Rafa Nadal resta in piena corsa per staccare Federer e Djokovic e festeggiare lo Slam numero 21. Battuto in cinque set Denis Shapovalov che ha sbottato contro lo spagnolo e l'arbitro urlando "Siete tutti corrotti". Semifinale numero 36 su 63 presenze nei major per il maiorchino
di Dario Castaldo, da Melbourne | 25 gennaio 2022
Quattordici quarti di finale (appena uno meno del record di Federer) su 17 presenze, sette semifinali (come Lendl, una più di Agassi e Newcombe) e 5 finali. In un mondo normale, il ruolino di Rafa agli Australian Open basterebbe per chiamare Melbourne il giardino di casa Nadal.
O il suo pied-à-terre, la sua casa al mare. Invece i 9 titoli australiani di Djokovic e i 13 del maiorchino a Parigi hanno sballato i parametri, e – nell’èra eccezionale di cui intravediamo il tramonto - quello agli antipodi è diventato uno Slam indigesto per il toro di Manacor. Di fatto l’unico che lo spagnolo è riuscito a conquistare una sola volta. Almeno fino ad oggi.
Tra Nadal e il secondo successo Down Under è stata spesso solo questione di centimetri. Come nell’epica ed estenuante finale del 2012, persa 7-5 al quinto contro Djokovic dopo essere stato avanti 4-2 (e 30-15, con un comodissimo passante di rovescio sulla racchetta) nel set decisivo.
O come nella partita del secolo, il leggendario atto conclusivo del 2017, perso anch’esso dopo aver preso un break di vantaggio nel quinto contro il redivivo Federer. Più raramente di metri, come nella finale a senso unico del ’19 contro Nole.
Molto, troppo spesso, Rafa si è invece dovuto arrendere al suo corpo. Come nella finale 2014, ceduta più per la schiena che per Wawrinka o in occasione delle edizioni ‘10, ‘11, ’15, ’18 e ‘21, quando si era ritirato-o-quasi.
Insomma, è vero che al Nadal australiano è spesso mancato un soldo per fare una lira e che nella Rod Laver arena il 35enne mancino ha subìto alcune delle sconfitte più dolorose della sua carriera, ma è altrettanto vero che Rafa ha sempre fatto strada nel torneo (qui ha vinto 74 partite, 10 più che a New York e 21 più che a Wimbledon) e che mai come quest’anno aveva la possibilità di rifarsi con gli interessi.
Senza Federer e con Djokovic espulso (anzi deportato, come dicono gli australiani) è lui l’unico dei big three in corsa per il 21mo titolo major. E, come se non fossero bastati i giudici della corte federale a togliergli di mezzo l’avversario più pericoloso, Denis Shapovalov gli ha pulito il tabellone togliendogli di torno Sascha Zverev, il primo favorito dei bookmakers.
Dopodiché il canadese si è messo in un angolo e si è prestato per due set al ruolo di sparring. Nel primo quarto di finale, il primo brivido per Rafa è arrivato all’inizio del secondo set, quando uno Shapo sull’orlo di una crisi di nervi ha protestato perché a suo dire l’iberico non rispettava lo shot clock.
“Sei corrotto, siete tutti corrotti” ha sbottato il canadese rivolgendosi al giudice di sedia Carlos Bernardes (quello che a Rio nel ‘15 e a Wimbledon nel ‘18 aveva fatto irritare proprio con Rafa). Una scenata che ha fatto evaporare Dennis per mezz’ora, togliendo pathos al match.
Al punto che all’inizio del terzo set la regia di Channel 9 ha preferito staccare sul doppio Kyrgios-Kokkinakis, facendo perdere alla stragrande maggioranza degli australiani un romanzo d’avventura durato 4 ore e 8minuti e chiuso 6-3 6-4 4-6 3-6 6-3 in favore di un Nadal ridotto ai minimi termini, scavato in viso, debilitato da un problema allo stomaco, ma comunque capace di tagliare per primo il traguardo.
Facendo leva su servizio, dritto e personalità e vincendo praticamente da fermo –anzi, praticamente distrutto come ha poi detto a caldo - la nona partita del 2022 sul centrale di Melbourne Park.
Altre due, e la Storia del tennis potrebbe essere tutta sua.