Nel WTA 1000 negli Emirati Arabi Uniti, per la prima volta da Melbourne in campo tutte le prime quattro giocatrici del ranking. Le parole delle protagoniste alla vigilia dell’esordio
di Tiziana Tricarico | 19 febbraio 2024
A Dubai si ritrovano le prime quattro della classe, e non era più successo dopo l’Australian Open. Si rinnova il duello per lo scettro mondiale tra Iga Swiatek, reduce dal tris calato in quel di Doha (nel primo “1000” dell’anno), e Aryna Sabalenka, che dopo il trionfo bis di Melbourne si è presa tre settimane di pausa. Insieme a loro al via anche Coco Gauff, apparsa un po’ appannata dopo lo Slam Down Under, ed Elena Rybakina, che dopo la prematura e rocambolesca uscita di scena all’Australian Open ha vinto il “500” di Abu Dhabi ed è stata finalista a Doha.
Delle quattro chi ha più da perdere in termini di punti è Iga, finalista dodici mesi fa (stoppata da Krejcikova, assente in questa edizione) mentre Aryna deve difendere i quarti, Coco la semifinale ed Elena “solo” gli ottavi. E la vicinanza di due tornei così importanti come Doha e Dubai non aiuta chi partecipa ad entrambi, magari arrivando in fondo.
“Non c’è stata alcuna preparazione perché sono letteralmente appena arrivata - ha sottolineato Iga Swiatek nella solita conferenza stampa pre-torneo -. Ma ho l’esperienza dell’anno scorso, quando è andato tutto abbastanza bene, e non sono preoccupata. Direi che le condizioni meteorologiche sono un po’ diverse rispetto al Qatar: probabilmente è meno umido la sera, ma non credo onestamente che abbia importanza. Per ora mi concentrerò solo sulla prima partita. Il tris a Doha? È stato pazzesco. Onestamente, quando sono arrivato in Qatar un po’ ci stavo pensando e questo ha aumentato leggermente le mie aspettative e la pressione. Quando è successo, è stato semplicemente surreale e sorprendente. La vita da numero uno del ranking? Non c’è molto tempo libero perché c’è sempre qualcosa da fare, il tour è davvero intenso.
Cerco solo di cogliere ogni momento in cui ho un po' di pace, rimanendo nello stesso posto per un tempo più lungo, sì, per trovare un equilibrio. Credo di stare gestendo bene la pressione. Non uso molto i social media durante i tornei, pubblico solo le mie cose e basta. Quando inizi a vincere tanto è facile concentrarsi sulla parte commerciale di questo sport e perdere di vista ciò per cui sei effettivamente qui, il lavoro che dovresti svolgere. Ricordo che dopo aver vinto il mio primo Roland Garros, per circa due mesi, stavo davvero seguendo la strada sbagliata. Gli allenamenti non erano una priorità nel mio programma, nella mia testa: ricordo che il mio team dovette in un certo senso spingermi di nuovo sulla strada giusta”.
Si è presa tre settimane di stop per metabolizzare il suo secondo trionfo Slam, ma adesso Sabalenka è pronta a tornare in campo: “È stato un momento fantastico, ero super emozionata. L’anno scorso era stato il primo Slam, una sensazione nuova: quest’anno, come campionessa in carica, c’era una pressione diversa. Abbiamo celebrato la mia vittoria, la nostra vittoria: ci siamo divertiti così tanto. Ma oramai è già passato e devo concentrarmi sul presente - ha sottolineato Aryna -. Cos’è cambiato nell’ultima stagione? Non lo so. Ho avuto uno psicologo per quattro o cinque anni, abbiamo lavorato molto e mi ha aiutato molto. Anche se sono sempre alla ricerca di qualcosa che possa aiutarmi a controllarmi meglio: ho deciso però di iniziare ad assumermi la responsabilità e a non aspettare che qualcuno mi aiuti per aggiustare le cose. Nessuno ti conosce meglio di te: è difficile da spiegare perché è stato un processo lungo. Ho letto molti libri e ho lavorato con psicologi e penso che questo mi abbia dato molta più fiducia e molto più controllo. Un esempio? In questo momento mi ispira sentire questo genere di cose. So quanto sia difficile sistemare alcune cose nella vita, nel tennis. È fantastico sapere che, sistemando le tue cose, aiuti anche gli altri. Sono felice di essere un esempio. Sono felice di parlare. Sono felice di aiutare”.
