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La Federazione Italiana Tennis non ha voluto arrendersi alla pandemia e, tra mille difficoltà, con gli Internazionali BNL d'Italia 2020 ha regalato all'Italia e al mondo un grande evento tennistico che a suo modo resterà memorabile. E che, riletto alla luce di quello è successo dopo, acquista un valore ancora maggiore
di Enzo Anderloni | 10 dicembre 2020
Un’edizione così non si era mai vista, dicevamo. Stadi fantasma, il Parco del Foro Italico deserto, animato solo dai giocatori con i loro coach e dagli addetti all’organizzazione. Qualche gabbiano. Provando ad affacciarsi alle tribune del campo centrale, 10.500 posti inutilizzati, durante una partita delle prime giornate, si poteva sentire, oltre allo schiocco degli impatti di palla, anche il derapare delle suole (scolpite a spina di pesce) sul mattone tritato. Impressionante...
Questo l'attacco del nostro commento a caldo, la sera stessa della finalissima tra Novak Djokovic e Diago Schwartzman agli Internazionali BNL d'Italia 2020. A riflettori ancora accesi ma a "bocce" ormai ferme, avevamo fissato i 10 momenti o aspetti del torneo che secondo noi sarebbero rimasti impressi, nella memoria e nella storia del gioco (degli Internazionali BNL d'Italia 2020 si è parlato anche nell'undicesima puntata di “2020 Reloaded”, alle 21 su SuperTennis).
A rileggerlo oggi, alla luce di quello che è successo successivamente, il senso del grande travaglio vissuto rimane intatto. Ma cambia la prospettiva e si rafforza la sensazione che la più grande impresa del torneo sia stata riuscire a farlo svolgere.
Non cedere in primavera, travolti dalla pandemia con i grandi tornei che cadevano come birilli uno dopo l'altro: Indian Wells, Miami, Monte-Carlo, Madrid , Wimbledon. Averci creduto sempre, primi insime agli organizzatori del Roland Garros, a capire che in un'annata terribile ed eccezionale, si potesse inventare di tutto, persino cambiare stagione al più grande evento sportivo italiano, pur di tenerlo vivo, con tutta la passione e l'entusiamo popolare che si porta dietro. A tutti livelli.
Non farsi cadere le braccia a ridosso della manifestazione quando, contro ogni buon senso, fu impedito l'accesso anche a un gruppo minimo, contingentato di spettatori. Che sarebbero potuti entrare ad assistere alle partite in assoluta sicurezza, come poi è successo con i 1000 ammessi alle tribune del Campo Centrale per semifinali e finale.
Ci voleva la forza e la determinazione della FIT guidata da Angelo Binaghi per andare "in direzione ostinata e contraria" e vincere la partita. Sopportando il peso delle difficoltà.
Oggi quei 10 spunti che, al momento di tirare un primo bilancio, ci erano parsi ragguardevoli, capaci di restare negli annali tennistici, brillano ancora di più. Col "senno di poi" non sanno di "amarcord" ma di scommesse vinte.
2) Le porte chiuse - Le 'porte chiuse' della prima settimana di gare (i due giorni delle qualificazioni più i tabelloni principali fino ai quarti di finale) restano ancora oggi un gesto "alla Tafazzi" da parte delle istituzioni locali, in questo caso a livello regionale.
Ve lo ricordate il personaggio di Giacomo Poretti (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) che si percuoteva da solo le parti delicate con una bottiglia di plastica dell'acqua minerale? Ma come si fa a non suppertare l'intraprendenza e la serietà organizzativa di una Federazione sportiva nazionale (che trova anche l'appoggio del Governo) in un'impresa che porta lustro e un po' di prospettiva positiva in un contesto generale devastato? In questo caso semplicemente consentendo un accesso molto contingentato (1000 spettatori a sessione per ognino dei tre stadi almeno sui tre stadi che ne possono ospitare ripettivamente 10.500 (il Centrale), 5000 (il Grand Stand) e 3.700 (il Pietrangeli)?
Ecco cosa scrivevamo a caldo:
"Nello stesso fine settimana in cui si giocavano le qualificazioni degli IBI20, a Misano si correva il Motomondiale, con il pubblico contingentato. E a Bologna gli spettatori erano ammessi anche per il basket.
