Il Profilo
A vent’anni dal suo addio al tennis viene ricordato come uno dei più popolari di sempre, non solo perché ha vinto tantissimo, ma anche per quella fama da playboy che ne ha accompagnato tutta la carriera e anche i primi anni dopo il ritiro. Ma Boris Becker è stato soprattutto un tennista di altissimo livello, capace di vincere Wimbledon a 17 anni (record oggi impensabile) e di chiudere la carriera con sei titoli Slam nel palmarés, più Atp Finals, la vecchia Grand Slam Cup, due Coppa Davis e un oro olimpico in doppio.
L’unico grande traguardo che ha sempre fallito è il Roland Garros, su quella dannata terra rossa che non gli ha dato nemmeno uno dei suoi 49 titoli ATP, sparsi dal 1985 al 1996. Facile immaginare come il suo tennis funzionasse a meraviglia altrove, tipo sull’erba di una volta o sui mitici carpet di quegli anni, che ne esaltavano il tennis d’attacco, basato su uno dei primi servizi bomba, una mano educata e grande atleticità. Nel 2003 è stato introdotto nella Hall of Fame di Newport.
Dopo aver appeso la racchetta al chiodo, per anni l’unico contatto fra Becker e il tennis è stato il suo lavoro per la BBC durante il torneo di Wimbledon, e oltre a essersi lanciato un qualche attività imprenditoriale il tedesco ha provato la carriera nel poker sportivo, ottenendo discreti risultati. Dal 2013, invece, è tornato a tempo pieno nel mondo del tennis. È stato per stagioni coach di Novak Djokovic, ha iniziato a lavorare per Eurosport durante i tornei del Grande Slam e soprattutto è diventato responsabile del settore maschile per la DTB, la Federtennis tedesca.