Secondo l'allenatore del Napoli, che si è fatto costruire un campo da padel in casa, lo sport della pala piace così tanto perché è la palla ad andare dal giocatore, e non viceversa come in altre discipline. È un punto di vista brillante, ma vero in parte. Ecco l’opinione dei guru del padel italiano: Gustavo Spector e Marcelo Capitani
di Marco Caldara | 02 ottobre 2021
Il legame fra calcio e padel è davvero stretto: sempre più calciatori lo praticano o si sono buttati nel mondo del padel a livello imprenditoriale, e lo sport della pala è addirittura finito nella conferenza stampa di Luciano Spalletti alla vigilia dell’importante sfida di Europa League fra il suo Napoli e lo Spartak Mosca. Malgrado si definisca apertamente “scarso”, il tecnico fiorentino è uno dei tanti amanti del gioco, al punto da aver fatto costruire un campo nella sua casa in Toscana, la scorsa primavera. Non ha potuto giocarci molto visto che un paio di mesi dopo ha firmato per il Napoli, ma la passione è rimasta intatta.
Dopo aver risposto alla domanda di un giornalista sul tema, Spalletti ha voluto regalare la sua interpretazione del padel, in particolar modo del perché piaccia così tanto alla gente. Secondo l’ex allenatore di Roma e Inter, la ragione è dovuta al fatto che, a differenza degli altri sport di palla nei quali è il giocatore a dover rincorrere la sfera, nel padel è la palla ad andare dal giocatore, grazie alla presenza delle pareti. “È un bel gioco – ha detto Spalletti –, mi piace e giocandoci ho capito perché piace a tutti. Nel padel, se stai fermo, è la pallina a venire da te. È un gioco comodo, e la comodità piace a tutti”.
L’intervento sul padel di Luciano Spalletti (dal minuto 13:53)
Lo Spalletti-pensiero ha un che di interessante, specialmente per i giocatori principianti. Perché, grazie alla presenza delle pareti, un modo per recuperare la palla c’è sempre. Quindi, specialmente per chi viene dal tennis, è fondamentale cambiare il modo di ragionare, e gestire i punti in maniera differente.
Per capirci qualcosa di più sull’interpretazione di Spalletti abbiamo chiesto un’opinione ai due massimi esperti di padel in Italia: il ct della nazionale maschile Gustavo Spector, primo vero promotore dello sport nel nostro paese, e l’attuale numero uno d’Italia Marcelo Capitani, ex giocatore professionista di alto livello e oggi figura di riferimento per l’attività giovanile, che si è appena impreziosita di due quarti posti ai mondiali juniores di Torreon, in Messico.
“Se parliamo di padel amatoriale – dice Capitani – l’opinione di Spalletti mi sembra valida. Nel tennis la palla scappa, nel calcio va rincorsa, mentre nel padel rimbalza sul vetro e torna indietro. Ma quando il livello si alza vi posso assicurare che purtroppo la palla ti cerca mai, e tende a scappare anche nel padel (ride, ndr). Più il livello si alza e più diventa complicato andare a prenderla: può arrivare molto forte, oppure con molto effetto, e non è facile essere sempre nel posto giusto”.
In sintesi, secondo Capitani l'allenatore del Napoli ha semplificato un po’ troppo l’essenza del padel, che invece combina tantissimi fattori. “Nel padel – continua Capitani – servono intelligenza, rapidità negli spostamenti, velocità di reazione, tecnica, strategia, potenza e capacità di gestire gli spazi. È uno sport molto più complicato di quanto possa sembrare. E poi, oltre ad allenarsi individualmente, è importante farlo anche come squadra. Il feeling col compagno è determinante. Quando una partita di un certo livello è molto molto equilibrata, solitamente la differenza la fa l’alchimia fra i due compagni. I più affiatati vincono”.
Della stessa idea Gustavo Spector, che a giugno ha guidato la nazionale azzurra maschile al secondo posto agli Europei di Marbella, e nelle prossime settimane stilerà la lista dei convocati per i Campionati del mondo di Doha (15-21 novembre). “Tatticamente parlando – spiega il tecnico di origini argentine – ciò che dice Spalletti non è del tutto sbagliato, ma vale soprattutto quando i giocatori sono alle prime armi. Oppure quando due giocatori più esperti ne affrontano due ancora non abituati a certe dinamiche. Basta mettersi nel posto giusto e la palla arriva sempre, perché l’altra coppia non sa come far muovere gli avversari”.
“Ma quando il livello sale e la preparazione tattica anche – continua –, nel padel bisogna muoversi molto. Rispetto ad altri sport la differenza è che, se un giocatore è posizionato bene in campo, quasi sempre gli spostamenti saranno di due, tre, al massimo quattro passi. Sufficienti per coprire la propria metà campo”.
Secondo Spector, uno degli aspetti che rende il padel uno sport molto appetibile è simile alla ragione che anni fa portò al boom del calcetto, oggi superato proprio dal padel. “Per giocare a calcio in un campo a 11 – spiega – servono qualità fisica e tecniche. Mentre nel calcetto il campo è più piccolo, le distanze fra i giocatori sono ridotte e in qualche modo la palla la toccano tutti. Il che rende il gioco più divertente. Lo stesso avviene nel padel: la distanza fra il giocatore che colpisce la palla e il campo avversario arriva al massimo a nove metri (una metà campo è lunga dieci, ndr). Nel tennis, per esempio, la distanza da coprire con ciascun colpo è molta di più, perché si gioca spesso con i piedi dietro la linea di fondo ed è necessario colpire profondo, quindi serve una preparazione diversa. Imparare il padel è più facile, la palla passa la rete anche senza particolare forza e resta in gioco più a lungo. Questo aumenta il divertimento, a tutti i livelli”.