Le parole del presidente della Fit Angelo Binaghi, che aveva definito “Un’ingiustizia” e “Una vergogna” la decisione della Regione Lazio di non autorizzare nemmeno i 1.000 spettatori al giorno previsti come limite per le manifestazioni all’aperto (anche minori), risuonano ancora più giuste se si considera che quello di Roma sarebbe stato l'ultimo grande torneo dell'anno ad avere un minimo di pubblico. E che al Foro Italico si giocava all'aperto, in sicurezza, dentro una 'bolla' controllata dai medici del Gemelli".
2) Le porte aperte – Ora possimo dirlo: Novak Djokovic se la ricorderà di sicuro questa vittoria del 2020: l'unica ottenuta davanti a un pubblico che lo applaudiva da quando siamo entrati nell'era del Covid. Sì perchè il serbo aveva trionfato al Southern & Western Open (ex Cincinnati) disputato a porte chiuse a Flushing Meadows. Poi era stato squalificato a New York. A Roma, giusto in tempo, era arrivato il provvedimento del Ministro dello Sport Spadafora "che apriva al pubblico il Campo Centrale per il sabato delle semifinali. Una svolta che ha consentito di accogliere 1.000 spettatori per ogni sessione di gioco. Un’opportunità che non ha un gran valore economico: pur vendendo i biglietti gli organizzatori alla fine ci rimettono a causa dei costi aggiuntivi necessari per i vari adempimenti e allestimenti, necessari a far entrare gli spettatori in sicurezza.
Però domenica arriva il primo vero applauso: un’emozione. A beneficiarne proprio Novak Djokovic, che doma il norvegese Ruud e può finalmente rivolgere a qualcuno quel gesto rituale di lanciare il proprio cuore verso gli spalti che aveva ripetuto dopo ogni vittoria anche a spalti deserti, come una provocazione agli dei. O alla Regione Lazio. Non a caso, dopo la partita, ai microfoni di SuperTennis, ringrazia la FIT per l’impegno e la qualità dell’organizzazione".
Dopo Roma Djokovic arriverà in semifinale nel deserto del Roland Garros e in quello ancora più buio e silenzioso delle ATP Finals di Londra. E si farà travolgere da Sonego davanti a uno sparuto contingente di appassionati ammessi al torneo indoor di Vienna.
3) Musetti che dà 6-0 a Wawrinka – Eravamo rimasti abbagliati dai lampi di Lorenzo Musetti nella settimana romana.
E avevamo scritto: "Era un Lorenzo Musetti 'versione lusso' quello che era riuscito a qualificarsi per il tabellone principale degli Internazionali BNL d’Italia. Il diciottenne di Carrara, n.249 del mondo, aveva potuto accedere al torneo solo grazie a una wild card. L’aveva onorata superando prima lo spagnolo Zapata Miralles , n.144 del mondo, poi l’argentino Leonardo Mayer, n.123 oggi ma già n.21. Il turno decisivo gli opponeva l’amico e coetaneo Giulio Zeppieri, altra fresca forza azzurra, wild card pure lui, e a sua volta tagliatore di teste più coronate della sua (l’inglese Cameron Norrie, n.68; il colombiano Hugo Dellien, n.103). Ne usciva una bella partita che Musetti risolveva a suo favore in tre set".
"A questo punto il suo dovere l’aveva fatto e il sorteggio che lo opponeva subito a Stan Wawrinka, n.17 del mondo ma ex. n.3, pareva avergli allestito una bella occasione di fare passerella ed esperienza insieme prima di salutare e tornare a fare esperienza nei tornei challenger.
Invece sotto le stelle di Roma “Lorenzo Il magnifico” si è regalato una notte magica, non solo battendo Wawrinka ma rifilandogli addirittura un rotondo 6-0 nel primo, perfetto, set. Una vittoria dentro la quale c’era tutto il repertorio che fa di Musetti il più brillante talento mondiale tra i nati nel 2002: gran servizio, diritto penetrante, rovescio a una mano spettacolare, smorzata morbidissima e sicura. Lo ha sciorinato tutto in quel 6-0.
