Giorgio Tarantola, l’ex arbitro ora organizzatore di tornei, ci illustra vantaggi e svantaggi della nuova regola testata alle Next Gen Finals di Milano
di Vincenzo Martucci | 05 gennaio 2021
Le Next Gen Finals di Milano cominciano a dare i primi riscontri importanti nelle regole. Dopo il count-down del servizio e l’asciugamani che il giocatore deve gestirsi senza l’aiuto dei raccattapalle, a partire dagli Australian Open dell’8-21 febbraio anche gli Slam non avranno più giudici di linea umani bensì, per le controversie, l’Occhio di falco, per tutti i campi e per tutto il torneo.
Quali sono vantaggi e svantaggi? L’abbiamo chiesto a Giorgio Tarantola, l’ex arbitro sul circuito ATP Tour, tuttora organizzatore di tornei.
Quanto costano i giudici di linea di un torneo?
“Ovviamente gli ordini di grandezza sono molto diversi, passando dai Challenger agli Slam. Wimbledon, che è il torneo che retribuisce meglio queste persone, arriva a pagarle qualche centinaia di euro al giorno, tra rimborsi spese, e quote ospitalità, inclusi i pasti. Ma nel suo budget una simile voce viene ammortizzata serenamente. Diversa è la situazione per un torneo Challenger che garantisce ai giudici di linea un forfait di circa 40 euro al giorno, e accusa sicuramente di più questa voce nel suo bilancio”.
Di quante persone stiamo parlando in un torneo?
"I giudici di linea non sono solo quelli che si vedono in campo, i sette, magari nove per volta, se ci sono anche quelli del net, perché ogni ora, circa, vengono avvicendati. E, anche se si alternano su più campi, parliamo comunque di 40-50 in un Challenger e di centinaia in un grande torneo. Che aumentano considerando le persone presenti in tribuna su ciascun campo per giudicare il loro operato. Dobbiamo anche considerare i giorni di durata del torneo, la necessità di garantire a queste persone un posto dove stare quando non sono in campo e quindi anche una serie di problemi logicistici che, senza i giudici di linea, aiutano il bilancio dell’organizzazione”.
Ma tecnicamente, sono meglio i giudici di linea uomini o è meglio il Falco?
“L’occhio umano se non si distrae è ancora più preciso di quello elettronico. Il cui margine di tolleranza d’errore può essere anche di 4 millimetri. Infatti è comprovato che nel 90% dei casi, ogni qual volta il giocatore chiama il replay in caso di dubbio, il giudice di linea umano ha ragione nella sua chiamata. Però, è evidente che la macchina elimina costi e anche fatica”.
Ma l’Occhio di Falco non ha anch’esso costi elevati?
“All’inizio costava 100mila euro a campo. Ora siamo scesi a 10mila. E comunque se i grandi tornei hanno le loro attrezzature, tutti i tornei minori come i Challenger li noleggiano, come fanno anche per i tabelloni segnapunti e altre apparecchiature”.
Il giudice di sedia viene favorito o sfavoriti da questa novità?
“Per lui diventa più facile arbitrare. Perché, quando il giocatore mette in dubbio la chiamata contesta tutta la squadra dei giudici e l’arbitro subisce una pressione psicologica da parte del giocatore che così invece scompare. Inoltre, la decisione del giudice di linea-macchina si accetta, quello dell’uomo meno”.
La novità di Melbourne favorirà l’introduzione dell’Occhio di Falco anche sulla terra rossa?
“Al di là dei problemi di bilancio economico, sulla terra il segno della palla si vede, e le contestazioni che possono nascere sulle palle che toccano o meno la riga sono risolvibili da parte di arbitri esperti. Il famoso spazio fra il segno e la riga si vede sempre bene”.