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Hall of Fame, c'è anche Leander Paes: "L'onore più grande"

La 'classe del 2024' ha portato tra gli eletti anche Vijay Amritraj e Richard Evans, ma in questo caso parliamo di due 'contributors', coloro che il tennis lo raccontano. Se consideriamo i giocatori, invece, i riflettori sono tutti per Paes, nato il 17 giugno 1973 e ritiratosi ufficialmente nel 2021, all'età di 48 anni

di | 21 luglio 2024

La storia si può fare in molti modi. Non serve necessariamente diventare numero 1 al mondo in singolare, diventare uno dei più conosciuti dal pubblico di tutto il pianeta. C'è chi la storia l'ha fatta passando per il doppio e per un tennis spettacolare ma fuori dal tempo. Leander Paes, per esempio, il primo atleta asiatico inserito nella Hall of Fame, quello speciale club che raduna chi è stato in grado di lasciare un'impronta indelebile nel microcosmo del tennis. La 'classe del 2024' ha portato tra gli eletti anche Vijay Amritraj e Richard Evans, ma in questo caso parliamo di due 'contributors', coloro che il tennis lo raccontano. Se consideriamo i giocatori, invece, i riflettori sono tutti per Paes, nato il 17 giugno 1973 e ritiratosi ufficialmente nel 2021, all'età di 48 anni.

“Per me – ha spiegato l'indiano in un'intervista rilasciata a Forbes – è l'onore più grande. Sono solo un ragazzo di Calcutta che è cresciuto giocando a cricket e a calcio per strada, e poi si è dedicato alla sua passione più grande: il tennis. La vera soddisfazione è aver tagliato questo traguardo per il mio Paese: il miliardo e 400 milioni di indiani oggi sono come nella Hall of Fame”.

E ancora: “Ho sempre sperato di poter emulare mio padre e conquistare una medaglia olimpica. Ma penso anche che il tennis sia lo sport più difficile di tutti, se speri di avere successo. Per questo, quando ho vinto la medaglia (di bronzo, ndr) ai Giochi di Atlanta, è stato il momento più speciale della mia carriera. Poter affiancare la mia medaglia a quella di mio padre è stato un onore, qualcosa di impagabile”.

Leander Paes è stato anche, indirettamente, protagonista di un caso letterario: 'Open', l'autobiografia di Andre Agassi. Il quale, in sostanza, si chiedeva come potesse vincere il buon Leander con quel tennis fatto di tocchi e carezze, così diverso da quello che lui aveva imparato a conoscere (e poi a eseguire). Eppure, l'indiano ha persino dato ragione, alla versione del Kid: “Nessuno – spiegava – è mai rimasto impressionato dai miei colpi da fondo. Io dovevo fare altro. Akhtar Ali (ex membro del team di Davis, ndr) mi aveva soprannominato ‘chalaaki’, l'astuto. Perché non facevo altro che fare drop shot e pallonetti”.

Con la sua astuzia – ma sarebbe più giusto chiamarla classe – Paes è riuscito a vincere la cifra impressionante di 18 titoli del Grande Slam in doppio, oltre appunto al un bronzo olimpico in singolare in quelle Olimpiadi americane di Atlanta. Nato in una famiglia di sportivi, ha avuto chance che in India tanti altri non potevano permettersi. Ma questa fortuna l'ha saputa coltivare, nel tempo, con una carriera lunghissima nella quale ha incrociato il destino di alcuni dei più grandi: Roger Federer, Pete Sampras (battuti entrambi nell'unico testa a testa), Martina Navratilova (con la quale ha vinto due Major), Martina Hingis (con la quale ha completato il career Slam).

In Davis ha esordito nel 1990, quando ancora non era maggiorenne, diventando poi un idolo per i connazionali. Ma senza essere amato proprio da tutti. La partnership interrotta (male) con Mahesh Bhupathi, in patria ha provocato polemiche roventi. E pure altri big del tennis indiano, Sania Mirza e Rohan Bopanna, con Paes non hanno mai avuto un gran rapporto. Anche se a sentire l'interessato, la colpa non è certo sua.

“Il tennis mi ha insegnato quasi tutto, della vita. Mi ha insegnato come funziona una partnership. In 38 anni di carriera, ho avuto 194 compagni diversi nel doppio maschile, 26 compagne nel misto. Per questo, credo di poter dire di aver raggiunto i miei obiettivi e di aver ispirato le future generazioni di giocatori. Se ce l'ho fatta io, un ragazzino che giocava a cricket e a calcio per strada, ce la possono fare anche quelli che sono accompagnati da grandi sogni e da tanta voglia di realizzarli”.

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