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Terra d'inizio: Estoril e Barletta ai tempi... di Federer e Nadal

Sono passati 20 anni esatti dal trionfo di Rafael Nadal a Barletta. Ne sono passati 15 dal successo di Roger Federer a Estoril. I due tornei che si giocano questa settimana sono tra quelli che aprono la stagione sulla terra. Amata da tutti, accessibile per pochi

05 aprile 2023

C'è terra e terra. Ma al di là del prestigio del torneo, quando la stagione sul rosso comincia sono in tanti a tirare un sospiro di sollievo. Anche tra i campioni, anche tra gli insospettabili. Aprile, da quando il circuito Atp si è strutturato nel calendario ancora in vigore, è il mese di avvio delle corse e della fatica, dei calzini sporchi di mattone tritato. Di arancione ovunque. Un inizio che ha un primo approdo nei Masters 1000 di Monte-Carlo, Madrid e Roma, e poi ancora un apice nello Slam del Roland Garros, da più parti ribattezzato come il Campionato del mondo su terra battuta.

Proprio per inseguire quel sogno parigino, persino le stelle più luminose non hanno esitato a sporcarsi le mani. Perché per un torneo dello Slam si farebbe più o meno di tutto. Nell'aprile del 2008, Roger Federer non aveva ancora vinto un solo titolo in stagione, circostanza inusuale per uno che nei cinque anni precedenti ne aveva messi in bacheca ben 49. Roger, che da poco aveva interrotto la collaborazione con Tony Roche, chiese un aiuto a José Higueras, ex terraiolo modello che nei piani dovrebbe aiutarlo a capire i segreti del rosso. Partendo proprio dall'Atp di Estoril, su una terra lenta, molto più di quella che poi si trova sui campi principali del Roland Garros. 

Albert Ramos Vinolas con il trofeo vinto all'Estoril

Roger, che in Portogallo per giocare a tennis non ci era mai andato prima (e che nel 2010 avrebbe perso in semifinale da Albert Montanes), va in difficoltà persino contro il piccolo belga Olivier Rochus, va quasi fuori contro il tedesco Gremelmayr in semifinale, e tuttavia approda all'ultimo atto, dove approfitta del ritiro del russo Davydenko. Difficile pensare a Estoril come uno dei titoli più brillanti dell'epopea federeriana, anzi. Ma in fondo è bello partire da lì per capire come lo svizzero sarebbe poi riuscito, un anno e qualche settimana più tardi, ad addomesticare pure la terra di Parigi, con l'aiuto di un Rafael Nadal non al meglio della condizione.

Ecco, Rafa. Parlare del Re della terra oggi è semplice, con tutto quel palmarès a fare bella mostra. Non era così nel 2003, quando proprio durante questa settimana, l'allora teen-ager spagnolo si presentava a Barletta per giocare un torneo Challenger. Con l'obiettivo di prendere punti per avvicinare il suo sogno: i top 100 Atp e l'ingresso nei grandi tornei.

Non sono molti i Challenger che possono vantare Rafael Nadal nel proprio albo d’oro. Anzi, sono soltanto due, in entrambi i casi nel 2003: uno è quello di Segovia, in Spagna, l’altro è appunto quello di Barletta. Proprio il torneo pugliese torna protagonista per confermare una tradizione, quella dell’Open Città della Disfida, che merita di continuare perché proprio su quei campi in terra, all’inizio del nuovo Millennio, ci fu una concentrazione di talento difficilmente riscontrabile nel circuito minore dell’Atp, con Mantilla, Bruguera, Nadal, Almagro e Gasquet a succedersi sul gradino più alto del podio. Rafa, in particolare, arrivò in Puglia da numero 152 e ripartì col titolo e col numero 114 in tasca. Mentre in precedenza aveva solo sfiorato il titolo in quel di Cagliari (superato in finale da Filippo Volandri). Da quel 30 marzo del 2003, qualcosa sarebbe cambiato nella carriera del maiorchino.

A Barletta, quel torneo lo ricordano tutti. “Questo è un torneo storico – ha dichiarato di recente Vincenzo Ormas, direttore del Challenger – anche perché vent’anni fa Rafa Nadal arrivava a Barletta da semisconosciuto e vinceva il titolo. L’aumento del montepremi porterà giocatori di caratura internazionale e siamo pronti per offrire un grande spettacolo al pubblico”. Quello spettacolo di corsa e fatica, di sudore e invenzioni, che in fondo la vecchia cara terra può garantire a tutti: dalle stelle più brillanti ai giocatori che devono ancora imparare il mestiere. 

L'abbraccio finale fra Giulio Zeppieri e Flavio Cobolli

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