E l’ha riproposto il giorno dopo contro un altro pezzo grosso, il giapponese Kei Nishikori, n.35 oggi, n.4 nel marzo 2015. Due vittorie capolavoro per nulla ridimensionate dalla sconfitta negli ottavi contro il granitico tedesco Koepfer, forgiato nelle palestre dei college USA. Musetti è arrivato a Roma da n.249 ma ha fatto capire che è di un’altra categoria".
Ci eravamo sporti troppo, trascinati dall'entusiasmo per un'altro enfant prodige col tricolore? Niente affatto.
A quelle scintillanti prove di forza sarebbe seguita la prima vittoria in un ATP Challenger, quello di Forli, durante il quale l'allievo di Simone Tartarini batteva altri 4 Top 100.
E ancora, la settimana successiva, la prima semfinale in una prova ATP, quella del Forte Village Sardegna Open. Oggi, lanciato da quelle magiche notti romane, Lorenzo Musetti è n. 128 del mondo. Il n.1 della sua classe d'età.
4) Sinner che batte Tsitsipas – Era sembrata una gran bella impresa, quella romana di un attessissimo Jannik, reduce da prestazioni in chiaroscuro tra New York e Kitzbuhel. E infatti scrivevamo:
"Per la prima volta da quando è esploso, lo scorso anno con l’ingresso nei top 100 e la vittoria alle Next gen Atp Finals, Jannik Sinner non ha avuto tutti i riflettori addosso quale “supergiovane” del torneo. La sua netta vittoria al primo turno contro il polemico francese Benoit Paire, n.24 del mondo (Sinner è n.81…) è stata oscurata dell’impresa di Musetti, un anno più giovane di lui, contro Wawrinka. Per ritrovare i riflettori, al rosso talento altoatesino serviva un colpo grosso e Jannik non si è fatto pregare.
Sul campo Pietrangeli, deserto ma benaugurante, ha battuto, lottando tre set, Stefanos Tsitsipas, n.6 del mondo e vincitore delle ultime Atp Finals. Come a dire ai primi del ranking: ehi voi, lassù, tenetemi un posto che tra poco arrivo. Anche per Jannik la successiva sconfitta contro Grigor Dimitrov, n.22, arrivata al termine di tre set tiratissimi, è una conferma più che uno stop. Il livello di gioco è già da top 30".
Troppo entusiasti e innamorati di Sinner o troppo prudenti? I fatti dicono che subito dopo l'allievo di Riccardo Piatti avrebbe raggiunto il suoi primi quarti di finale Slam al Roland Garros, eliminando all'esordio David Goffin e negli ottavi Alexander Zverev. Ma soprattutto impegnando come nessun altro nel torneo (prima e dopo) Rafael Nadal, lanciato vero il 13° trionfo parigino e 20 Slam.
E sono ancora i referti, non la passione, a testimoniare del primo titolo a livello ATP conquistato a Sofia battendo, tra gli altri, il n.25 del mondo Alex De Minaur.
Il ranking ufficiale a fine anno dice n.37 del mondo, quello che tiene conto solo dei risultati del 2020 piazza Sinner al n.20. Roma già lo sapeva.
5) Il derby Berrettini-Travaglia – "Ormai ci siamo talmente abituati a vederlo protagonista sui palcoscenici più grandi che un quarto di finale di Matteo Berrettini agli Internazionali BNL d’Italia sembra 'niente di che', normale routine.
La partita che gli è sfuggita di un soffio contro Casper Ruud e la fatica che poi ha fatto Djokovic per avere ragione del norvegese, la dicono tutta sulla sua prestazione e soprattutto certificano il valore della vittoria nel derby negli ottavi con Stefano Travaglia.
Una partita ad alta tensione, nella quale il marchigiano, n.84 del mondo e dunque ben lontano dalle alte sfere nelle quali si muove Berrettini, ha confermato la grande condizione mostrata nei primi due turni nei quali aveva battuto prima lo statunitense Taylor Fritz, n.28 del mondo, poi il croato Borna Coric, n.26. Il lavoro con il coach Simone Vagnozzi sta dando ottimi frutti".
