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Padel

Difficoltà e pochi risultati, ma il mago Sanyo non si arrende

A secco di titoli da oltre due anni, fra difficoltà ad adattarsi al padel di oggi e troppi cambi di partner, Sanyo Gutierrez ha da poco deciso di provare a rilanciarsi a fianco del giovane Alex Arroyo. “Vedo grandi potenzialità – dice –: sta a me aiutarlo ad arrivare in alto”. E promette di andare avanti per altri 5 anni

di | 28 agosto 2024

Le 40 candeline spente a giugno lo rendono il secondo più anziano fra i top-16 del ranking mondiale FIP, e per ritrovare il suo ultimo titolo nel circuito bisogna riavvolgere il nastro fino al luglio del 2022, quando i dominatori si chiamavano ancora Lebron-Galan e la coppia Coello-Tapia doveva ancora nascere. Ma, fra un cambio di compagno e l’altro, Sanyo Gutierrez non ha alcuna intenzione di mollare la presa. Il “mago” di San Luis è uno dei giocatori ad aver sofferto di più l’evoluzione del gioco, perché è rimasto ancorato a un padel più tattico e meno potente, più lento e meno aggressivo, così il suo rendimento non è più quello di un tempo e la carenza di risultati lo dimostra chiaramente. Eppure, la voglia di competere è la stessa di un tempo.

Nel 2024 Sanyo è stato uno dei pochissimi top player ad aver preso parte a tutti i tornei del calendario Premier Padel, e la recente unione col giovane bombardiere Alex Arroyo promette di dargli nuova linfa. O almeno è ciò che spera il fenomeno argentino, vincitore di 37 tornei nel decennio WPT 2013-2022. Inizialmente era stato lui a cercare il nuovo compagno, che però aveva rifiutato. Poi, invece, i ruoli si sono invertiti e Gutierrez ha detto “sì”.

In questa coppia – ha detto Sanyo – vedo grandi possibilità. E ho ben chiaro il mio ruolo: dovrò concentrarmi per aiutare un ragazzo dall’enorme potenziale. Ci saranno momenti difficili, ma credo che ogni giovane che si è unito a un veterano ne abbia tratto dei benefici. Ora tocca a me provare ad accompagnarlo il più alto possibile in classifica, dove ha tutti i mezzi per arrivare”. L’inizio della coppia non è stato dei più brillanti, con due ottavi fra Genova e Malaga e i quarti in Finlandia, ma nel mese senza tornei i due hanno lavorato per collaudare l’intesa e studiare l’assetto di gioco, in modo da ripresentarsi più competitivi nel P1 di Madrid.

Per Sanyo, il calo è iniziato quando è terminata la collaborazione con Agustin Tapia, insieme al quale aveva vinto una manciata di titoli nel 2022. Il ritorno a fianco di Belasteguin non ha funzionato, così come le soluzioni successive con Momo Gonzalez o il nipote Agustin. Il 2023 è stata la sua prima stagione senza titoli dopo oltre dieci anni, e quest’anno le cose non sono (ancora) cambiate. Ha iniziato il 2024 a fianco di Paquito, poi è tornato con Maxi Sanchez insieme al quale era stato numero 1, ma anche in quel caso i risultati non sono arrivati. “Le ambizioni erano alte – ha detto – anche perché siamo grandi amici e ci conosciamo da tutta la vita. Ma non siamo stati capaci di adattarci al padel di oggi”.

Così, a metà stagione inoltrata la conta dei risultati dice due semifinali, quattro quarti di finale, cinque ottavi e tre sedicesimi, con la classifica ferma al numero 14. Troppo poco per un fenomeno del suo calibro. “A livello fisico – ha detto ancora – ho tenuto momento di ogni tipo: a volte mi sono sentito al top, altre molto stanco. Ma è la testa a comandare tutto. Quando le motivazioni sono alte, tutto il resto viene di conseguenza”.

Il bello di Sanyo, è che si tratta di un personaggio senza peli sulla lingua, che parla chiaro. Nelle sue interviste non c’è mai nulla di banale, né quando dice che vorrebbe delle pareti laterali di 4 metri (così da ridurre la ricerca del por tres a favore di un padel più tattico), né quando ragiona sul proprio futuro. “A fine anno c’è il mondiale. Se credo di meritare un posto? Sì. Non so che scelte farà il capitano, o se vorranno dare spazio ai giovani, ma credo che in una competizione simile debba giocare chi garantisce certi standard anche con la maglia della nazionale”. Il ranking gli dà ragione: è il sesto miglior argentino, e i posti sono otto, quindi a Doha non dovrebbe mancare. Anche perché di ritiro, come detto, non se ne parla.

Ho sempre detto – ha aggiunto – che mi sarebbe piaciuto andare avanti fino a 45 anni, anche se molto dipenderà dalle sensazioni, dagli infortuni. Qualcuno mi farà presente che non sto più vincendo, ma per me già competere costantemente nel tabellone finale dei tornei vuol dire essere competitivo. Ci sono giocatori che hanno trascorso una vita intera nelle qualificazioni, dunque mi sento già fortunato a essere qui. Non sono più il Sanyo che vince cinque titoli all’anno, ma fino a quando mi sento così andrò avanti. Ci sono giorni nei quali sono stanco, altri nei quali sono triste perché mi manca non vedere i miei figli, cose che a 25 anni non succedevano. Ma anche questo fa parte della vita di un atleta”.


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