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Al Foro Italico Nadal si impone per la nona volta. Nella finale dei 76esimi Internazionali BNL d'Italia batte in tre set un Novak Djokovic non al meglio. E magari la rivincita sarà proprio al Roland Garros
di Alessandro Mastroluca | 19 maggio 2019
La volée affannata sul match point è la fotografia della partita. A Novak Djokovic, che ha giocato cinque ore e mezza nelle sole ultime due partite per arrivare in finale agli Internazionali BNL d'Italia, non sono rimaste sufficienti energie per reggere a una terza maratona. Così, dopo due ore e 25 minuti, si alzano le bandiere spagnole per il nono trionfo a Roma di Rafa Nadal. Chiude 6-0 4-6 6-1, serve meglio e risponde meglio. Vince 25 punti in più negli scambi sopra i cinque colpi e conquista il 34mo Masters 1000 su 50 finali.
Roma riscopre un campione che al Foro ha iniziato una storia di grandezza e di sudore. Ha raccontato la passione e l'educazione, la sofferenza come valore per raggiungere l'essenza. L'aria di giovanile esuberanza, le bandane, i pantaloni sotto al ginocchio, lo smanicato delle prime finali a Roma gli davano quell'aria di "campione operaio" che hanno favorito l'empatia, l'identificazione dei tifosi anche per reazione allo stile Federer. Dal look urbano e fluo alla maglietta azzurra con bandana arancio si delinea il senso di un giocatore che ha dimostrato come pochi la disponibilità a far evolvere il suo stile come cambia il fisico, come passa il tempo.
Nadal agita lo spumante a favore di telecamera così come aveva fatto Guga Kuerten, premiato con la Racchetta d'Oro e lì dietro di lui, dopo il suo unico trionfo a Roma, nel 1999. Nadal si ritrova a Roma, il Foro riabbraccia il campione al primo titolo del 2019. Lui e Djokovic, quattro volte vincitore agli Internazionali BNL d'Italia, si sono spartiti 13 degli ultimi 15 titoli al Foro. Nadal, al decimo successo in 31 sfide dal 2011, ha battuto Djokovic per la 17ma volta sulla terra battuta e vinto almeno un torneo per la sedicesima stagione di fila. In 14 delle ultime quindici (escluso il 2015) si è presentato al Roland Garros con almeno un successo precedente sulla terra rossa europea.
"Grazie a tutti" dice Djokovic in italiano durante la cerimonia di premiazione. "Non voglio parlare di stanchezza, oggi Rafa era troppo forte, complimenti a te e alla tua squadra, Io sono riuscito a riprendere un set, spero che comunque vi siate divertiti. Qui a Roma mi sento come a casa, ogni anno parlo un po' più italiano". Di sicuro, a giudicare dal primo piano, si è divertito Fiorello presente sul Centrale.
Col dritto Nadal fa quel che vuole, Nole in una mezz'oretta incassa il primo 6-0 dal quarto di finale del Roland Garros 2017 contro Dominic Thiem. E' il primo in 142 set nella storia della loro rivalità.
In condizioni di stanchezza, e dopo la semifinale Djokovic si reggeva in piedi con l'equilibrio precario del sonnambulo, l'inizio è il momento più duro. Serve rompere il fiato, poi via via la muscolatura si scalda, si scioglie dalla rigida legnosità dei primi game.
Sul 3-3 Djokovic in versione bandolero stanco tira uno smash a mezza rete. Un altro, ma allora lo sbagliò di un metro, gli costò la partita al Roland Garros del 2013. Stavolta va "solo" sotto 0-40. Rafa sbaglia tre risposte non proprio impossibili, Nole raddrizza un settimo game in cui, per la prima volta dall'inizio del match, lo spagnolo non è così rapido a prendere l'iniziativa e allunga la fase di manovra.
Però subisce il break al primo game da 40-30 e continua a intestardirsi nella ricerca di una palla corta di rovescio lungolinea che non gli riesce dall'inizio del match. Questione di timing, questione di feeling. Dettagli, frazioni di secondo, battiti che scavano la distanza fra la vittoria e la sconfitta. In una domenica sospesa tra un sole testardo e nuvole spesse, la Roma delle rovine maestose e del tempo sospeso, la Roma caput mundi città dell'anima e della storia, riscopre un'icona che le somiglia, che in lei si rispecchia. Ha cercato e trovato nuovi orizzonti senza mai smettere di essere profondamente Rafa Nadal.
Al Roland Garros, che si è piegato all'arrivo della modernità e accettato di spostare le serre allargando l'impianto, resta probabilmente il favorito numero 1. "Sulla terra rossa lo sarà sempre" diceva Djokovic qualche tempo fa. Ma non ha più l'aura dell'imbattibilità, come ha detto Stefanos Tsitsipas dopo averci perso in semifinale. La missione è difficile ma non impossibile. Saranno attimi di gloria, come nella Parigi di Paolo Conte ,saranno "parole, luce di pioggia e luce di conquista". Tra futuro e moderno.