Il derby tra Stefano Travaglia e Matteo Berrettini a Roma per un posto nei quarti di finale, riletto oggi, acquista un'ulteriore valenza simbolica.
Dà la misura dell'esplosione dei nuovi talenti azzurri ma anche della crescita complessiva di un movimento che nel 2020 ha visto salire salire o risalire in classifica non solo i Sinner e i Musetti e i Sonego ma anche Caruso, Travaglia, Cecchinato, Mager.
Non è un caso che a fine 2020 ci siano 8 italiani tra i primi 100 del mondo: Berrettini n.10, Fognini n.17, Sonego n.33, Sinner n.37, Travaglia n.74, Caruso n.76, Cecchinato n.80, Mager n.100.
6)Azarenka che soccorre Kasatkina - Victoria Azarenka ha appena ricevuto (lo scorso 8 dicembre) uno dei 5 grandi riconoscimenti che la Wta arribuisce ogni anno: è lei la "Comeback player of the year", come dire "il grande ritorno". D'altra parte è un ex n.1 del mondo che tentava e ritentava di tornare protagonista dopo la maternità (2016) e le complicazioni legali dovute alla separazione dal marito Billy e alla custodia del figlioletto Leo. Azarenka è stata una delle grandi protagoniste di una stagione cominciata al n.50 e chiusa da n.13 del mondo. A Roma aveva dimostrato un altro lato del suo essere campionessa che aggiunge ulteriore valore al premio appena ricevuto. Ecco la storia.
‘Vika’ Azarenka arrivava a Roma come la tennista da battere. Vincitrice del Southern& Western Open, battuta solo da Osaka agli Us Open, sembra aver ritrovato lo smalto che l’aveva vista raggiungere il n.1 della classifica. Questa volta, però, la bielorussa non resta nell’album dei ricordi di Roma per un trionfo. Ha infatti dovuto cedere nei quarti a un’ottima Garbine Muguruza, alla fine di una delle più belle partite del torneo. Di Vika resterà indimenticabile l’intervento a soccorso di Daria Kasatkina, durante il suo match degli ottavi.
Sotto 1-0 nel tie-break di un combattuto primo set, la sua avversaria è inciampata nel tentativo di recuperare una palla corta. La caviglia destra di Daria ha ceduto dopo aver fatto leva sulla riga: crack! A soccorrerla per prima è stata proprio Viktoria, che in un lampo ha scavalcato la rete, ha capito la gravità dell’infortunio ed è corsa in panchina a recuperare del ghiaccio. Poi è rimasta vicino all’avversaria che ha cominciato a piangere, per il dolore e lo sconforto. E lei la rassicurava, in un’attesa dei soccorsi sanitari che pareva interminabile.
Era sempre Vika, insieme alla trainer della Wta, ad aiutarla a rialzarsi, ad offrire la propria spalla come appoggio, fino alla sedia dove Kasatkina, che non poteva appoggiare a terra il piede destro, veniva adagiata.
La trainer le toglieva il calzino per verificare l’entità del trauma. E le faceva capire che per lei il match era certamente finito. Altri scoppi di pianto, sotto la mascherina con i colori del Barcellona. Pareva inconsolabile la povera Daria. Doveva intervenire ancora una volta la sua più matura avversaria, 31 anni contro i suoi 23, a consolarla, abbracciarla, cercare di lenire la sua disperazione. Alla fine le dava persino un bacio sulla testa desolatamente abbandonata penzoloni, come avrebbe fatto una madre con la figlia. Una scena di rara empatia e dolcezza che non dimenticheremo.
7) La vittoria di Schwartzman su Nadal – "Era arrivato aggressivo e granitico come sempre, con la sua mascherina gialla e nera con il logo dell’academy di Maiorca. Due prestazioni delle sue, senza smagliature, contro Carreno Busta e Lajovic, e Rafael Nadal, alle sue prime partite in assoluto dopo la pausa-Covid, era subito identificato come il primo candidato alla vittoria finale, la sua decima.
Il re però si è trovato improvvisamente messo a nudo dalle geometrie, piatte, violente ma studiatissime di Diego Schwartzman, il campione argentino ‘tascabile’, con il suo metro e 70, il più piccolo finalista Masters 1000 di sempre.
