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Fenomenologia di Bellucci, mancino fuori dal coro

Con i quarti di Atlanta prima, e la qualificazione e il secondo turno a Washington poi, Bellucci si è avvicinato in maniera sensibile al suo sogno: top 100 Atp. Oggi è 114 e con 517 punti all'attivo gliene mancano una settantina per tagliare il traguardo

di | 06 agosto 2024

Qualcuno fuori dal coro c'è, c'è sempre. E se essere un 'outlier', nel tennis, significa essere un po' come Mattia Bellucci, allora vale la pena di faticare un po' di più per arrivare. Vale la pena di sentirsi un po' diversi dai colleghi e prendersi i propri tempi. Che poi, a voler ben guardare, Mattia da Busto Arsizio di anni ne ha appena 23, pochissimi. Il problema (relativo) è che nell'età dell'oro del nostro tennis pare che di fenomeni di quell'età (o meno) ce ne siano già parecchi. Oggi gli azzurri arrivano prima e meglio degli altri, in genere. Ma c'è anche chi va per strade più tortuose eppure bellissime.

Con i quarti di finale di Atlanta prima, e la qualificazione e il secondo turno a Washington poi, Bellucci si è avvicinato in maniera sensibile al suo sogno: top 100 Atp. Oggi è 114 e con 517 punti all'attivo gliene mancano una settantina per tagliare il traguardo. Nella Race, invece, Mattia è un po' più indietro, numero 153. Perché l'inizio di 2024 non era andato proprio secondo le attese. Proprio per questo, tuttavia, questo rimbalzo positivo degli ultimi mesi è qualcosa di particolarmente incoraggiante.

Vediamolo, allora, questo cambio di passo. Nel 175 di Torino il nostro perde al primo turno (pure piuttosto nettamente) di fronte a Francesco Maestrelli. Poi si presenta al Roland Garros, supera le qualificazioni e impegna Tiafoe all'esordio, cedendo in 5 set non senza rimpianti. Sull'erba, superficie che ancora in sostanza non conosce, Mattia trova la semifinale nel Challenger 125 di Nottingham e poi soprattutto la qualificazione a Wimbledon. Altri punti, altri soldi utili, altra fiducia. In particolare perché arriva un bel successo in 4 set su David Goffin, prima della maratona con Ben Shelton, vinta sì dall'americano, ma dopo 5 set e una serie di vicende che lasciano il segno. Bellucci, tuttavia, non è uno che si lascia andare per così poco. Al contrario, arriva il cemento e tra Atlanta e Washington mette in fila un quarto e un secondo turno, sempre partendo dalle quali. Che come inizio della stagione americana sugli hardcourt non è niente male.

Bellucci, nel tennis odierno, è un incanto. Sia per come gioca, con un repertorio classico e votato alla fantasia tipica dei mancini. Sia per come pensa. Gli fai una domanda che molti liquiderebbero con un sì o con un no, e lui comincia ad avventurarsi in pensieri per nulla banali, rispettando perfettamente – in questo – ciò che vediamo sul campo. Ecco: Mattia Bellucci spiegato in poche parole è l'antitesi della banalità. O se vogliamo l'antitesi del conformismo. In un mondo (anche quello del tennis) che cerca semplicità e sostanza, lui si è costruito puntando su complessità e immaginazione. Se l'altro ha più potenza di te, è più alto e più robusto, puoi sempre trovare un modo per metterlo in crisi. 

In tutto questo, la crescita di Bellucci sta anche in dettagli tecnici che invece mirano alla continuità. A quel famoso piano B di cui tutti, anche i migliori, hanno bisogno. Un esempio è il servizio, che è in progresso costante e che è persino straordinario per uno della sua statura.

Vedendolo danzare sui campi in cemento d'Oltreoceano viene quasi alla mente la storia di un normotipo come lui, il piemontese Cristiano Caratti, che all'inizio degli anni Novanta portò altra fantasia – per un periodo molto breve – dentro ai primi 30 giocatori del mondo. Diversi quasi in tutto sotto il profilo tecnico, condividono però quell'energia che trasforma il tennis in una sorta di danza. Che fa capire quanto le regole non scritte per arrivare al vertice siano confutabili da una buona dose di passione, intelligenza e perseveranza.

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