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Lavoro, scelte, comportamento: impariamo dal nostro Jannik che cerca sempre se stesso

A Torino, Sinner sta dando una lezione all’Italia tutta, dimostrando come un ragazzo di 22 anni possa indicare la strada ideale per raggiungere i propri obiettivi

di | 16 novembre 2023

Jannik Sinner

Impariamo dai nostri ragazzi. Impariamo da Jannik Sinner. Ci sta insegnando tanto, a tutti, dai ciechi tifosi ai fenomeni da tastiera social, dai media ai dirigenti, ai suoi colleghi tennisti, agli stessi allenatori, fors’anche ai suoi genitori. Guardiamolo, studiamolo, non aduliamolo, non idolatriamolo come l’ultimo salvatore della patria, chiediamoci se non saremmo tutti migliori - noi e i nostri figli, il nostro vicino di banco e d’ufficio - se seguissimo il suo mantra. Che poi è semplice, genuino, diretto, onesto, positivo.

Il Profeta del Rinascimento tennistico italiano si sveglia tutti i giorni col sorriso, felice di potersi allenare per migliorarsi e crescere come uomo, come atleta e quindi, come logica conseguenza, nei risultati. Che sicuramente arriveranno. Non storcete il naso, non protestate: “Fa presto lui, a 22 anni, con tutte le energie psico-fisiche della sua bella età e lo spirito immacolato, senza i graffi della vita, gli sgambetti del destino, i tradimenti dei presunti amici, abbandoni, fughe, errori, rimpianti, rimorsi, tragedie, accetera, eccetera”. Proviamo a pensare alla Sinner, invece di inseguire guru, santoni, oroscopi e zingarate, e soluzioni miracolose, se non addirittura sotterfugi, imbrogli e bugie. Ai nostri giovani indichiamo come esempio lui e non gli influencer, gli arrampicatori sociali e i furbetti. Perché Jannik dai 13 anni, quando ha abbandonato le sicurezza di casa, sulle sue montagne, col suo sci e gli amici, ci sta dando una lezione importante.

LAVORO
Il suo culto del lavoro, dell’applicazione, unica via per progredire, è qualcosa che avevamo intuito già in tanti campioni ma che in realtà non era mai stata una verità primaria. Forse perché il personaggio, da Alberto Tomba a Valentino Rossi alla stessa Federica Pellegrini, aveva preso subito il sopravvento, si era imposto davanti alla telecamera come un attore del cinema. Mascherando l’enorme lavoro che anche quelle star del nostro sport hanno sicuramente sostenuto in ore e ore di allenamento quotidiano, silenzioso e lontano dai riflettori.

Soprattutto nel tennis, siamo stati abituati piuttosto al campione show-man, che risolve il problema tecnico-tattico con un colpo di genio, la famosa “Veronica” di Adriano Panatta come le feline soluzioni di piè veloce Fabio Fognini, o oggi anche il magico rovescino a una mano di Lorenzo Musetti. Invece Sinner è concretezza, continuità, errori e magri cali cui segue subito però una reazione, cancellando il passato e guardando all’immediato futuro e a quello prossimo. Che poi dovrebbe essere l’obiettivo di tutti.

Jannik Sinner in azione (foto Sposito FITP)

STUDIO
Il lavoro è anche studio: del proprio corpo, per cominciare, testa compresa, per sublimare le proprie possibilità e ad andare oltre i limiti, o almeno provarci, sempre, continuamente, ponendosi mille domande. Un po’ come ha sempre fatto il numero 1 dei numeri 1, Novak Djokovic. Che, mentre la sua Belgrado era sotto le bombe della Nato, pensava a come si sarebbe allenato quando si fossero spente le sirene e, dal rifugio sarebbe scattato verso l’ex piscina riempita di terra. 

Costruendosi tutti i giorni, programmando passo dietro passo, seguendo la stessa via senza deragliare a ogni intoppo, Jannik è diventato Sinner. Chi l’ha visto a 16 anni mai avrebbe pensato che le sue gambette avrebbero un giorno sviluppato potenza e avrebbero alimentato una servizio da 200 all’ora. Chi, fino all’anno scorso, lo vedeva giocare, mai avrebbe immaginato che il suo gioco potesse avere un’evoluzione così completa, nei colpi e nell’attitudine offensiva. Non c’è niente di casuale: l’evoluzione è stata studiata e pianificata, e quindi seguita con un lavoro certosino che non si interrompe mai. E viene sostenuto e suffragato da test e riscontri tecnologici. 

Jannik Sinner (foto Sposito FITP)

SCELTE
Tutti dicono: che testa ha quel ragazzo così giovane e già così maturo? Ma il ragazzo, sicuramente dotato già di suo nel DNA e allevato ai valori più sani dei genitori, ha allenato anche la mente e continua a farlo. Non saprà del “Conosci te stesso” degli antichi greci, ma sa che è curioso di scoprirsi fino agli angoli più nascosti della sua mente  e, per farsi aiutare, anche questo campo così delicato, si appoggia agli specialisti più raffinati. Così come, nell’abbandonare il precettore Riccardo Piatti, proprio nel momento in cui pochi altri l’avrebbero fatto, nel primo vero anno sull’ATP Tour, si è subito rivolto alle persone più adatte, settore per settore, per farsi accompagnare nel modo più giusto e approfondito nella sua scalata al vertice. Creandosi un team coi controfiocchi. 

Lui, a differenza di tanti capi vanesi, egocentrici e deboli del nostro mondo, ha scelto gli specialisti, non i raccomandati e gli amici degli amici. Lui non è dovuto ricorrere al sub-appalto, come troppo spesso succede nella nostra società. Lui dà sempre il giusto riconoscimento a chi l’aiuta. Lui sarebbe il nostro datore di lavoro ideale, così illuminato ed intellettualmente onesto. Così capace di prendere decisioni anche difficili, senza mai scegliere il male minore e i ricatti del cosiddetto ambiente ma aspirando al massimo, prendendosi tutti i rischi anche di una scelta impopolare ma mirata, cosciente. Come  quella di rinunciare all’Olimpiade o alla coppa Davis, per rispettare il programma, il percorso stabilito verso un obiettivo designato. Odiando, sicuramente scorciatoie, alibi, scuse, lamenti, reazioni scomposte. Parole e sistemi che purtroppo fanno sempre più parte del nostro vivere comune.

Un primo piano di Jannik Sinner

COMPORTAMENTO
Tutto ciò porta all’esempio, a quel che vediamo sempre più evidente di questo ragazzo, alla lezione che dà ad adulatori, nani e ballerine che lo circondano sempre più. A Torino, con una città ai suoi piedi, in Italia, con una nazione che dibatte all’improvviso di dritti e volée come quando c’era Azzurra  e al bar disquisiva del boma, Jannik è rimasto presente a se stesso.

Approfitta, certo, di questa sensazionale spinta, ma la mitiga, la dirige, la gestisce col suo comportamento. Non l’aizza, non l’utilizza in modo malevolo per coprire errori e mancanze, anzi. Siamo certi che al primo eccesso prenderà il microfono e, per educando le masse, sempre eccessive nell’euforia e nella delusione, parlerà da vero Profeta. O almeno da quello che ci sceglieremo come tale. Serio, coscienzioso, onesto: impariamo da lui, un esempio positivo che ci viene dal tennis.

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