Servizio da sinistra sempre sul rovescio di Rafa, incroci di rovescio strettissimi a mandare lo spagnolo a giocare di diritto sulle fioriere, ritmo indiavolato e bombe di diritto “inside in” che il vincitore di 19 Slam vedeva passare sul suo lato destro senza nemmeno poterle toccare. Queste le soluzioni ripetute con efficienza assoluta dal "Peque".
Un capolavoro e insieme una demolizione che hanno spedito Nadal ad affermare in conferenza stampa di aver giocato male. Non era vero: per una notte, indimenticabile, sulla terra battuta di Roma Schwartzman era stato più forte di lui. Punto".
La vittoria del "Peque" su Nadal è stato un'altro di quei lampi che abbagliano nella notte di Roma. Ma è stato premonitore come tanti altri segnali che si sono accesi al Foro Italico. L'argentino piccolo di statura ma velocissimo di gambe, testa e braccio era già da annoverare tra i top player con il ranking di n.13 del mondo con cui era arrivato agli IBI 20. Dalla finale di Roma ha però spiccato il salto definitivo che lo ha portato nell'élite dei primi 10 del mondo.
L'impressionante prestazione contro Nadal è stata confermata infatti dalla prima semifinale Slam, raggiunta al Roland Garros battendo nei quarti Dominic Thiem, n. 3 del mondo, uno dei favoritissimi. Poi, con la finale a Colonia e i quarti a Parigi-Bercy , è arrivata anche la prima qualificazione per le Nitto ATp Finals. El Peque tra i grandi.
8) La partita Shapovalov-Schwartzman – La partita più bella resta la partita più bella. Rileggere oggi le consoderazioni "a caldo" fa dire che in fondo non c'è niente di strano nel fatto che il match tra il Next Gen Denis e il super-emergente Diego sia stato fantastico: sono i due giocatori di vertice più maturati nel 2020. E hanno due stili di gioco diversissimi.
Gli Internazionali BNL d'Italia hanno offerto loro un palcoscenico unico per far vedere ciò di cui erano capaci e loro non si sono fatti pregare. Torniamo a quel match...
"Aperte le porte a 1.000 spettatori nel sabato delle semifinali, la sessione serale offriva una sola partita: l’inedito confronto tra Schwartzman, giustiziere di Nadal, e Denis Shapovalov, il canadese volante, un po’ Nureyev, un po’ McEnroe.
Il più forte dei Next Gen, talento naturale persino troppo esuberante nelle sue invenzioni, aveva dato segni di maggiore quadratura a New York raggiungendo per la prima volta i quarti di finali agli Us Open la settimana precedente a questi IBI20.
La conferma dei progressi sul piano dell’ordine di gioco e della continuità, grazie al lavoro con il nuovo coach Mikhail Youzhny (ex top 10), arrivava dalle vittorie contro Pella, Martinez, Humbert e Dimitrov che lo issavano alla prima semifinale sulla terra di Roma. Che il biondo mancino caracollante sia ormai pronto per misurarsi ai vertici lo hanno potuto apprezzare i mille tifosi “garibaldini” della serata al Foro, premiati dal poter assistere alla più bella partita del torneo, 3 ore e 15 minuti di pallate schioccanti, scambi interminabili, prodezze balistiche, sbracciate assassine.
Un livello di gioco pazzesco, con Schwartzman capace di rimandare sempre a un palmo dalla riga di fondo avversaria anche gli attacchi più profondi e pesanti. Un equilibrio da brividi rotto solo al tie-break del terzo set, il game nato apposta per rompere equilibri. 6-4 5-7 7-6(4) Argentina: che partita!"
9)Il ritorno di Simona Halep – Vista a posteriori la stagione di Simona Halep è quasi perfetta. E ha proprio nella conquista del suo primo titolo romano la perla più brillante. Poi al Roland Garros ha trovato sulla sua strada quella soprendente ( e inedita a tale livello) Iga Swiatek che ha lasciato pochi game a tutte. Lei quest'anno, oltre alla semifinale degli Open d'Australia contro la spagnola Muguruza, ha perso solo quel match parigino. A Roma si era distinta così:
"La n.2 del mondo, chiusa nelle frontiere rumene durante il lockdown, aveva deciso di rinunciare prima al torneo Wta di Palermo (prima prova professionistica al mondo che ripartiva), poi alla trasferta americana per gli Us Open.
