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I due cileni che amano l’uno-due pagano le condizioni diverse delle umide serata parigini che favoriscono Moutet e Bergs. Eppoi forse avevano anche la pancia piena e poca voglia dio combattere contro il muro più classico del tennis: il regolarista
di Vincenzo Martucci | 27 maggio 2024
Le cose cambiano. La settimana scorsa i cileni il gigante dal gran servizio e dai colpi perentori da fondo, Nicolas Jarry, e il mancino dal grande anticipo, Alejandro Tabilo, sono state le rivelazioni del Masters 1000 di Roma. Non un torneo qualsiasi, ma un appuntamento Doc, l’ultimo prima del Roland Garros, il terminale della stagione europea sulla terra rossa. Jarry, nipote di Fillol, e Alejandro, emulo di Marcelo Rios, hanno proprio caratterizzato il torneo, arrendendosi entrambe, solo sul filo di lana e solo a un campione di potenza, esperienza, qualità ed acume tattico come Sascha Zverev. Ebbene, subito dopo, sono crollati entrambe e subito, al primo ostacolo, contro avversari sulla carta non impossibili, molto lontani in classifica, come il rompiballe del circuito, Correntin Moutet, e Zizou Bergs, senza colpi definitivi. Come spiegare questi risultati? Sono o sono grandi sorprese in questo tennis che, al maschile, sta regalando sempre più sorprese?
Emblematicamente, la versione dei due cileni è stata diversa e lontana come il giorno e la notte. Non a caso. Perché, di giorno, col sole, la palla viaggia molto più veloce, mentre di notte, con l’umidità, sono favoriti gli incontristi, i piccoletti veloci, i difensori, quelli che amano scambiare e prolungare il palleggio, e vincono di resistenza, non certo di anticipo e potenza, esplosione e rischi.
Ecco quindi una prima indicazione di una spiegazione che, sulla carta, pare complicata. In queste condizioni tecniche, l’elefante Jarry non può schiacciare la formichina Moutet, fra l’altro mancina e di fantasia, gasata dal pubblico rumoroso e a tratti scorretto di Parigi, e anche dal precedente favorevole d’inizio stagione a Santiago, in casa del cileno, coi due tie-break strappati coi denti, irritando la folla e l’avversario fino al limite di una crisi di nervi. Le sue esplosioni da fondo sono frenate dall’aria e impattano contro la Maginot francese, trasformandosi in smorzate, lob, tagli sempre diversi, e quindi fatica extra per il pivot sudamericano. Destinato a spegnersi, sempre più, come testimonia il 6-0 del quarto set. Così come Alejandro dalle geniali e annichilenti vampate di servizio-dritto, che a Roma non trovavano risposta, valgono troppo di meno, si stemperano, si diluiscono, si disperdono negli scambi sempre più lunghi e duri, allontanandosi sempre più dagli amatissimi ed esaltanti uno-due. Esaltando il belga costruito in allenamento.
NERVI
Qualsiasi NC, qualsiasi terza categoria sa che il salto di qualità più importante nella sua evoluzione di giocatore passa per il superamento dei problemi psico-tecno-tattici che gli procura un regolarista, se volete denigrarlo e scadere al linguaggio da circolo, un “pallettaro”. Come fronteggiare quelle palle lente e alte che continuano a piombarti sul campo, pericolosissimi ami che sembrano chiederti solo di essere strappati e quindi picchiati con rabbia e potenza? Al contrario di quanto suggerisce l’istinto, la stanchezza, il ghigno che arriva di là del net dl nostro carnefice, quelle banderillas che si sommano alle banderillas senza soluzione, vanno gestite con cura, come mine antiuomo, accarezzate, accompagnate e quindi, solo dopo due-tre colpi interlocutori, disinnescate con un gesto secco e risolutore. Certo, ci vuole pazienza e determinazione. Ci vuole calma e voglia, enorme voglia di non dargliela vinta a quell’avversario che si nasconde come un cecchino e ci fa tanto male. E forse Jarry e Tabilo hanno lasciato Roma con la pancia troppo piena. Con la cattiveria agonistica ubriacata dalla “fiesta”.
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