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Campioni next gen

Demon sta arrivando, garantisce Hewitt

Alex De Minaur, Next Gen australiano per la prima volta negli ottavi a uno Slam, è 'sponsorizzato' dall'ex numero 1 del mondo. E forse non è un caso: in comune hanno determinazione e carattere per sopperire alla distanza coi bombardieri del Tour

di | 12 settembre 2019

Alex De Minaur

“Essere giovani aiuta. Ma devi credere che meriti di essere dove sei. Devi continuare a spingere”. Parole e musica di Alex De Minaur, il “Next Gen” australiano dal gioco brillante, aggressivo e solido al tempo stesso. Vent’anni, già numero 24 del ranking Atp, nel 2019 ha messo le mani su due titoli del circuito maggiore (Sydney e Atlanta), regalandosi a Flushing Meadows i suoi primi ottavi di finale in un torneo dello Slam grazie al successo su Kei Nishikori, prima di arrendersi in tre set a un ritrovato Grigor Dimitrov. Un anno da incorniciare, con tanti traguardi ancora da raggiungere.

Tra Australia e Spagna

La storia di Alex De Minaur inizia a Sydney, non a caso una delle città più multiculturali del mondo, il 17 febbraio del 1999. Papà Anibal, uruguaiano, è il proprietario di un autolavaggio; mamma Esther, invece, è spagnola, casalinga premurosa ricca di attenzioni per Alex e i suoi quattro fratelli.
Nel 2004 tutta la famiglia si trasferisce in Spagna, ad Alicante, dove il piccolo “Demon” prosegue la sua formazione tennistica iniziata all’età di quattro anni. La carriera Junior è ricca di soddisfazioni e lascia già intravedere tutte le potenzialità di un vero e proprio baby fenomeno.
Australia e Spagna, due universi agli antipodi nel modo di essere e di vivere la vita. De Minaur prende il meglio dall’uno e dall’altro, iniziando pian piano a costruire il futuro.
Nel 2015 corona un primo grande sogno, giocando la Davis Cup Junior con la sua nazionale proprio a Madrid. L’anno successivo si aggiudica il titolo di doppio Under 18 nello Slam di casa, in coppia con Blake Ellis, quindi raggiunge la finale a Wimbledon juniores dove viene sconfitto in rimonta da Denis Shapovalov.

Il tatuaggio: 109

Cuore, grinta e un’attitudine al match fuori dal comune. Doti, queste, che di certo non potevano passare inosservate a una leggenda del tennis australiano come Lleyton Hewitt.
“Ci siamo conosciuti - spiega Alex - al Roland Garros nel 2016. Stavo giocando il torneo Juniores e abbiamo avuto l’occasione di condividere alcune giornate. A fine anno mi sono allenato con lui per preparare al meglio gli Australian Open. Due settimane intense, ricche di spunti umani e professionali. Gli sarò grato per sempre”.
Idolo d'infanzia e ora capitano di Davis, il rapporto tra il passato ed il presente del tennis down under è uno dei punti di forza del nativo di Sydney. Solido, regolare e con un rovescio fulminante, lo stile di gioco di De Minaur ricorda per larghi tratti quello di “Rusty”, simbolo di un Paese ancora in attesa di raccoglierne la pesante eredità. Difesa e contrattacco, in nome di uno spirito patriottico senza eguali.
L’esordio nella massima competizione mondiale a squadre lascia un segno indelebile nel cuore e sulla pelle. Con la sconfitta in cinque set patita da Alexander Zverev sul cemento della Pat Rafter Arena di Brisbane, Alex diventa il giocatore numero 109 a rappresentare l’Australia in Coppa Davis. Un numero, il 109, oggi tatuato sul petto del 'canguro' giramondo.

Sempre più in alto

Appassionato di sport a 360°, De Minaur è un grandissimo tifoso dei New South Wales Waratahs di rugby. “Seguo sempre il rugby quando posso, sono stati Matt Reid e Jordan Thompson a farmici avvicinare. Ogni anno in Australia si disputa lo State of Origin, un torneo che vede contrapposte le squadre del Queensland e del Nuovo Galles del Sud. È una disciplina affascinante, una vera e propria fonte di ispirazione".
Rugby sì, ma anche golf e calcio. “Probabilmente se non avessi giocato a tennis mi sarei dedicato al golf. Il calcio? Mi piace e tifo per il Real Madrid, come mia madre”. Giorno dopo giorno, tassello dopo tassello, “Demon” cresce e impara con lo sguardo rivolto al futuro.
“Non sarò mai felice di essere dove sono – ha dichiarato al sito dell’Atp – perché voglio salire sempre più in alto. Il mio spirito competitivo mi spinge a lavorare e a cercare di migliorarmi sempre, traendo il massimo da ogni esperienza”. Un ragazzo con i piedi per terra ma che sa benissimo in che direzione andare.

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