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Verdasco è l’eterno secondo mancino di Spagna, ha vinto meno di quello che sperava e non è grande amico di Nadal (“Non andiamo a cena insieme”). A 35 anni si è rimesso a lavorare sodo e ieri ha battuto Dominic Thiem. La sfida di Roma è una grande occasione di rivincita
di Vincenzo Martucci | 17 maggio 2019
I vincitori morali dello storico giovedì al Foro Italico sono diversi. Il più diverso è Fernando Verdasco che ha superato la mattina Dominic Thiem e il pomeriggio Karel Khachanov. Uno dei campioni imperfetti che non hanno raccolto le briciole lasciate dai Fab Four, perché quelle se le sono prese gli omoni, volenterosi Wawrinka, Del Potro e Cilic. Gli imperfetti hanno ricevuto pacche sulle spalle, applausi alternati a fischi, risolini e faccine di consolazione e anche di scherno da parte di amici, nemici ed appassionati di tennis che il talento non ce l’hanno e glielo invidiano.
Fernando Verdasco è il secondo mancino di Spagna dopo Rafa Nadal, che affronta oggi con la vivissima speranza di fargli il quarto sgambetto stagionale sulla sua amatissima terra rossa. Dopo Montecarlo, Barcellona e Madrid. Non gli manca alcunché, dal talento al fisico, dall’esperienza alla personalità, ma certo i risultati non sono stati così eccezionali: si è aggiudicato 7 tornei del circuito, è stato al massimo 7 della classifica, ha toccato al massimo i quarti nello Slam (a Wimbledon e Us Open), ha firmato tre coppe Davis. Dalla cattedra di campione, Rafa docet: “Ha fatto la sua bella carriera, vincere tornei e vincere quelli più importanti è molto difficile. Fernando ha un grande potenziale, ma c’è tanta gente che può giocare molto bene. Ha avuto le chances di vincere cose più importanti anche lui. Ma è sempre dura, anche per un grande giocatore pericoloso per tutti quando gioca bene”.
E in questi primi mesi del 2019, “Nando”, a 35 anni - più anziano nella top ten dopo Federer - ha ritrovato la voglia di sacrificarsi e quindi allenarsi, ed è arrivato spesso pronto alla gara. Nato ricco, coi genitori ristoratori di successo, non è stato sempre così diligente. Tanto da scoraggiare persino il guru di Andre Agassi, Gil Reyes. Ma, in inverno, si è allenato nella sua casa di Doha, col nuovo coach, Quino Munoz Hernandez, ex pro spagnolo che nel 2017 si è ritirato a ben 43 anni, e i meccanici del fisico, Diego Dinomo e Chema Castillo.
“Ho fatto davvero una bella preparazione, che mi ha dato la benzina per questa stagione, e ora se ne vedono i risultati”. Ma, soprattutto, dopo la nascita del primo figlio, Miguel, a marzo, ha fatto un richiamo fondamentale: “Ho lavorato duro fra Montecarlo e Barcellona, mi ero sentito fuori ritmo, dopo le cinque settimane fuori per la famiglia, e il non aver giocato Indian Wells e Miami. L’allenamento non mi bastava, dovevo tornare in palestra e passare più ore in campo”.
A fargli coraggio, c’era il clamoroso 3-0 nel precedenti con Thiem che soffre il suo dritto mancino carico di top, c‘era quel 6-4 6-0 che gli aveva rifilato l’anno scorso sulla terra di Rio. Souvenir fondamentali per la sua fiducia. E lo stesso, contro il potente russo, a rincuorarlo, c’era il freschissimo ricordo del successo di Madrid, per 7-5 al terzo set. E contro Rafa? “Non siamo così amici da andare tutte le sere a ristorante”, puntualizza Verdasco non smentendo la spiccata ed evidente rivalità. Nè dimenticando i tanti bocconi amari che “Nando” dall’uno-due, servizio-dritto, davvero di primissima qualità, ha dovuto ingoiare contro il più forte tennista di Spagna di sempre.
Nando ha battuto Rafa solo 3 volte su 19 che si sono affrontati e spesso, molto spesso con occasioni, con battaglie all’ultimo sangue. Come quella vinta agli Australian Open 2016, andando a ritroso nel tempo, come quella persa con tre tie-break a Cincinnati 2011, come quell’altra, epica, sempre persa, nelle semifinali degli Australian Open 2009, come quell’altra ancora, persa ancora, sull’erba del Queen’s nel 2006.
E’ il momento della rivincita?