A Barcellona, Paquito Navarro ha finalmente vinto il primo titolo del 2021, insieme a Martin Di Nenno, compagno sul quale ha investito a inizio stagione, traghettandolo in altissimo. È l’ennesima prova del carisma del giocatore di Siviglia, anni fa il primo spagnolo a spezzare l’egemonia degli argentini e che ora può tornare numero uno
di Marco Caldara | 28 settembre 2021
All’anagrafe è Francisco Navarro Compán, ma nel mondo del padel è semplicemente Paquito. Non serve neanche il cognome, basta il soprannome per identificare uno dei personaggi simbolo dello sport, per carisma, talento, capacità di infiammare gli spettatori e di portarli dentro alla partita, e anche di inventarsi delle giocate spesso difficili da pensare, ancor prima che da eseguire. Caratteristiche che l’hanno reso uno dei più amati dal pubblico di tutto il mondo, insieme a risultati sul campo di primissimo piano.
Dal 2014 in avanti il 32enne di Siviglia ha sempre vinto almeno un titolo del World Padel Tour, e ce l’ha finalmente fatta anche nel 2021 insieme al suo nuovo compagno Martin Di Nenno, sul quale ha voluto “investire” al termine della scorsa stagione. L’argentino era da tempo indicato fra i potenziali protagonisti, ma non era mai esploso del tutto. Paquito l’ha scelto, l’ha aspettato con pazienza, l’ha traghettato e finalmente i due sono riusciti a vincere il loro primo titolo a Barcellona, in uno degli eventi più prestigiosi dell’intero calendario.
La rincorsa è stata lunga: Navarro e Di Nenno erano arrivati in finale a Vigo, a Malaga e in Sardegna; avevano battuto tutte le coppie più forti del circuito (due volte Galan/Lebron, altrettante Belastegui/Gutierrez); ma non erano mai riusciti a completare l’ultimo step. Quello del Palau Sant Jordi, invece, è finalmente diventato il loro torneo, nel quale Navarro ha dimostrato a pieno il suo ruolo da “capitano” della coppia: capace di prendersi le responsabilità quando le cose non vanno, ma anche di lasciare spazio (e onore) al compagno quando se lo merita. Dopotutto, lui di titoli nel World Padel Tour ne aveva già vinti diciotto, Di Nenno zero, e la sua incredibile storia di superamento meritava tutte le attenzioni.
“Sono davvero colpito – ha detto Paquito – da ciò che è riuscito a fare, e super felice per lui. Dopo ciò che ha passato, vincere un titolo così importante è un’enorme prova di forza. Ho sempre pensato che sia nato per essere il migliore: senza essere il più alto, il più potente o il più veloce, lavora ogni giorno per superare i propri limiti. Ha la stoffa del numero uno, perché mentalmente è un fenomeno. È la chiave per eccellere in questo sport. Essere finalmente riusciti a vincere un titolo ci permette di abbattere una barriera mentale importante, e ci dà enorme fiducia. Ai prossimi eventi potremo finalmente giocare con più tranquillità”.
L’hanno dimostrato immediatamente a Lugo, dove si sono subito guadagnati una nuova finale. L’hanno persa, in tre set contro Galan/Lebron, ma dopo Barcellona era importante riconfermarsi subito e ci sono riusciti, a riprova del fatto che hanno ancora un’enorme fame di vittorie.
Grazie alla grande continuità di risultati trovata da inizio stagione, Navarro e Di Nenno sono la coppia numero 2 della Race stagionale, e – in virtù dell’addio fra Bela e Sanyo e dei punti raccolti a Lugo – all’Open di Minorca (in arrivo dal 4 ottobre) partiranno per la prima volta nel ruolo di seconde teste di serie. Un ulteriore vantaggio da provare a conservare, che può diventare prezioso in un’ultima parte di stagione nella quale hanno la possibilità di raggiungere altri risultati di spessore.
“Siamo due perfezionisti – ha detto ancora Navarro –, e non ci accontentiamo mai. Sin dall’inizio dell’anno, indipendentemente dal turno nel quale uscivamo di scena, non più di dieci minuti dopo la fine di una partita ci stavamo già confrontando per cercare delle soluzioni in vista del torneo successivo. Questo enorme desidero di migliorare e di vincere è quello che ci ha permesso di diventare subito una coppia molto pericolosa. I risultati dipendono anche dagli avversari, specialmente in una stagione come questa nella quale le coppie di altissimo livello sono tantissime, ma noi pensiamo solo a continuare a migliorare”.
Prima di essere protagonista con Di Nenno, Navarro lo è stato con altri compagni, in particolar modo con Sanyo Gutierrez (col quale ha vinto il Master Final nel 2016 e cinque tornei l’anno successivo) e poi con Juan Lebron. Ma soprattutto è stato il primo vero simbolo del padel nel suo paese, in uno sport fino a quel momento dominato dagli argentini, aprendo alla rivoluzione spagnola.
Oggi, infatti, con il duo Galan/Lebron è normale vedere la bandiera gialla e rossa in cima alla classifica mondiale, ma un tempo i piani alti del ranking erano solamente di competenza degli argentini. Navarro è stato il primo a rompere l’egemonia sudamericana, mostrando la via a tutti gli altri, compreso quel Juan Lebron che nel 2019 sarebbe poi diventato il primo spagnolo ad arrivare al numero uno del mondo, beffando lo stesso Paquito per qualche settimana proprio quando i due giocavano in coppia.
Ma di lì a poco ci sarebbe arrivato anche lui, che poi però nel 2020 ha incontrato più difficoltà del previsto insieme a Pablo Lima. Hanno vinto il primo torneo dell’anno, ma nei mesi seguenti è rimasto l’unico e così a fine stagione i due hanno deciso di dividere le loro strade. Lima si è unito ad Agustin Tapia, ma il progetto è durato poco malgrado due titoli, mentre Navarro/Di Nenno sembra una coppia destinata a durare.
In un padel che sta cambiando rapidamente, Navarro – che quest’anno ha vinto anche il titolo europeo, in coppia con Alex Ruiz – si inserisce nella generazione di mezzo. È un giocatore molto potente e che utilizza a dovere le sue doti atletiche, ma saprebbe dire la sua anche in un padel più classico.
“Ho iniziato con quello – ha detto –, quindi in qualche modo lo preferisco: era più tattico, si utilizzavano di più vibora e bandeja, e la potenza contava meno. Ma mi sono adattato volentieri al gioco di oggi, che risulta più spettacolare per chi guarda, e questo è un bene per il padel in generale. È più interessante da vedere, e in futuro richiederà una preparazione atletica sempre migliore. Mi piace, mentre sono meno d’accordo sulla scelta delle superfici, oggi tutte uguali. Mi piacerebbe di più un’alternanza tra campi: lenti, veloci, molto veloci. Renderebbe il tutto ancora più frizzante”.
La sua battaglia più famosa, però, è quella contro il “Punto de oro”: una novità – introdotta nel 2020 – che all’inizio ha spiazzato tutti, ma col tempo è stata digerita anche dai più forti. Tranne lui. “Non mi è mai piaciuto – spiega – e continua a non piacermi. Piacerà alla gente, ma io faccio il giocatore e parlo da giocatore: il mio sport è stato cambiato da un giorno all’altro, e certi cambiamenti regolamentari non li appoggerò mai”. Tuttavia, ciò che non è cambiato è la dimensione della sua carriera, che con Di Nenno ha trovato un nuovo impulso. Destinato a dargli tante altre soddisfazioni.