Aveva fatto una prima prova di gioco a Praga, in agosto, vincendo. Gli Internazionali BNL d’Italia sono stati il suo vero rientro e la piccola campionessa di Costanza, senza proclami, con grande umiltà, è arrivata passo passo fino alla finale. L’osso più duro sul cammino era stata la spagnola Garbine Muguruza, aggressiva fino all’ultimo, ma Simona aveva incassato tutte le bordate rimandando sempre indietro una palla in più. E sempre con intelligenza.
Nell’atto conclusivo le è arrivato il regalo inatteso dell’infortunio a Karolina Pliskova, che si è dovuta ritirare all’inizio del secondo set. Nulla toglie al primo successo romano di una campionessa non sempre fortunata e tante volte fragile che però sa farsi sempre trovare pronta alla battaglia nei tornei che contano".
10) Il ritorno di Nole – Adesso possiamo dire che, dopo la vittoria agli Open d'Australia, l'unica volta che ha avuto l'applauso di un pubblico mentre alzava un trofeo nel 2020 è stato a Roma. C'erano solo 1000 spettatori ma bastavano a dare senso a quel suo cuore disegnato sulla terra battuta.
Il successo romano ha rimesso al centro del mondo quello che sarebbe stato comunque il dominatore di questa stagione chiusa per la sesta volta da n.1, eguagliando il record di Pete Sampras. E rileggere quanto abbiamo scritto quella sera, dopo avergli visto alzare il trofeo sotto Monte Mario per la quinta volta, non fa che confermare l'importanza che gli Internazionali BNL d'Italia hanno avuto quest'anno, proprio in una delle edizioni più sofferte della loro storia.
"Se c’è uno che non è mai andato via è Novak Djokovic. Il suo successo a Roma è arrivato però al ritorno dalla sfortunata trasferta degli Us Open e alla fine di un’estate tragicomica in cui il n.1 del mondo è stato sempre al centro delle polemiche.
Preso in giro per le sue teorie nutrizioniste, contestato come No Vax per non essere entusiasta dell’obbligo di vaccinarsi, massacrato dai media e dai social per i contagi scaturiti dalla sua Adria Cup (positivi anche lui e la moglie Jelena) Nole era comunque in grande forma e favorito a New York. Era anche però al centro del mirino per aver da poco fondato, controtendenza rispetto all’Atp, una nuova associazione tra i giocatori professionisti.
Che fosse un po’ nervoso poteva anche essere plausibile. Quella palla tirata senza guardare alle proprie spalle, in un momento di sconforto, e finita proprio in gola alla giudice di linea sapeva di punizione divina. O semplicemente di sfiga colossale.
Fatto sta che il n.1 del mondo ha tirato su le sue ossa un’altra volta, ha attraversato l’Oceano, ha cambiato superficie, ha fatto buon viso nelle conferenze stampa e alla fine si è fatto trovare pronto a battere tutto e tutti ancora una volta. Il gesto di gettare il proprio cuore ai quattro lati del campo anche dopo le prime vittorie, quelle ottenute dentro lo stadio vuoto, fotografa una grandezza che non ha bisogno del consenso altrui per essere tale.
E’ il più forte. E tanto basta per dare splendore all’edizione 2020 degli Internazionali BNL d’Italia, quella in cui il torneo ha compiuto 90 anni. Alla grande".
IL TEMA DEL GIORNO
"2020 Reloaded" vi consentirà di ripercorrere con cadenza quotidiana i momenti chiave della stagione appena conclusa: dalle imprese azzurre ai record di Djokovic e Nadal, dal ritorno di Azarenka alle sfide di Osaka, dall’assenza di Federer alla crescita di Sinner.
Trentadue racconti testuali al mattino sul nostro sito, trentadue appuntamenti televisivi, ogni sera alle 21 a partire da lunedì 30 novembre per approfondire, riflettere, rivivere con SuperTennis le grandi emozioni di questo anno unico e, a suo modo, indimenticabile.
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