, è tornato a far coppia, un po' per necessità e un po' per piacere, con il fratello Andy. Ma al debutto a Washington, il lessico familiare si è congiunto con le piccole gelosie, il ricordo delle ripicche, la traccia delle piccole vendette e delle correzioni che ogni matrimonio in fondo comporta.

Jamie, che aveva detto no alla proposta del fratello di far coppia a Wimbledon, è tornato sui suoi propositi perché il suo partner stabile di questa stagione, Ken Skupski, è impegnato con il World Team Tennis, il circuito a squadre miste negli Usa che Billie Jean King ha creato negli anni Settanta e che per diverso tempo ha coinvolto anche Elton John come proprietario di una franchigia. Hanno battuto 64 67 10-5 Nicolas Mahut e Roger-Vasselin, che pure hanno condotto 5-2 nel match tiebreak. Il pubblico si è da subito schierato per loro. Un coro “Murray magic” li ha accolti all'ingresso in campo. Ma l'iniziativa di qualche tifoso isolato ha finito per coinvolgere gruppi sempre più convinti sulle tribune. I “Come on, Andy” e i “Come on, Jamie” hanno accompagnato l'intero corso della partita.

“Abbiamo giocato bei punti, siamo stati anche un po' fortunati, è stato un gran match. C'è stata davvero una bella atmosfera. Si sono viste reazioni rapide, punti divertenti, scambi ravvicinati a rete. Fisicamente mi sento bene, molto meglio dell'anno scorso” ha spiegato Andy che dodici mesi fa di questi tempi al Rock Creek Park Tennis Center batteva Marius Copil in un match concluso alle tre di notte ora locale e si lasciava andare a un pianto di dolore, non di sollievo. Si sarebbe poi ritirato senza giocare il quarto di finale contro Alex De Minaur, tra i quattro protagonisti poi delle semifinali ATP più giovani da Buenos Aires 1995. E avrebbe conservato dubbi sul futuro della sua carriera fino all'Australian Open di quest'anno, all'abbraccio con Bautista Agut dopo la sconfitta al quinto e la decisione di operarsi di nuovo, intanto per non soffrire più anche solo per uscire a fare una passeggiata.

 

“C'è stato un livello molto buono. I doppi sono duri perché possono girare su pochi punti ma credo che siamo stati in controllo per buona parte del match. Abbiamo meritato di vincere” ha concluso Andy nell'intervista a caldo.

“Penso sia stata una partita di qualità fra due belle coppie. Loro hanno risposto molto bene” ha ammesso Jamie. “Poter tornare a giocare insieme a Andy è davvero comunque speciale. E' stato molto divertente” ha detto Jamie, il primo dei due fratelli a vincere uno Slam (in doppio misto a Wimbledon nel 2007 con Jelena Jankovic) e a salire al numero 1 del mondo.

 

I francesi sono tornati a giocare insieme “per colpa” di Andy Murray che ha chiesto a Pierre-Hugues Herbert di far squadra con lui a Wimbledon. “E' una di quelle offerte che non si possono rifiutare” ha in sostanza commentato il francese. Mahut, che ha giocato con lui dall'inizio della stagione, non l'ha presa bene. La coppia è scoppiata, fra ruggini e parole inacidite a mezzo stampa. Un divorzio alla francese con tutti gli ingredienti del caso: una coppia unita, un terzo fra i due (pensiero stupendo) che non avevano considerato il triangolo. Così Mahut torna all'antico e si riavvicina al figlio d'arte Roger-Vasselin: insieme han vinto sei titoli di doppio in carriera.

I Murray hanno debuttato nel circuito maggiore nel 2006 a Nottingham, ma si ritirano dopo quattro mesi contro Stan Wawrinka e Justin Gimelstob perché Jamie ha un improvviso dolore al ginocchio. Quell'anno arriveranno in finale a Bangkok, battuti da Jonathan Erlich e Andy Ram. Il primo titolo arriva a Valencia nel 2010: iniziano con un successo su Feliciano Lopez e Fernando Verdasco, chiudono con la vittoria in finale su Max Mirnyi e Mahesh Bhupathi.

 

Il secondo matura nel 2011, a Tokyo, in finale su Frantisek Cermak e Filip Polasek. Sono la grande speranza britannica alle Olimpiadi di Londra del 2012, ma perdono al primo turno contro gli austriaci Jurgen Meltzer e Alexander Peya. Nel 2015, in Coppa Davis, battono nei quarti Jo-Wilfried Tsonga e Nicolas Mahut, in semifinale gli australiani Sam Groth e Lleyton Hewitt, in finale i belgi Steve Darcis e David Goffin. Il primo trionfo della Gran Bretagna dal 1936 è “made in Dumblane”. Dopo la delusione olimpica di Rio, spingono la nazionale in semifinale di Davis. Superano anche gli argentini Juan Martin del Potro e Leonardo Mayer. Ma è l'anno dell'albiceleste. E quella è rimasta la loro ultima partita insieme prima di Washington.

 

Per prepararsi, hanno iniziato ad allenarsi si nuovo insieme da mercoledì. “Elaboriamo un po' di strategie, ci esercitiamo sul posizionamento, soprattutto a beneficio di Andy che il doppio non lo gioca così spesso” spiegava alla vigilia Jamie, “anche se di recente si è impegnato di più in questa specialità. Alla fine, Andy deve solo essere Andy e giocare come sa visto che legge il gioco benissimo”. Anche se in partita qualche situazione di scarso affiatamento, con i due fratelli sorpresi a coprire la stessa zona di campo, o in posizioni fin troppo centrali a rete, si è vista.

 

Ma il continuo parlarsi per definire gli schemi, per chiamarsi a vicenda la palla, ha cancellato i tre anni di percorsi divergenti. È stato come tornare al 2016, quando sono diventati la coppia di fratelli a chiudere contemporaneamente la stagione da numeri uno delle rispettive classifiche: Andy in singolare, Jamie in doppio nell'anno dei due Slam, Australian Open e Us Open, in coppia con Soares.

 

In fondo, come scriveva Victor Hugo, due fratelli sono come due dita di una mano, come due anime che si toccano senza confondersi. E non hanno bisogno di parole per capirsi, per tornare a vincere.

 

 

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