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Musetti, riecco Alcaraz: che incrocio delicato per entrambi…

Nella finale di Amburgo del luglio dell’anno scorso Lorenzo batteva Carlos giocando quel tennis sfrontato e brioso che sta cercando di recuperare. Lo spagnolo rientra dopo la delusione di New York e non può già essere al meglio

di | 30 settembre 2023

Quattordici mesi fa, Lorenzo Musetti si sentiva più Magnifico che mai, pronto a salire sulla trama di lancio di chissà quale avventura verso chissà quali altezze della classifica mondiale e dei tornei più importanti. Quattordici mesi fa il braccio d’oro di Carrara batteva Carlos Alcaraz nella finale di Amburgo aggiudicandosi il primo titolo ATP.

Quattordici mesi dopo è transitato anche per la troppo netta rivincita dello spagnolo, a maggio al Roland Garros, e la sua esplosione ha subito qualche intoppo normale - di crescita personale, fisica e tattica - fermando un po’ le ambizioni giustamente importanti dell’allievo di Simone Tartarini. E il nuovo confronto a Pechino col numero 2 del mondo (diretta SuperTennis e SuperTenniX) si prospetta come un test molto importante per verificare lo stato dei lavori del giocatore in prospettiva top 10.

Musetti e Alcaraz, che finale ad Amburgo!

SLANCIO

Musetti edizione 2022 era carico e sfrontato: battendo Norbert Gombos a Bratislava nel match decisivo aveva salvato l’Italia all’esordio in coppa Davis, dopo le buone prove a Montecarlo e Barcellona, sempre stoppato dal più solido Schwartzman ma dopo aver battuto gente forte come Aliassime, Baez ed Evans, a Madrid aveva passato le qualificazioni e s’era preso lo scalpo di Korda prima di ritirarsi, stremato, contro Zverev e dover rinunciare a Roma, ma al Roland Garros aveva portato al quinto Tsitsipas, cedendo ancora da due set a zero, come già contro Djokovic nel  2021, s’era rinfrescato vincendo il Challenger di Forlì. E dopo l’ardua erba, tornato sulla prediletta terra rossa, aveva firmato l’impresa di Amburgo infilando Lajovic, Ruusuvuori, Davidovich Fokina, Cerundolo e appunto Alcaraz, per 6-4 6-7 6-4.

SICUREZZA

Il gioco di geniale transizione difesa-attacco di Lorenzo è delicatissimo e si usa sulla sicurezza nei propri colpi che baciano le righe. Un gioco che si è riacceso a Napoli, per domare in finale l’amico Matteo Berrettini, ma che poi ha evidenziato tanti punti deboli: primo fra tutti la fatica cui è sottoposto l’azzurro ad ogni scambio, partendo d così indietro sul campo, avendo sempre bisogno di qualche colpo per dettare il ritmo, senza poter contare su colpi fagioli come i più forti. A cominciare dalla prima di servizio, buona, a tratti buonissima, ma troppo altalenante. Così si spiega l’amaro ko d’acchito di Melbourne al quinto set contro Lloyd Harris, match che avrebbe potuto invece infondere al carrarino quella fiducia di cui ha assolutamente bisogno.

Ha poi sbagliato a indirizzarsi sulla terra sudamericana, dove ha rimediato solo delusioni. Come prevedibile, s’è ripreso per quella europea, a Montecarlo, dov’ha fermato addirittura un Novak Djokovic imbastito dalla preparazione ma pur sempre Djokovic, per poi però sbattere la faccia nei quarti contro la solida professionalità dell’amico Jannik Sinner.

Ha poi dato spettacolo a Barcellona battendo Norrie e cedendo in semifinale a Tsitsipas solo al terzo set. L’avversario col quale si è fermato anche a Roma, dopo i bei successi sull’emergente Arnaldi e sul tignoso Tiafoe.

Mentre al Roland Garros è uscito di scena al quarto turno, senza praticamente mai entrare in partita contro Alcaraz, forse confuso sulla tattica o comunque stanco mentalmente dai match contro Mikael Ymer, Schevchenko e Norrie. Poi ha trovato un po’ di stabilità arrivando al terzo turno a Stoccarda, Queen’s, Wimbledon, Baastad, Amburgo, Toronto. Negli Slam ha avuto un’altra brutta battuta d’arresto a New York battuto in 5 set da Droguet, e quel può di fiducia che aveva ritrovato superando Rinderknech a Chengdu l’ha persa contro Safiullin. Ancora in difficoltà nei primi colpi dello scambio, servizio-risposta, per poter poi accelerare e alleggerire il suo gioco-champagne.

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MUSETTI, SVOLTA A PECHINO

Ecco perché, dopo le sconfitte contro i più forti e il vizietto proprio di restare troppo indietro e non riuscire a prendere subito in mano il gioco, l’incrocio con Alcaraz, avversario di nome che ha già battuto in un match importante come la finale dell’anno scorso ad Amburgo, assume un significato molto importante per Musetti. Sperando, come prima cosa, che lo viva in modo diametralmente opposto di quello di Parigi, con il rispetto che il 18 del mondo deve al 2, ma anche con la determinazione di chi non ha nulla da perdere, senza paure e perplessità.

Semplicemente spingendo e conquistandosi le occasioni per affondare i suoi magici colpi. Del resto, al di là del net non troverà un Carlitos così sicuro e in palla: anche l’allievo di Juan Carlos Ferrero ha problemi di gestione di sé stesso, del vasto armamentario tecnico, dalla testardaggine nell’effettuare certi colpi precisi e dell’euforia fanciullesca che ancora lo coglie a tratti facendogli scegliere lo spettacolo all’essenzialità. Anche lui, dopo il secondo urrà Slam a Wimbledon, battendo Djokovic, pensava ormai di essere pronto per chissà cosa, invece sul cemento ha deluso, contro Paul a Toorno, contro Novak a Cincinnati dopo una battaglia fisica che era convinto di poter vincere dopo l’altra batosta fisica di Parigi, quindi agli US Open, da campione uscente, nella semifinale contro Medvedev. Al rientro non può già essere a puntino, mentre Musetti qualche partita in più nelle gambe ce l’ha.

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