Per la 25enne di Minsk si possono avere amiche nel tour: “Penso sia importante. Niente può anche aiutarti a gestire le tue emozioni come parlare con qualcuno. Con Paula (Badosa; ndr) Paula siamo d’accordo fin dall'inizio: in campo siamo avversarie, fuori siamo amiche. Lontano dal campo si può parlare di tutto. È un buon equilibrio di amicizia. Il futuro? La mia mentalità è continuare a fare quello che sto facendo, continuare a lottare, continuare a lavorare. E a fine carriera guardarmi indietro e pensare ‘Wow, sono riuscita a raggiungere questo obiettivo, pazzesco!’. Non sono il tipo di persona che vince qualcosa e poi si ferma: sono ‘dipendente dalle vittorie’. E’ semplicemente qualcosa che è nel mio sangue e continuo a farla, continuo a lavorare e, si spera, a vincere”.
La prematura uscita di scena a Doha ha permesso a Coco Gauff di arrivare in anticipo a Dubai e di potersi adattare al meglio: “Non vedo l’ora di trascorrere una bella settimana qui. La sconfitta in Qatar è stata solo ‘una cattiva giornata in ufficio’ - ha detto la statunitense -. A Dubai le condizioni sono particolari, credo che la superficie sia più veloce rispetto allo scorso anno e c’è parecchio vento, anche se non quanto in Florida in questo periodo. Anche se sono entrambe nel deserto le condizioni sono diverse rispetto a Doha dove si giocava prevalentemente di sera. Ho pero la partita perché ho giocato male, è stato il mio peggior match dell’anno. Ora voglio pensare una partita alla volta: ovviamente voglio sempre fare il massimo ma ho ancora così tanti anni davanti. Certo, vincere uno Slam un po’ il tuo programma.
Per quanto mi riguarda, sento che mi sto adattando sempre meglio alla vita del tour, giocando più tornei, cosa che fino a due anni fa non potevo fare per via delle restrizioni in base all’età. Dopo l’Australia avevo pensato di non giocare a Doha, ma dato che è un ‘1000’ l’ho fatto in quanto è obbligatorio. Personalmente penso che forse saltarne uno o due dovrebbe essere consentito, visto come è il nostro sport. Ma allo stesso tempo capisco il lato commerciale e quello mediatico: per promuovere il nostro sport vuoi tutte le migliori nello stesso evento - ha aggiunto -. Si tratta solo di adattarsi. Penso che alla fine le giocatrici dovrebbero semplicemente decidere cosa è meglio per loro e non pensare alla classifica o cose del genere. Alla fine spetta solo alla singola persona decidere cosa è importante.
La parità di montepremi tra uomini e donne? La cosa importante da sottolineare è che nella maggior parte degli sport al mondo la gente guarda più la partita maschile che quella femminile. Il problema è commercializzare meglio lo sport femminile, commercializzare meglio noi stesse. Penso che negli ultimi due anni si sia investito di più nel marketing degli sport femminili, e quindi c'è stata più capacità di guardare, osservare la gente. Penso che se continuiamo a investire negli sport femminili, i profitti saranno quasi pari a quelli degli uomini e si otterrà la stessa retribuzione. Noi siamo fortunate perché in gran parte dei tornei del tour, in particolare negli Slam, abbiamo la stessa retribuzione. Speriamo che il tennis possa essere il leader di tutto ciò e convertire anche altri sport”.