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Il padel può aiutare il doppio a rilanciarsi… partendo dal singolare!

Dai giochi di coppia dei circoli alla nuova disciplina aggregata alla FIT al successo del torneo in tandem agli IBI: c’è una nuova frontiera da raggiungere

di | 15 maggio 2022

Ci siamo distratti. A forza di guardare le stelle ci siamo persi la terra. Non abbiamo visto che accanto a noi, nei circoli tennis, sanno tutto dei campioni, li ammirano, li seguono, ma hanno preso coscienza di vivere in un’altra dimensione.

I tennisti praticanti lavorano, portano i ragazzi a scuola, quando si buttano esausti sul divano cercano una valvola di sfogo, un modo per socializzare, per farsi due risate di sé e degli altri, schiantati dalla pandemia, terrorizzati dagli echi della guerra in Ucraina, atterriti dalla prospettiva di un inverno al freddo e già allertati da chissà quale altra catastrofe naturale.

Anche loro si sono distratti. Non hanno capito che il campo da tennis del circolo sempre, ostinatamente, occupato dai signori e dalle signore coi capelli bianchi, giorno e sera, per dei doppi senza contenuto tecnico e atletico ma stracolmi di significati agonistici, era già diventato il vero simbolo delle racchette "de noartri" esseri umani. 

 E, all’improvviso, mentre discernevamo, tutti compresi, del futuro dei supermen Federer e Nadal, dell’elasticità di Djokovic, della ferocia di Alcaraz e dei progressi di super-Sinner, abbiamo visto spuntare dalla terra, uno dietro l’altro degli appetitosi funghi chiamati campi da Padel. Che, come una calamita, hanno attratto anche noi tennisti tradizionali , come il famoso pifferaio magico.

“Il Padel è facile, è divertente, è comodo, è anti-stress: vieni a giocare con noi”, diceva quella vocina ammaliante Lo slogan si è ampliato, è diventato mania, successo, business, finché il padel non è proprio straripato invadendo col suo spirito anche i tornei di tennis.

Così, oggi, la folla accorre in massa ai doppi e partecipa attivamente sugli spalti, parteggia, esulta, gioca in tandem coi protagonisti. Attenzione, il pubblico non è stupido, va rispettato e assecondato: si schiera volentieri e dà soddisfazione allo spettacolo, al botteghino e agli atleti stessi ma solo se li riconosce, non si concede volentieri agli anonimi specialisti del gioco di coppia senza pedigree in singolare, non accetta il concetto di cornice, di riempitivo, di refugium peccatorum. Pretende l’attrazione. 

Guarda agli IBI di Roma il grande successo mediatico ma anche agonistico di due più che discreti singolaristi come John Isner e Diego Schwartzman, che si sono messi in società, inventando il cocktail Isner-man, mescolando “Long John” ed “El Peque”, il Lungo e il Piccolo,  lo yankee di 208 centimetri che potrebbe giocare nell’NBA e il piè veloce dai polmoni inesauribili alto appena 1,70.

Isner non è solo un grande battitore, è un figlio dell’Università Usa e ha un cervello fino per queste cose: basti vedere quant’è stato bravo con Mahut a inscenare, a Wimbledon, il match più lungo di sempre. 

Così com’è diventato oggetto di culto il pigiama griffato dei  Chicchi, nella vita Simone Bolelli-Fabio, perché sono belli e sono italiani, certo e non c’è mai stata una coppia di doppio vincente tutta italiana agli Internazionali, ma anche perché sono due validi singolaristi e hanno espresso un gran livello di gioco. Tenendo accesa l’attenzione fino a sabato notte. 

Da cui sprizza la scintilla di un’idea che ATP e WTA dovrebbero sposare: perché non far partire i tornei di doppio, con meno giocatori, dopo i primi due-tre turni del singolare, e convogliarci gli eliminati oltre a quelli che vogliono sostenere singolare e doppio insieme? Il risultato sarebbe immediato e garantito. E il tennis dopo aver aiutato a germogliare il Padel potrebbe sfruttarne ulteriormente il successo.

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