

Carlos Alcaraz conquista Wimbledon per la prima volta in carriera al termine di una finale memorabile che può segnare il definitivo cambio della guardia
di Alessandro Mastroluca | 16 luglio 2023
Se c'è un posto dove scrivere la storia è il Centrale di Wimbledon. In tanti sono entrati sul campo-tempio leggendo i versi di Rudyard Kipling per cui puoi essere chiamato uomo se sai trattare trionfo e sconfitta nello stesso modo. Carlos Alcaraz, che l'ha fatto da sempre, anche prima di conoscere quei versi, ha celebrato un trionfo emblematico, di quelli per cui puoi essere chiamato campione. Ha battuto 16 76(7) 61 36 64 Novak Djokovic, campione nelle ultime quattro edizioni, che sul Centrale di Wimbledon aveva perso l'ultima volta quando Alcaraz andava alle elementari. L'ultimo game è un manifesto, una sintesi di personalità e qualità che spiegano perché Daniil Medvedev dopo averci perso in semifinale l'ha accostato ai Fab 3, a Djokovic, Federer e Nadal. Potrete vedere la finale alle 9.30 in chiaro su SuperTennis.
Alcaraz naviga attraverso quattro ore e mezza di partita in un pomeriggio di vento con mano ferma da skipper, aggirando le ombre e la tentazione di volare troppo alto quando la luce della gloria appare vicina. Chiude con il 70% di punti vinti al servizio con la prima, 66 vincenti a 32 e 45 gratuiti contro 40. In percentuale ottiene più punti in risposta di Djokovic, e contro il miglior interprete moderno della risposta nel tennis maschile non è proprio un dettaglio da poco.
Equilibrio e misura, sicurezza e giovanile assenza di timore rendono Alcaraz il terzo spagnolo a trionfare a Wimbledon dopo Manuel Santana nel 1966 e Rafael Nadal nel 2008 e 2010.
Il ventenne murciano alla distanza ha affermato la sua presenza scenica da campione contro il 36enne Djokovic, nella terza finale con la più alta differenza di età fra i protagonisti a Wimbledon nell'era Open. E resterà così numero 1 del mondo. Inizierà lunedì la sua 29ma settimana in vetta alla classifica mondiale.
Come contro Sinner, Djokovic si salva al servizio e piazza il break al primo game in risposta. Come a Parigi induce Alcaraz a forzare con il diritto in corsa. Lo spettacolo di una rivalità sportiva quasi da film attira chi di spettacolo se ne intende: spiccano sulle tribune del Centrale le star del cinema Brad Pitt e Daniel Craig, il volto dell'agente 007 che ha accompagnato la Regina Elisabetta II nella scena più memorabile della cerimonia d'apertura delle Olimpiadi di Londra 2012.
I primi game, tirati e durati complessivamente 19 minuti, li vince tutti Djokovic. Alcaraz non riesce a uscire dal ruolo della preda tesa e insieme rassegnata, impotente e frustrata, almeno fino alla fine del primo set. Poi cambia tutto.
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Alcaraz si scioglie e completa un break nel secondo game del secondo set: è il primo segnale di una musica diversa, di una partita che prende una dimensione differente. Ma Djokovic in risposta non lascia tranquillo nessuno, nemmeno il murciano che incassa il contro-break immediato (2-1). Il serbo, si sa, ha un approccio guerresco al gioco e alla carriera. Sentire il nemico, pensarsi contro, lo aiuta. "Sono solitario come il lupo che mi spaventò a 10 anni" aveva detto nell'intervista ad Aldo Cazzullo pubblicata a maggio sul Corriere della Sera.
Il nemico lo cerca anche nel pubblico, verso cui si rivolge con le mani a coppa intorno alle orecchie. Vuole sentirli meglio, sembra dire. Nole assorbe i fischi che diventano carburante dell'ambizione, fuoco di un desiderio inesausto di affermazione e rivincita. Anche se dopo un gran punto in allungo anche chi non lo ama cede all'ammirazione per il gesto e l'atletismo. Dalle tribune del Centrale sale un "Nole! Nole!" che lo sorprende e gli ruba un sorriso.
Alcaraz ci prova a stare in scena con la solita spavalderia, ma Djokovic ti induce a pensare di dover fare sempre di più, di andare oltre il confine, senza rete. Così anche un passante apparentemente comodo come quello che l'avrebbe potuto portare a due punti dal secondo set diventa una prova di personalità. Una prova che, temporaneamente, il murciano non supera.
Non è bocciato, però. Solo rimandato a settembre, o meglio al tie-break. Anche Nole, ammonito sul 4-5 dal giudice di sedia perché passa troppo tempo tra un punto e l'altro, regala.
