Il greco batte Sinner al quinto set (“fondamentale il servizio”) e si gode i quarti di finale in mezzo a tantissimi connazionali. “Dopo Atene – dice –, Melbourne è la città con più greci: mi fanno sentire bene”. Ai quarti anche Korda, che ringrazia la famiglia e ricorda il match che gli ha fatto scegliere di mollare l’hockey a favore del tennis
22 gennaio 2023
La comoda vittoria in tre set del 2022 si è trasformata in una battaglia di cinque set decisa da pochissimi dettagli, nella quale Jannik Sinner gli ha messo paura sul serio, ma ai quarti di finale dell’Australian Open ci è andato Stefanos Tsitsipas. Un successo sofferto, figlio di un cambio di passo nel set decisivo.
“È stato importante – ha detto il greco – mantenere la calma e farmi trovare pronto per il quinto set. Dopo i primi due l’equilibrio è cambiato completamente a favore di Jannik, ha preso un distacco che non sono riuscito a colmare. Ho preso delle decisioni sbagliate che non hanno pagato. Nel quinto mi ha aiutato molto il servizio e sono riuscito a muovermi meglio rispetto ai due set precedenti, a rimanere più attivo. Non sono riuscito a sfruttare la prima occasione sul suo servizio 0-40, ma mi sono costruito un’altra opportunità e all’ultima palla-break a mia disposizione l’ho saputa convertire. È stato un momento molto importante”.
“Non bado molto agli altri giocatori, penso solo al mio tennis. Se gioco bene, so che tutto il resto si muove di conseguenze e le vittorie arrivano. Tutti dobbiamo affrontare la pressione: ogni match è una sfida nuova, in condizioni differenti e con un avversario diverso. È su questo che la gran parte dei giocatori si concentra. Non sono in molti a pensare troppo al futuro, perché il tennis è uno sport nel quale bisogna vivere il presente. Se la mente inizia a pensare troppo, o a creare determinati scenari, diventa difficile giocare al meglio delle proprie possibilità".
“Sono cresciuto in un clima molto simile a quello di Melbourne, quindi qui mi trovo sempre bene. Un altro motivo del mio grande rapporto con questo torneo è che ogni anno qui trovo tantissimi miei connazionali. Mi fa sentire a casa: una sensazione molto importante da trovare a così tanti chilometri da casa. Possiamo dire che è come se questo fosse il mio Slam di casa, perché Melbourne, dopo Atene, è la seconda città al mondo con più greci fra i suoi abitanti. I francesi hanno l’Australian Open, i britannici Wimbledon, gli americani lo Us Open. Io ho l’Australian Open”.
SEBASTIAN KORDA
A 25 anni esatti dal titolo all’Australian Open di papà Petr, ora c’è il figlio Sebastian a provare a riportare uno Slam a casa Korda. Mancano ancora tre vittorie e non sarà per nulla facile andare a prendersele, ma intanto il 22enne statunitense ha agguantato per la prima volta i quarti di finale e sta continuando a migliorare.
“Credo – ha detto dopo il successo al tie-break del quinto set contro Hurkacz – di essere molto bravo a superare i momenti difficili e imparare dai miei errori. Ho usato certe sconfitte del passato, come quando ho mancato un match-point contro Djokovic oppure ho servito per il due match due volte contro Nadal, per diventare più forte. Sono state grandi delusioni, ma mi hanno aiutato, anche in un match come questo. Mi hanno segnato a rimanere paziente e positivo, e anche le persone che mi stanno intorno, a partire dai miei genitori, mi hanno sempre aiutato a superare certi momenti, cercando di prenderne solo gli aspetti positivi”.
“Non è facile stare lontano dalla mia famiglia, ma ho sempre del tempo per loro. Sono appena stato al telefono con mamma e papà, sono rimasti svegli per seguire l’incontro. Domani è il compleanno di mio papà: in un certo senso gli ho fatto un regalo in anticipo”.
“Rispetto alla gran parte degli altri giocatori presenti qui – continua – la mia crescita è stata diversa. Qui tutti hanno iniziato a giocare a tre, quattro, cinque anni, mentre io solamente a 10. E fino a 15 anni non ho praticamente giocato un solo torneo fuori dalla Florida, allenandomi sempre sulla terra battuta. Fino a 10 anni giocavo a hockey sul ghiaccio: avevamo un’ottima squadra, dell’anno 2000 eravamo i più forti degli Stati Uniti e alcuni dei miei compagni di allora sono professionisti nell’NHL. Ho deciso di dedicarmi al tennis dopo che nel 2009 sono stato allo Us Open con mio papà, che allenava Radek Stepanek. Ricordo un suo match contro Djokovic, nella sessione serale, in un Arthur Ashe pienissimo. Mi sono innamorato dell’energia delle gente e il giorno dopo ho detto a mio padre che era questo ciò che volessi fare”.
