Jannik Sinner e Lorenzo Sonego potrebbero scontrarsi al terzo turno nel Masters 1000 Indian Wells e garantire all'Italia una presenza sicura negli ottavi. Ma devono battere Laslo Djere e Benjamin Bonzi: conosciamoli meglio
di Alessandro Mastroluca | 12 marzo 2022
L'Italia può sognare di avere almeno un giocatore negli ottavi di Indian Wells. Succederà, nel primo Masters 1000 della stagione, se Jannik Sinner dovesse battere il serbo Laslo Djere e Lorenzo Sonego dovesse superare il francese Benjamin Bonzi. Vincendo il match d'esordio, infatti, gli "S&S" si incontreranno in un derby al terzo turno per un posto agli ottavi.
Tuttavia, nessuno dei due incontri che segnano l'ingresso nel torneo di Sinner e Sonego, dopo il bye di cui hanno goduto al primo turno in quanto teste di serie, si può considerare scontato.
Bonzi, 25enne francese che incontra il torinese Sonego per la prima volta in carriera, ha iniziato il suo percorso battendo l'amico Arthur Rinderknech, con cui dedica a lunghe partite a Mario Kart alla Playstation.
Oggi numero 62 del mondo, Bonzi sta vivendo il periodo migliore di una carriera che sembrava avviata a una rapida ascesa nel 2017 quando eliminò Daniil Medvedev, che si ritirò durante il quarto set, al primo turno del Roland Garros 2017: fu il primo successo Slam del francese.
Bonzi ha fatto fatica a dare continuità alle sue giovanili promesse. Entrato in Top 200 nel 2017, ma da ottobre 2018 a gennaio 2020 ha giocato 23 Challenger senza raggiungere mai nemmeno i quarti di finale, fino al torneo di Bangalore che anticipa il lockdown dovuto al COVID-19 nel 2020.
Alla ripresa del circuito, è tornato in un main draw Slam sempre al Roland Garros. Ha battuto Emil Ruusuvuori prima di perdere nettamente contro Jannik Sinner. Il 2021 è l'anno della sua rinascita, in cui ha toccato il best ranking di numero 60 ATP.
Ha vinto sei Challenger, dietro solo agli otto dell'olandese volante del circuito Tallon Griekspoor. A parte lui e l'olandese, solo Baez (2021), Bagnis (2016), Chela (2001) e El Aynaoui (1998) avevano conquistato sei trofei nel circuito in una sola stagione.
Questa settimana Bonzi è numero 62 del mondo. Di recente ha vinto il Challenger di Cherbourg e raggiunto la semifinale a Marsiglia. Ulteriori segnali dei grandi effetti che ha avuto il lavoro con Lionel Zimbler, suo allenatore dall'ottobre del 2019.
L'ex coach di Benoit Paire ha sviluppato un diverso approccio e un differente metodo. "La Bonz", questo il suo soprannome, è più solido e convinto nei momenti importanti della partita. Con queste sicurezze in se stesso, aspira a entrare quest'anno in Top 50.
Servirà dunque il Sonego vario e propositivo, che non dia ritmo e si apra il campo. Bonzi infatti non ha colpi pesanti, non sarà esteticamente creativo come il connazionale Hugo Gaston, ma a Marsiglia ha costretto Andrey Rublev al tiebreak del terzo set. Si definisce più come un contrattaccante, un lavoratore, con il rovescio come colpo migliore: e in effetti lo gioca bene e di frequente anche in lungolinea.
Dal punto di vista dell'approccio al tennis, negli ultimi anni Bonzi si è molto avvicinato a Djere, ex numero 3 junior e Top 30 nel 2019 quando vinse l'ATP 500 di Rio de Janeiro senza perdere un set, battendo Dominic Thiem al primo turno e Felix Auger-Aliassime in finale. Durante la premiazione, dedicò la vittoria ai genitori, al padre Caba e alla madre Hajnalka, a cui deve la sua predilezione per la preparazione di dolci da forno, morti entrambi per un cancro al colon tra il 2011 e il 2017.
Ha iniziato a giocare proprio assorbendo la passione del padre, calciatore nella squadra locale di Senta, dove è nato in Serbia, poi tifoso di Pete Sampras, Andre Agassi e Goran Ivanisevic.
In un commovente articolo in prima persona per il sito dell'ATP ha raccontato il dolore della scoperta del cancro del padre nel 2017, fino a quel momento la sua miglior stagione in carriera. A novembre 2010 la madre aveva scoperto di esserne affetta, e che il tumore fosse già in metastasi: sarebbe morta nel giro di un anno e mezzo.
Caba gli faceva da coach non ufficiale, definiva la sua programmazione, si occupava della logistica delle trasferte, di prenotare i biglietti aerei, e commentava anche solo con un messaggio di incoraggiamento ogni sua partita. Dopo avet tentato radioterapia e chemioterapia, è morto nel dicembre 2018. A 23 anni, Djere si è ritrovato orfano di entrambi i genitori e con una sorella di cui prendersi cura.
"Dovevo essere forte anche per lei - ha scritto nell'articolo -. Se ci credi e fai tutto il possibile, arriveranno tempi migliori. Se ce l'ho fatta io, può riuscirci chiunque". C'è molto più della mentalità in cui si riconoscono i serbi, la qualità di trarre forza dalle difficoltà, di cui ha parlato a gennaio prendendo le difese di Novak Djokovic nei giorni degli appelli contro la revoca del visto e l'espulsione dall'Australia in quanto non vaccinati.
C'è un ragazzo forgiato da difficoltà che a vent'anni avrebbero abbattuto tanti, e che invece lo hanno reso un tennista comunque più complesso da affrontare. Anche se rimane più un manovratore, a suo agio sulla terra rossa, e l'uno-due di Sinner può togliergli tempo di reazione e farlo pensare in fretta. Vento permettendo, naturalmente.