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Fin dalla nascita della coppia, a traghettare i numeri uno Ale Galan e Juan Lebron c’è Mariano Amat, uno dei coach più noti nell’universo del padel. Migrato dall’Argentina nel pieno della crisi economica di vent’anni fa, spetta a lui il compito di smorzare gli animi quando si scaldano. “Sono la miglior combinazione esistente – dice –, ma possono crescere ancora”
di Marco Caldara | 19 marzo 2022
Se dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna, come recita il detto, dietro a una grande coppia di padel c’è sempre un grande allenatore. Nel caso di Ale Galan e Juan Lebron, che dal 2020 dominano il circuito mondiale, la figura di riferimento risponde al nome di Mariano Amat: argentino, 48 anni, migrato in Spagna nel 2001 nel bel mezzo della crisi economica del suo paese, quando ha capito che per avere futuro nel padel doveva cambiare continente. È sceso dall’aereo alle 7 di mattina e a mezzogiorno era già in campo a dare lezioni, e per un mese ha dormito sul divano nella casa del suo coetaneo Gaby Reca, uno dei giganti del recente passato.
Sacrifici che sono serviti: una ventina d’anni più tardi è riconosciuto come uno dei “guru” della disciplina, è direttore tecnico della M3 Padel Academy di Madrid (una delle più famose al mondo), e spetta a lui il compito – non sempre facilissimo – di fare da mediatore fra i due galli del circuito, cercando di smorzare gli animi quando si scaldano un po’ troppo.
“Il padel – ha raccontato Amat in una bella intervista col portale argentino Olè – non è più uno sport di coppia, ma è diventato uno sport a tre, perché l’allenatore influenza attivamente l’esito di un match. Nel tennis un coach non può parlare, non può nemmeno muovere le braccia, mentre nel padel la sua presenza è molto più importante. Anche se resto convinto che a risolvere un incontro sono e saranno sempre i giocatori. Per questo ho bisogno di ascoltarli, di confrontarmi con loro. Posso anche preparare uno schema di gioco che funziona, ma loro non sono dei robot e in campo entrano in gioco tante emozioni. L’allenatore serve a mediare, a calmare i giocatori e ad aiutarli quando serve a rimettersi in carreggiata”.
I suoi giocatori sono i due più forti al mondo, o almeno quelli che messi l’uno a fianco dell’altro hanno saputo far vedere le cose migliori. Sono come una Ferrari, ma che ha bisogno di un volante. “Il mio ruolo – continua – non è solo quello di mettere la benzina. Altrimenti con tutta quella velocità l’auto si schianterebbe alla prima curva. Serve di più. Ottenere i risultati di Ale e Juan è molto difficile, anche perché implica un continuo miglioramento. Tutti giocano e si allenano per vincere, e riuscirci è sempre più complesso. Nessuno vince con il cognome: serve fame e voglia di progredire in continuazione. Per Galan e Lebron è parte del DNA”.
Come tutti gli allenatori dei “pro”, Amat è attentissimo alla tattica. Durante ciascun torneo appunta qualsiasi cosa su un block notes, e all’indomani dell’eliminazione inizia a lavorare. “Quando arriva la domenica di un torneo – spiega – io ho già definito tutto ciò su cui devo lavorare la settimana seguente. Si parte dal sistema di gioco dei miei giocatori, fino ad arrivare agli avversari. Negli ultimi tre anni abbiamo studiato tutte le coppie, anche se naturalmente il lavoro è in continua evoluzione. Guardiamo come giocano, come giocano contro di noi e come noi giochiamo contro di loro. Il giorno prima di un incontro facciamo una video-analisi per valutare cosa devono fare Ale e Juan in difesa e in attacco”.
“In più – ha aggiunto – ci concentriamo anche sulle condizioni di gioco, che spesso sono più importanti rispetto ai rivali. Giocare su un campo molto veloce o molto lento cambia completamente le partite. È ciò che rende il circuito così interessante. Le coppie non possono fare altro che adattarsi a ciò, per provare a esprimersi sempre al massimo”.
Galan e Lebron sono i più vincenti, ma non i più amati. La ragione è qualche atteggiamento del secondo che al pubblico non va giù, e la gente non perde l’occasione per farglielo presente sui social. “Ultimamente l’influenza dei social – dice ancora Amat – sta diventando sempre più importante, perché il padel è cresciuto enormemente. Maggiore esposizione significa anche maggiori rischi, e non è sempre facile rimanere alla larga da tutto ciò che succede fuori dal campo. Ma bisogna provarci, ed è anche per questo che Ale e Juan stanno lavorando con due psicologi dello sport, per imparare a non badare a tutto ciò che non è utile per migliorare il loro rendimento. Dare troppa attenzione ai social o al pubblico può avere solo effetti negativi, quindi meglio imparare a non farci caso. Anche se si tratta di un percorso lungo”.
Secondo Amat, lo scarso feeling con il pubblico è generato dalla posizione che i suoi allievi ricoprono, visto che sono i numeri uno. “Ricordo – dice – che persino Fernando Belasteguin e Juan Martin Diaz venivano criticati, anche se vincevano sempre. O meglio, venivano criticati proprio perché vincevano sempre. La gente voleva che perdessero: è normale che il pubblico si schieri per aiutare il più debole, o chi ha meno possibilità. A tutto ciò si aggiunge che Juan è una persona impulsiva e molto esigente in campo. Ma non è l’unico: Paquito Navarro ha lo stesso carattere, eppure non riceve lo stesso trattamento. Nella vita succede: ci sono persone che piacciono di più e altre meno. Una situazione che non si può controllare”.
Nonostante tutto, anche se il loro avvio di 2022 ha lasciato più dubbi che certezze (ma è ancora presto), Galan e Lebron restano i più forti. “Per me – chiude Amat – sono la miglior combinazione esistente. Sono molto complementari, l’uno migliora l’altro e sono sicuro che se giocassero a fianco di altri giocatori non riuscirebbero a esprimere così bene le loro qualità. Oggi sono la coppia ideale: quando giocano al loro livello, per le altre formazioni è davvero difficile batterli. Da allenatore non mi resta che continuare a lavorare per aiutarli a diventare ancora più forti”.
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