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Serena non c’è proprio più: alla recita di Cincinnati c’è solo Emma…

Grande delusione per il match e il freddo saluto della regina di 23 Slam che lascerà la scena dopo gli US Open di fine mese. L’ex dominatrice subisce anche un umiliante 6-0

di | 17 agosto 2022

Niente da fare. La musica è finita, gli amici se ne vanno e la serata non è stata nemmeno magica. Dalla doppia finale Wimbledon-Us Open persa nel 2018-2019 insieme alla possibilità di superare il record di 24 Majors di Margaret Smith Court, ormai di Serena Williams rimangono il nome e l’impareggiabile passato ma la pantera del tennis è svanita, non esiste proprio più, almeno nella sua versione più autentica e impressionante, coi super poteri, i muscoli gonfi, le sbracciate irresistibili, gli urlacci selvaggi, le vittorie cruente e le leggendarie rimonte.

L’ultima conferma c’è stata amaramente a Cincinnati dove la regina di 23 Slam ha trionfato nel 2014 e 2015 e dove avrebbe dovuto aggiungere qualche match in vista dell’ultima passerella, dal 29 agosto, sotto le mille luci di New York. La macchina pubblicitaria si è mossa per tempo, favorita dal sorteggio, che, come primo ostacolo - guarda un po’ -, proponeva all’ultima dominatrice del tennis donne una delle candidate al trono, la giovane e frizzante campionessa degli US Open di un anno fa, la 19enne Emma Raducanu, di bandiera brit ma degna figlia della globalizzazione, nata in Canada, da mamma cinese e papà rumeno.

Gli organizzatori e la tv ci hanno provato in tutti i modi hanno anche aggiunto un pizzico di mistero per pompare l’evento, spostando la prima di un giorno e regalando alle due star l’orario migliore per un’audience-record. Facendo arrabbiare chi aveva acquistato i biglietti lunedì che ha minacciato denunce per “pubblicità ingannevole, accusando il torneo di essersi garantito così il tutto esaurito in tutt’e due le prime giornate.

Comunque sia, non c’è stato niente da fare: il match Williams-Raducanu è evaporato dopo pochi scambi e s’è concluso dopo appena 65 minuti in un deludente 6-4 6-0 e in un ancora più deludente saluto finale di Serena all’avversaria e al pubblico di casa che non rivedrà più in partite ufficiali. Saltando anche la conferenza stampa, che poi ormai è diventata un’abitudine, l’ennesimo sfregio all’informazione.

ORGOGLIO DI CAMPIONE

Qualcuno ha subito stigmatizzato proprio  la fredda stretta di mano sul net della più famosa afroamericana del tennis dopo la mitica pioniera Althea Gibson, la sua uscita dal campo senza pathos, senza commenti al microfono, senza lacrime di prammatica, senza commozione per grandi e piccini inclusa nel prezzo del biglietto. Dimenticando la storica idiosincrasia di Serena per la sconfitta  e la legittima reazione d’orgoglio della campionessa che sognava di essere ancora molto più forte, molto più in grado di fronteggiare le avversarie, anche se non giocava un match da un anno, anche se dentro di sé qualcosa di decisivo si è rotto con la famosa semifinale degli US open 2015 contro Roberta Vinci e non si è più riaggiustato al di là degli anni che il 26 settembre sono addirittura 42.

La campionessa di 7 Australian Open, 3 Roland Garros, 7 Wimbledon e 6 New York non ha più il sacro fuoco, non è più una belva feroce assetata di successi, non è più invincibile e, ahilei, non è nemmeno più competitiva: è scesa dal piedistallo ed è diventata umana, donna, mamma, terribilmente vulnerabile. Con gli evidenti limiti fisici che una volta superava con l’impeto e la smisurata fiducia in se stessa e che da 7 anni sono diventati una zavorra inamovibile.

Così, Serena è diventata ostaggio della prima di servizio che un tempo incuteva il terrore alle avversarie come la risposta e i primi colpi del game. Sempre affranta, ansimante e disperata, a Cincinnati, ha ottenuto 7 ace ma con la seconda ha vinto solo il 17% di punti. Insieme all’elettricità dell’anima, ha smarrito velocità di movimenti e di palla, e non è stata mai competitiva, rimediando anche un umiliante 6-0 contro un’avversaria che è nata nello stesso anno in cui Serena saliva per la prima volta al numero uno della classifica mondiale.

CO-PROTAGONISTA

Se Serena non ha rispettato il ruolo del copione da Gloria Swanson in Viale del Tramonto, Emma Raducanu è stata bravissima e meriterebbe l’oscar. Come tennista non è più riuscita a ripetere il miracolo di 12 mesi fa e chissà se ci riuscirà più, pur con l’immenso credito dei 19 anni appena, di un grande impegno e di un panorama non eccelso di candidate al vertice. Ma come diligente ancella dello show business dà sempre il meglio di sè, per la felicità - in primis - dei media brit. Bravissima alla vigilia: “Che onore giocare contro un mito come Serena che ha scritto la storia e ha aperto una strada decisiva per tutto il tennis. Per come ha dominato e quanto a lungo c’è riuscita nel corso degli anni, penso che chiunque possa trarre ispirazione da lei, a cominciare da me. La prima volta che l’ho vista, a Wimbledon, era così dominante… Probabilmente ha il miglior servizio di sempre ed la più grande tennista di tutti i tempi”. 

E’ stata bravissima al microfono in campo: “Capisco che facevate il tifo per lei perché anche una parte di me voleva che lei vincesse Giocare contro una simile leggenda resterà indimenticabile per me, per il resto della carriera ricorderò di aver giocato contro Serena Williams”.

Ed è stata bravissima nel dopo-match. “Non sapevo di aver fatto 14 vincenti ed appena un errore gratuito, penso di aver giocato un gran bel match ma, giocando contro Serena, sono stata nervosa dal primo all’ultimo punto. Quando affronti una simile campionessa non sai mai quando sta per accendersi e comincia a lottare e ti fa sparire dal campo. Appena ti lasci andare un po’, lei rientra in partita: guarda quando ero 4-1 nel primo set, ho perso sul servizio ed il pubblico è stato coinvolto. E’ stato semplicemente fantastico condividere il campo con una leggenda del genere”.

Peccato per il tennis che la vera Serena non ci sia già più da un po’.

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