“Ho sempre saputo di giocare un tennis un tantino differente rispetto agli altri: colpisco prima, più veloce. Mi hanno sempre detto che potessi diventare un buon giocatore e quindi ci ho sempre creduto. Le persone attorno a me mi hanno aiutato tantissimo, grazie alla loro esperienza. Da questo punto di vista sono stato fortunato. In questo momento sta funzionando tutto bene, come per gli Stati Uniti. Abbiamo un bel gruppo di ragazzi che stanno facendo grandi cose e credo che faremo ancora meglio nei prossimi due anni”.
ELENA RYBAKINA
“Quando affronti la numero uno del mondo sai di non avere nulla da perdere. Sapevo di dover essere aggressiva fin dalla prima palla perché Iga si muove benissimo e difende alla grande. Ho cercato di attaccare fin dall’inizio e ha funzionato”.
“Cerco di migliorarmi a ogni incontro. Il mio servizio è sicuramente uno dei migliori. Sono la leader per il numero di ace ed è una delle mie armi. Ma ci sono anche altre ragazze che servono molto bene”.
“Credo che nel mio tennis ci sia ancora tanto da migliorare. Vedo tante avversarie davvero forti e sento di poter crescere ancora. Se riuscissi a giocare ogni settimana come sto facendo qui, penso che potrei avere la chance di diventare numero uno del mondo e battere qualsiasi rivale. Ma per il momento devo crescere ancora e migliorare in termini di continuità”.
“Nell’ultimo anno ho raccolto tanta esperienza, specialmente da Wimbledon in poi. E ho lavorato molto bene col mio team. Al punto che dopo la sconfitta ad Adelaide ero molto delusa, ma purtroppo lavorare bene non è sempre garanzia di vittoria. Sapevo di dover tenere duro e che continuando a fare le cose nel modo giusto sarebbe arrivato un momento nel quale mi sarei sentita bene in campo e avrei inizio a vincere. E poi sono migliorata mentalmente: ho imparato a gestire certe situazioni e credo di più in me stessa”.
JELENA OSTAPENKO
“Ho sempre pensato di poter fare bene su tutte le superfici. So che i miei risultati dipendono soprattutto dal mio gioco e dal mio stato mentale. Oggi sono riuscita a stare dentro alla partita dall’inizio alla fine, senza distrarmi. Rimanere focalizzata sul mio gioco non è sempre facile, ma quando ci riesco mi dà grande fiducia. Divento molto più solida e continua nell’arco di un incontro”.
“Non ho mai pensato di non poter ripetere la vittoria del Roland Garros. Il problema è stato che dopo quel successo la mia vita è cambiata tantissimo, quindi ho avuto bisogno di tempo per abituarmi a una nuova realtà. Anche perché ero molto giovane, avevo solo 19 anni. Tutti hanno iniziato ad aspettarsi che potessi vincere ogni torneo, che è folle visto che siamo pur sempre umane e non ti puoi sentire al top ogni giorno. Poi sono arrivate tante attenzioni, anche fuori dal campo, la popolarità e quant’altro. Ho faticato ad abituarmi a tutto ciò, ma continuo a credere di poter battere qualsiasi avversaria. Ho cercato di lavorare sulla continuità e sul colpire la palla prima, giocando più vicino alla linea di fondo. Questo toglie tempo alle mie avversarie e mi rende più pericolosa”.
“A volte mi accorgo che in campo esagero con certi comportamenti, ma sono una persona molto emotiva, quindi a volte fatico a trovare il giusto equilibrio. Ma giudicare da fuori è facile. In realtà ogni persona è diversa: c’è chi è più calmo e chi è più emotivo. Io ho bisogno di equilibrio e questa settimana lo sto trovando”.
“Devo essere onesta? Non credo al sistema di chiamate elettroniche. A volte sembra che commetta degli errori. Ma ovviamente non ci possiamo fare molto e dobbiamo giocare. Mi capita di guardare spesso il mio team dopo certe chiamate per vedere cosa ne pensano, quando si tratta di chiamate secondo me dubbie”.