Behind the Racquet: che cosa c’è dietro alla racchetta

Le facce dei giocatori, nelle foto che compongono l’account Instagram @BehindTheRaquet, ma soprattutto le loro storie, le difficoltà e i sacrifici. Una testimonianza diretta dai protagonisti del tour. E dietro all’iniziativa c’è il giovane americano Noah Rubin

Noah Rubin, tennista statunitense, ha dato il via al progetto Behind The Raquet. Questa è la prima storia - la sua - postata sull'account dopo l'apertura. "La mia paura più grande è quella di deludere le persone che mi stanno vicino", ha esordito.

Il secondo contributo alla pagina arriva da Neto Escobedo, statunitense pure lui ma di origini messicane: "Le ho provate tutte contro la mia balbuzie negli anni... Questo è il motivo per cui ancora non parlo molto".

"L'aggressione che ho subito mi ha tolto la cosa più importante, l'amore per il tennis. La storia della mia aggressione - racconta Petra Kvitova su Behind the Racquet è brutta ma voglio che la gente sappia come ho fatto a recuperare"

Il grave infortunio alla schiena patito nel 2018 aveva tolto il sorriso ad Andrey Rublev: "Ero arrabbiato, mi chiedevo perché io fossi chiuso in casa mentre gli altri potevano continuare a migliorarsi giorno dopo giorno".

Ci sono storie di disagi e malattie gravi: depressione, per esempio. Come quella dell'americana Nicole Gibbs: "Ne ho sofferto fin dall'adolescenza. Non riuscivo a dirlo a nessuno: nel 2016, il miglior anno della mia carriera fin qui, ho scritto un post sul mio blog che ho sempre lasciato in bozza e che non ho mai pubblicato; diceva: 'sono seduta in uno spogliatoio molto frenetico, fissando la parete più vicina a me; ho un asciugamano avvolto intorno al viso, così che nessuno possa vedere le lacrime che mi scorrono sul viso. C'era un responsabile dell'anti-doping che cercava di capire quando sarebbe stato il momento giusto per chiedermi di compilare dei documenti: aspettò lì mezz'ora".

Un altro statunitense, Tennys Sandgren, ha condiviso con Behind the Racquet il difficile periodo della scomparsa del padre: "Ottobre 2011, ero appena diventato professionista e stavo giocando un Futures da 10 mila dollari in Texas. Ricevetti una telefonata in camera da mia madre, credo che una parte di me sia rimasta ancora lì, in quella stanza"

Dustin Brown, il giocoliere dreaddy, affronta invece il tema della diversità: "A certa gente non importa sapere chi sei o da dove vieni, gli basta sapere che sei 'diverso' e questo basta per far sì che ti prendano di mira".

C'è anche un pizzico d'Italia in Behind The Racquet, il canturino Andrea Arnaboldi spiega di come spesso sia difficoltoso apprezzare il vero valore di ciò che fa un atleta professionista: "Penso spesso al rapporto con il gioco, amo questo sport ma spesso mi ritrovo a pensare soltanto a vittorie e sconfitte, prize money, punti. Ci mettiamo addosso pressioni per essere Top 100 o Top 50... e non ci godiamo il momento".