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A 32 anni, il talento bulgaro sembra nella piena maturità anche come continuità fisica. Anche grazie ai Fab 3 e, dopo il successo di Brisbane, lo sta confermando a Melbourne
di Vincenzo Martucci | 18 gennaio 2024
Parlare di ritorno al vertice per Grigor Dimitrov è improprio. Grisha è sulla massima scena dei tennisti professionisti dal 2008 e ha sempre gravitato intorno ai primi della classe, raggiungendo l’acme al numero 3 del mondo il 20 novembre 2017 - all’indomani del successo più importante, alle Nitto ATP Finals - , poi ha continuato a filtrare coi top 10, pur con qualche scivolone, restando comunque nei top 30, stabilizzandosi come “potenziale top 10”, dai grandi mezzi tecno-fisici, dai tanti su e giù, dai pochi acuti, fino all’ultimo squillo.
A gennaio a Brisbane, nella sua finale ATP numero 18, ha firmato un nuovo titolo, il nono, dopo addirittura 7 anni, superando sotto il traguardo Rune e risalendo al numero 13 della classifica. Per poi allinearsi al via degli Australian Open allo Slam 52 consecutivo. Dove sta continuando a dare spettacolo più di prima, meglio di prima, anche a 32 anni. In quella che possiamo chiamare l’età della maturità.
Certo Brisbane è stata una tappa importante: “Rivincere un torneo è stata più come la mia ricerca personale. Non ho niente da dimostrare a nessuno, o per nessuno... ma dovevo dimostrare a me stesso cose che sapevo, dovevo ricordarmelo, e ovviamente sono felice di avere avuto l’opportunità di farlo”.
La vittoria aiuta, purifica persino: "Onestamente, mi sento molto più umile di prima, più umile che mai, e con gli anni e i tanti cambiamenti che ho fatto nel mio tennis e nella mia vita, mi sembra di iniziare ad essere di più a mio agio anche nella mia stessa pelle: che vinca o perda, penso sempre che comunque possano venire molte cose buone”.
Grigor Dimitrov blocks out the noise, holds his nerve and overcomes a fired-up Thanasi Kokkinakis to advance!
— #AusOpen (@AustralianOpen) January 18, 2024
He defeats the Aussie 6-3 6-2 4-6 6-4 to set up a third round date with Nuno Borges.@GrigorDimitrov • #AusOpen • @wwos • @espn • @eurosport • @wowowtennis pic.twitter.com/5wO2D2dQWy
Dopo aver superato in 4 set Marton Fucsovics all’esordio a Melbourne, il bulgaro che è da sempre fra i più ricercati dai cacciatori di selfie, gli uomini per il tennis classico, le donne per l’avvenenza, ha spiegato l’arcano: “Dovevo trovare un modo per lavorare in modo più intelligente e fare i punti, ho pensato a cos’altro potevo migliorare, non solo per il gioco ma soprattutto dovendo competere con tanti tipi di ragazzi più giovani, e quindi non solo con meno anni di me, anche con tutt'altre qualità e stili. Per rimettermi in carreggiata ho avuto bisogno di tempo e di lavoro, e mi sono dovuto preparare di test, di fisico e di tennis per trovare una alternativa valida”.
La gioia di Grigor Dimitrov all'Australian Open (Getty Images)
L’hanno sostenuto il talento, di tennis e di fisico, certo, e la visione, cioé la passione per lo sport: “L’unica vera certezza era il quadro più ampio. Sapevo che alla fine le cose sarebbero potute andare meglio. Sapevo che dovevo continuare a credere nel mio personale processo. Quindi c'erano piccoli passi che sentivo di dover fare ogni volta che scendevo in campo o in palestra e tutto il resto: dovevo affrontare le piccole convinzioni ogni singolo giorno”.
Il processo l’ha migliorato sotto ogni aspetto: “Mi ha spinto a mettermi in uno stato mentale migliore, in uno stato fisico migliore. Il problema non è mai stato il tennis. So di avere il gioco, ma dovevo capire e poi realizzare come metterlo insieme e farlo diventare solido per esprimermi con certezza non una o due volte ma con continuità. E ci è voluto tempo”.
Perché doveva combattere anche con se stesso: “Per un bel po’ di tempo avevo il gioco ma non avevo il fisico per esprimermi al meglio e partita dopo partita sul lungo periodo. Poi ad un certo punto avevo il fisico, la resistenza, le gambe, ma il mio gioco era un po’ fuori posto. E’ stato un adattamento costante”. Per arrivare a superare i 100 match vinti l’anno scorso, come non gli succedeva dal 2017. “Dovevo assicurarmi che il corpo mi stesse ascoltando, che non avessi avuto infortuni, che potessi essere più continuo, con più allenamenti e più partite. Perché puoi essere in forma quanto vuoi, ma niente sostituisce la partita. Quindi, poco a poco, goccia dopo goccia, eccomi qui”.
Australian Open, Dimitrov batte Kokkinakis: le statistiche del match
Un veterano come Dimitrov, peraltro così amato dai più, non subisce di certo le pressioni dall’esterno, anche contro un idolo locale come Thanasi Kokkinakis al quale nel secondo turno degli Australian Open concede appena un set, prima di confrontarsi con la sorpresa Borges. Forte di quell’esperienza che per lui è l’arma in più e invece per molti coetanei è stata una mannaia che gli ha mozzato ambizioni e carriera. “L’ho già detto e lo ripeto: non mi lamento di aver giocato nell’epoca dei Big 3. L’ho amato e non ci rinuncerei per nulla al mondo. Neanche se tornando indietro e vivendo in un altro momento vincessi più titoli. Sono molto, molto, felice così, perché l'esperienza che ho accumulato in questi anni giocando contro questi ragazzi, mio Dio, onestamente, dopo esperienze così, niente può spaventarti”.
Prometteva tanto, troppo, Grisha, da junior, quando somigliava talmente tanto a Roger Federer nel servizio, nel dritto, nel rovescio a una mano, nell’eleganza, persino nella camminata che gli affibbiarono il nomignolo di “Baby Fed”. Un’etichetta pesante almeno come il pedigree di campione under 18 di Wimbledon e US Open e numero 1 del mondo 2008. Il tempo è passato e soltanto 16 anni dopo Dimitrov si sente forse pronto: “Le cose sono andate troppo presto troppo in fretta”. Così come le pressioni, le delusioni, i dubbi, i rimpianti che l’hanno travolto. Ma adesso che non ci sono più i mostri in campo e dentro di sé? Dopo tre semifinali diverse negli Slam, guardando anche al tabellone…
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