Dal 6-5 in suo favore sbaglia due rovesci, sempre in rete, su due palle profonde ma non pesanti ed è set point Alcaraz. Quando va a servire sul 6-7, Nole fa serve and volley su una prima esterna piatta su cui Alcaraz infila una risposta lungolinea vincente. Di fatto nel tie-break si conferma quanto possa essere premiante la strategia con cui Rune ha vinto la partita a scacchi con Djokovic a Roma: ovvero colpire relativamente piano, lasciargli giocare palle senza peso su cui c'è da fare più fatica per spingere.
E di fatica Nole ne fa tantissima nel terzo set. Il riassunto, se di riassunto si può parlare, è racchiuso in un quarto game durato 25 minuti. Djokovic salva sei palle break, poi cade alla settima. Un set in un game, cruciale per importanza, durata e implicazioni. Alcaraz gioca il gioco di Djoker, e funziona. Batte Nole sul suo stesso terreno, quello della resistenza atletica, della geometria applicata al tennis, del potere della mente. I trentadue punti giocati racchiudono un cambio di marcia, segnano un punto di non ritorno.
Djokovic va sotto 4-1 e vince solo altri due punti da quel momento alla fine del set. Sul set point si consegna a un passante dal centro, gettandosi avanti a rete con poche speranze e ancor meno convinzione. Per la prima volta, le gambe di Djokovic sembra che girino a una velocità inferiore rispetto al solito e all'inizio del match.
A fine set va in bagno. Torna e va 0-30 sul servizio di Alcaraz, che però ormai padrone della scena fa quattro punti di fila e cancella ogni speranza di break in avvio. La trama della partita, però, resta densa di colpi di scena. Sul filo, Djokovic cammina ancora meglio del murciano. Alcaraz sul 2-2 serve male e sbaglia tanto. Nole va a prendersi il break e manda un bacio verso le tribune. Carlitos al cambio campo si sfoga prendendo il borsone delle racchette come punch. Inizia una fase di calo dello spagnolo che scivola, perde spinta con la prima e con il rovescio. Cede un nuovo break, nell'ultimo game del parziale, con il settimo doppio fallo della partita. La sedicesima finale tra numero 1 e numero 2 del mondo a Wimbledon nell'era Open si decide al quinto set.
A new name. A new reign. ????@carlosalcaraz, your 2023 Gentlemen's Singles champion#Wimbledon pic.twitter.com/3KNlRTOPhx
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E' qui che si misurano i campioni. E' qui che gli uomini forti concretizzano destini forti. Non è un caso che Alcaraz ne abbia vinti nove su dieci, e che l'unico capace di batterlo al quinto sia sempre Matteo Berrettini all'Australian Open del 2022. Djokovic, che non è riuscito a invertire la marcia e a far cadere il rivale, non perdeva un quinto set a Wimbledon dal 2006, contro Mario Ancic.
Il quinto set si apre con una piccola rivelazione per tifosi e avversari a cui fa di tutto per nascondere questa semplice verità: anche Nole è umano. Sulla palla break del possibile 2-0 chiude in un angolo Alcaraz ma stecca e affossa lo schiaffo al volo sul lob corto del murciano. E al terzo game il primo break è di Alcaraz, che vince uno scambio esaltante in cui cade, si rialza e giace avanti 2-1. Nole lancia la racchetta: la spacca e ammacca il paletto della rete del Centrale di Wimbledon, tra i fischi del pubblico. Ne riceve un secondo warning, ma non un punto di penalità.
#Djokovic broken. Trails 2-1 in the 5th.
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He crushed his racket on the wooden net post.
Wow. ??#wimbledon pic.twitter.com/yQGEP7oGKm
Alcaraz tiene le marce alte, allunga 5-3 con un ace di seconda, il nono della partita. Va a servire per il match sul 5-4, sbaglia una prima palla corta in uscita dal servizio ma ne gioca subito una seconda a cui segue un geometrico pallonetto. Mette solo prime, in tutto il game. Toglie a Djokovic ogni speranza. Scrive il suo destino in una domenica speciale. La domenica in cui più forte si comincia a sentire il vento del cambiamento.
"Complimenti a Carlos e al suo team - ha detto Djokovic dopo la finale -. Quando sei andato a servire per il match hai mostrato una grande qualità. Sai alzare il livello, mostrare giocate di peso nelle situazioni decisive. Meriti davvero questa vittoria. Pensavo che contro di te avrei avuto problemi sulla terra e sul cemento ma non sull'erba. Quest'anno la storia è diversa, ovviamente. E' straordinario quanto rapidamente ti sei adattato a questa superficie, è eccezionale quello che hai fatto al Queen's. Per quanto riguarda me, non mi piace mai perdere partite così ma ne ho vinte anche molte di partite tirate qui, come la finale del 2019 contro Roger"
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