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Campioni internazionali

Thiem, la scoperta della leggerezza

L'austriaco raggiunge i quarti al Roland Garros per il quarto anno di fila. Dominato Gael Monfils in tre set. La love story con Kiki Mladenovic e il rapporto con coach Nicholas Massu

di | 03 giugno 2019

Dominic Thiem

La resa non compensa l'attesa. Né per il pubblico francese, né per chi si aspettava una partita accesa. Dominic Thiem mantiene un perfetto record contro Gael Monfils. Il 64 64 62 gli vale il quinto successo in cinque incontri e la qualificazione ai quarti per il quarto anno di fila. Il francese, che sperava di eguagliare i cinque quarti di Henri Leconte e Yannick Noah, primatisti Bleus nello Slam di casa, non entra di fatto mai in partita. Si difende senza la solita vivace energia nella copertura del campo, non contrattacca, subisce e non propone. Thiem affronterà Del Potro o Khachanov, per un'eventuale semifinale contro Novak Djokovic.

Thiem, terzo austriaco con almeno 50 match vinti negli Slam, vince per la prima volta in tre set dall'inizio di questo Roland Garros. Completa il settimo successo nelle ultime otto sfide contro un top 20 in un major. Vince sei punti in più, l'austriaco, negli scambi sotto i tre colpi, e dieci in più in quelli che richiedono da 4 a 8 colpi. Chiude con 12 vincenti a 8 di dritto e soprattutto con il doppio di punti in risposta contro la prima. Monfils, invece, perde cinque volte il servizio e non riesce mai ad accendere le speranze di chi riempie il Philippe Chatrier.

 

Si potrebbe forse dire, pur con qualche semplificazione, che Thiem ha tradotto in spinta positiva la rabbia per quella che ha avvertito come una mancanza di rispetto, ovvero il dover abbandonare la sala stampa in gran fretta perché stava arrivando Serena Williams, appena battuta da Sofia Kenin, e non aveva voglia di aspettare. “Con altri campioni non sarebbe successo” ha commentato l'austriaco, evidentemente scontento per questa forzatura. Non ha portato pensieri pesanti in campo, però.

 

La sua partita racchiude il recupero della leggerezza, la forza dell'amore, il valore del cambiamento. Tratti che in questa stagione, al di là della congiuntura di questo match, lo avvicinano a Monfils, pur nella ineliminabile differenza di stili. Il francese sembra più libero dalla responsabilità auto-imposta dell'essere showman ad ogni costo, dagli effetti collaterali della convinzione nel suo atletismo trabordante. L'austriaco, capitano della sua anima come non gli succedeva prima negli anni dell'affidamento a Bresnik, sperimenta lo shakesperiano legame tra la fatica e il piacere, senza sacrificare il secondo per la prima.

 

“La mia vita sentimentale va benissimo, è incredibile” ha detto Gael Monfils. Il fidanzamento con Elina Svitolina, per quanto all'apparenza improbabile, funziona. Li abbiamo visti ballare, in un video diventato cult sui social, si sfidano simpaticamente in allenamento. “Ma ho più paura del mio coach che di lei” ha ammesso il francese durante il Roland Garros.

 

Liam Smith l'ha voluto più offensivo nel gioco. Si è guadagnato il suo rispetto con la forza dell'esempio, anche nella preparazione atletica. Pesa, naturalmente, la sua formazione con Pat Etcheberry, l'artefice di una generazione di campioni (Sampras, Agassi, Seles, Capriati, Coria, Bruguera) cui insegnava che la durezza dei muscoli avrebbe stimolato la durezza della mente. Quarantenne londinese, Smith ha già lavorato alla Van der Meer Academy a Hilton Head (fondata dall'ex coach di Billie Jean King e Martina Navratilova), alla Harold Solomon Tennis Institute di Fort Lauderdale, da Nick Bolletieri a Bradenton e Harry Hopman a Saddlebrook. Smith ha condotto tanti giovani a vincere l'Orange Bowl under 12, under 14, under 16, ha spinto Ricardas Berankis al numero 1 junior, li ha convinti ad alzare la soglia di attenzione e d'ambizione. “Liam è un coach che analizza tanto e parla molto” ha detto Monfils. “In questa mia fase di carriera, il messaggio passa meglio. Dall'inizio di quest'anno ho avuto un piano chiaro: ho cercato di servire meglio e di essere aggressivo”.

 

È tardivo, però, il suo recupero dall'1-5 nel primo set. Zavorrato da 18 gratuiti di dritto nei primi 14 game, Monfils sistematicamente gira intorno al rovescio quando Thiem gioca lo slice sulla diagonale sinistra. Una soluzione cui il finalista dell'ultima edizione ricorre con elevata frequenza per spezzare il ritmo e riprendere il centro del campo.

Continuano dalle tribune gli incitamenti di Kiki Mladenovic, che vive la sua personale “rivincita delle bionde” di fronte a Svitolina, e di Nicolas Massu. “Vive le partite di Thiem come se giocasse lui” ha detto all'Equipe suo fratello Stefano. Esulta anche più dell'austriaco, che alza il pugno con moderata soddisfazione dopo il dritto che lo proietta avanti di due set.

 

Cerca l'ampiezza contro il dritto del francese, il campo di Monfils diventa più largo e più alto e l'aggressività rimane confinata nel cassetto delle buone intenzioni. I progressi di Thiem, il senso del lavoro con Massu e i benefici di aver scelto una figura antitetica rispetto a Bresnik, in campo si vedono. Sceglie e non lascia che siano gli altri, avversari compresi, a decidere il pattern della partita. Comunica la stessa passione di Massu, che deriva la sua forza dal nonno Ladislao Fried, immigrato ungherese scampato all'olocausto, scomparso nel 2012.

Può darsi che nel suo ruolo di motivatore il suo effetto duri poco, che “per essere un buon coach non basta essere un cheerleader” come ha detto Larry Stefanki. La bella amicizia con il cileno comunque finora funziona. Cambia lo spirito e cambia il gioco.

 

Anche Smith avrebbe voluto produrre lo stesso effetto nell'atteggiamento di Monfils. Secondo il suo coach, La Monf non si sente abbastanza convinto da scendere a rete più spesso anche se avrebbe la sensibilità di tocco per farlo con effetti positivi. Hanno lavorato, spiegava qualche tempo fa, sul gioco di gambe, la posizione in campo e su una transizione verso rete che non lo renda troppo esposto ai passanti.

Tuttavia, applicare questo piano diventa via via più complesso. Monfils si muove male verso sinistra, si ritrova spesso a giocare di rovescio in affanno, lontano dalla palla. È arrivato agli ottavi senza perdere un set, sotto traccia. E di fatto sotto traccia se ne va.

 

Lascia un'impressione di impotenza, una scia di malinconico rimpianto. Lascia il proscenio a Thiem, pronto alla maratona, a cui è servito solo un pomeriggio normale. Un giorno come gli altri al lavoro, e niente di più.

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