Sara D’Ambrogio è una delle figure più in vista del padel tricolore: giocatrice di alto livello, maestra e direttrice di due accademie, capitana della nazionale femminile juniores e ora anche campionessa del mondo, grazie al titolo over 35 vinto a Las Vegas: “La prima volta che ho visto un campo da padel ho detto che sarebbe stato il mio sport: non ho sbagliato”
di Marco Caldara | 10 aprile 2022
Per una giocatrice che di campionato del mondo ha disputato quello delle professioniste, nel 2018 in Paraguay, in termini di esperienza la partecipazione nella categoria senior non potrà mai avvicinarsi a quella di quattro anni fa. Ma Sara D’Ambrogio ci ha messo del suo per renderla molto più soddisfacente dal punto di vista dei risultati, perché dall’Electrolit Seniors World Padel Championship di Las Vegas è tornata con una medaglia d’oro nell’over 35, vinta in coppia con Alessia La Monaca, e un argento nella competizione per nazioni, che vale come una vittoria perché davanti c’è la sola Spagna, inarrivabile.
“Ancora fatico a essere felice per ciò che è successo – racconta la 38enne nativa di San Marzano di San Giuseppe, provincia di Taranto –, perché non riesco a realizzare di aver vinto un titolo mondiale. La soddisfazione è enorme, ma avrò bisogno di qualche settimana per rendermene conto sul serio. Mi era capitato lo stesso anche nel 2017, dopo il titolo ai Campionati italiani (con Giulia Sussarello, ndr). Ho bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare le emozioni, ma è stata veramente un’esperienza bellissima, sia a livello di coppia sia a squadre, per l’intera spedizione. L’Italia merita di avere questo successo, perché stiamo credendo veramente tanto nel padel. Aver chiuso alle spalle della sola Spagna è stata una conferma: a livello femminile siamo fra le big di questo sport, come dimostrano anche i risultati nel World Padel Tour”.
In effetti, le azzurre hanno superato facilmente il proprio girone battendo Australia, Cile e Olanda, e poi hanno superato anche gli Stati Uniti nei quarti di finale e la Francia in semifinale. “La differenza con la Spagna – aggiunge Sara – è nei tanti anni di esperienza a loro favore. A noi manca, perché abbiamo iniziato a giocare relativamente da poco, ma siamo sulla strada giusta”.
Ai tornei Open a coppie, invece, giocatrici e giocatori spagnoli non hanno partecipato (pare su pressione della loro Federazione, che non voleva sprecassero energie preziose per la competizione a squadre), e così per l’Italia è stata vera gloria, con tre titoli mondiali: Savini/Zandarin nell'over 45 femminile, Serafino/Bartolini nell'over 55 maschile e D’Ambrogio/La Monaca nell’over 35. “L’assenza delle spagnole ci ha aiutato – continua – ma non è stato comunque un torneo facile. Ogni mattina la sveglia era puntata alle 5.45, per essere in campo alle 8.30. Prima giocavamo l’Open, poi la competizione per nazioni, e non rientravamo mai in hotel prima delle 19. È stato veramente stressante, con poco tempo per recuperare. Infatti a fine settimana eravamo tutte piuttosto provate, fra stanchezza e problemi vari: menomale che abbiamo vinto il titolo, che ci ha ripagate dello sforzo”.
In semifinale D’Ambrogio e La Monaca hanno vinto in rimonta una gran battaglia contro le francesi Audrey Casanova e Marie Lefevre (4-6 6-3 6-4), mentre in finale hanno lasciato appena cinque game alle olandesi Dido Blonk e Stephanie Gomperts (6-2 6-3). “Le avevamo già affrontate nel girone, ed era venuto fuori un incontro molto più combattuto, mentre in finale abbiamo giocato alla perfezione. Per tutto il torneo siamo state veramente unite: quando l’una calava, l’altra la sosteneva. Questo ci ha permesso di tenere sempre un buon livello, in condizioni di gioco non facili a causa del forte vento”.
Per la D’Ambrogio le soddisfazioni mondiali rappresentano il coronamento di un percorso iniziato qualche anno fa, quando al club di Misano Adriatico dove lavorava come maestra di tennis è spuntato il primo campo da padel. “Le mie prime parole quando l’ho visto sono state ‘questo sarà il mio sport’, e non ho sbagliato. Da tennista (è stata campionessa italiana under 12 in coppia con una certa Roberta Vinci, ndr) sono sempre stata una giocatrice di fantasia, e il padel mi ha permesso di dare ancora più sfogo al mio estro. È stato amore a prima vista”.
Al tempo, la pugliese si è posta l’obiettivo di diventare una delle migliori giocatrici italiane e anche un’insegnante che potesse fare delle clinic in tutta Italia, e ha realizzato entrambi i desideri. Nel 2017 si è laureata campionessa italiana e da lì in poi ha mollato definitivamente la racchetta a favore della pala, nel 2018 è stata convocata in nazionale per i mondiali e oggi fa l’imprenditrice di se stessa, con un’agenda pienissima. “Solo giovedì ho ricevuto sei richieste di clinic: fa piacere, ma gestire tutto diventa sempre più complicato, perché in questo momento voglio ancora fare la giocatrice, allenarmi e disputare i tornei”.
A tutto ciò si aggiungono anche le due academy che portano il suo nome, una a Cattolica e una seconda a Carpenedolo (provincia di Brescia), più altre due che arriveranno presto. “Ci lavorano degli istruttori federali che ho formato direttamente io – dice ancora –, sviluppando un mio metodo comune utilizzato da tutti. Studio gli allenamenti, li preparo, e tengo le attività sotto controllo. È un bell’impegno, ma molto gratificante”.
Come se non bastasse, a tutte le sue attività la giocatrice pugliese ha aggiunto anche il ruolo di selezionatrice e capitana della nazionale femminile juniores, che lo scorso anno al mondiale messicano di Torreon ha agguantato uno splendido (e inatteso) quarto posto. “È stato un risultatone – dice ancora – nel quale non credeva nessuno. Ho fatto delle scelte un po’ particolari, convocando ragazze che magari giocavano da meno tempo a scapito di altre che invece erano più abituate, ma in loro ho intravisto qualcosa. Alcuni genitori e maestri non l’hanno presa bene, ma i risultati mi hanno dato ragione e in tanti si sono scusati. Anche quella è stata una bella vittoria”.
“Credo veramente tanto nel nostro movimento juniores – ha aggiunto – anche perché questi ragazzi hanno la fortuna che non ho avuto io, cioè quella di scoprire il padel molto presto. Se fosse stato così anche per i giocatori di oggi, il livello medio sarebbe ancora più alto. Ma si sta iniziando a spingere sempre di più per la crescita dei nostri giovani e lo sviluppo del sistema padel. I risultati non si faranno attendere troppo”.