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Jelena Ostapenko, dopo il trionfo di Parigi del 1997 ha continuamente alternato prestazioni eccelse a cadute disastrose. Adesso sostiene di aver trovato il suo equilibrio grazie a uno psicologo che le ha fatto accettare se stessa…
di Vincenzo Martucci | 21 maggio 2025
La regina degli “up and down”, nello stesso game, nel match, nella stagione e nella carriera, Jelena Ostapenko, si presenta ancora una volta da outsider nel torneo dello Slam che ha vinto a sorpresa nel 1997 due giorni prima di compiere 20 anni. Soprattutto dopo la deludente prestazione degli ottavi di Roma, contro Jasmine Paolini, quando prometteva a ogni colpo sfracelli e invece poi sbagliava esecuzione, mancando le righe per eccesso, davanti alla battaglia di trincea che stava facendo la fantastica italiana.
Perché, inaffidabile e incostante nel Dna, la lettone che si esalta nel forcing ma non conosce pazienza e tenuta di nervi, quest’anno, ad Abu Dhabi, è uscita all’esordio contro Ons Jabeur - solo pallida sosia di quella di qualche anno fa -, e poi ha perso solo in finale a Doha, quindi a Dubai è stata eliminata ancora all’esordio dalla qualificata Moyuka Uchijima e così pure a Indian Wells ed a Miami, mentre a Charleston, passando dal cemento alla terra, dopo quattro ko consecutivi al primo ostacolo, si è arresa al secondo turno. “Ma ho vinto il doppio e questo mi ha restituito un po’ di fiducia”.
Dopo di che, infatti, ha vinto a sorpresa la prima tappa importante sul rosso europeo, a Stoccarda, infilando come un uragano, come fa lei quando è in palla, Yastremska, Navarro, Swiatek, Alexandrova e anche Sabalenka. Per poi tornare nell’anonimato, uscendo subito di scena a Madrid, e quindi deludendo anche al Foro Italico, sommersa da 47 errori gratuiti. Al Roland Garros, dove rimontò in finale la regina dell’epoca, Simona Halep, da un set e 3-0 sotto al secondo, ci arriva dopo aver riscaldato il motore per un’altra grande impresa o per collezionare un altro clamoroso scivolone?
AMMAZZA GRANDI
“Penko” si esalta nel grandi match, quindi contro grandi avversarie e nei grandi tornei, come sa bene Iga Swiatek, che ci ha perso 6 volte su 6. Altrimenti la sua concentrazione si disperde chissà dove. “Mi diverte battere grandi avversari e mostrare il mio miglior tennis. Direi che questo significa essere competitivi”. Perciò, per Parigi rilancia: “Non sottostimatemi. Sono sempre in grado di giocare bene sul rosso, so come muovermi e come scivolare. Ho solo bisogno di concentrarmi sulle cose che devo fare”.
Anche se non si può dire che la terra sia la sua superficie preferita, perché la campionessa di Wimbledon juniores, è arrivata in semifinale ai Championships dei pro e nei quarti negli altri due Slam sul cemento, e pure in doppio ha il suo buon curriculum titolo agli US Open, la finale a Melbourne e semifinali negli altri Majors. Quindi? Controcorrente a vita, sostiene: “Sinceramente, non mi piace molto quel tour post-Australia, non vedo l’ora che finisca”. Strano per una giocatrice poliedrica che torna a bussare alle porte delle top ten, da numero 18, dopo essere stata anche 5 nel marzo 2018. “Non è solo e sempre una questione di ranking. E’ più questione delle cose su cui sto lavorando”.
MENTALITA’
Come tutti i purosangue, per Jelena figlia di due ex atleti, e fino ai 12 anni pattinatrice su ghiaccio, Alona, come la chiamano parenti ed amici, per esprimersi al meglio ha bisogno di trovare subito buone sensazioni col torneo, e quindi con palle, campi e atmosfera. Questo le consente di salire il gradino successivo e quindi di trovare la mentalità giusta: "Perché il gioco per far bene l’ho sempre avuto”.
Il problema è sempre lì, la testa, soprattutto per la ragazza di Riga che l’8 giugno compie 28 anni: “Sto lavorando molto con una psicologa, prima ero molto dura con me stessa, perché sono una perfezionista. Perciò, ogni volta che perdevo un punto, ero davvero dispiaciuta e spesso arrabbiata. Ora mi sento un po’ più buona con me stessa e questo mi aiuta molto. Perché la cosa più importante è stare bene col proprio io. Solo allora arrivano i risultati”.
PROBLEMATICHE
Per Penko senza limiti il limite principale viene da se stessa: “Ti stanchi così tanto di viaggiare ogni settimana con fusi orari diversi… A volte ti senti esausta. Vorresti solo lasciare tutto e dire: 'Basta così'. Poi mi aiuto cercando di ricordare cosa ho realizzato, chi sono e anche quanto tempo ho dedicato a tutto questo. E sarebbe probabilmente triste per le persone che ho attorno e per me vedere tanto lavoro andare sprecato”.
Fiera di quello che rappresenta, anche per i suoi tifosi: “In generale, quando guardo lo sport, mi sono sempre piaciute le persone emotive, quelle che mostrano e condividono sempre le proprie emozioni. Altrimenti è così noioso guardare chi non si dà e non partecipa veramente, anche come reazioni a quel che succede in gara. Perciò sono sempre me stessa in campo. E penso che sia questo che piace alla gente di me”. Il suo idolo è Serena Williams: “E’ stata di gran lunga la migliore. Anche per le emozioni che ha esternato che ho amato tutte”.
Che versione vedremo di Penko a Parigi?