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Eventi internazionali

WTA Palermo, il direttore: "Dato un segnale al mondo"

Il direttore del Palermo Ladies Open Oliviero Palma ci racconta la macchina organizzativa del primo torneo professionistico dopo il lockdown. Il protocollo da rispettare, i controlli, l'hotel delle giocatrici, i percorsi separati per atleti e tifosi.

di | 11 agosto 2020

Il Centrale del Country Club di Palermo che ha ospitato il primo torneo dopo il lockdown

Il Centrale del Country Club di Palermo che ha ospitato il primo torneo dopo il lockdown

“Vogliamo dimostrare che si può organizzare un torneo in sicurezza”. Oliviero Palma, direttore del Palermo Ladies Open, primo torneo dopo il lockdown, ha mantenuto il suo proposito. Ha raggiunto l'obiettivo, ha dato un segnale forte di credibilità per il Country Club, per la Sicilia, per l'Italia. Il suo è un atto d'amore per il gioco. “Avevamo una grande occasione, quella di essere i primi al mondo a organizzare un evento dopo il lockdown. Dovevamo fare gol” ci spiega in un'intervista telefonica. Il gol è arrivato, e nemmeno a porte chiuse.


Direttore, che tipo di protocolli vi è stato chiesto di rispettare?

Abbiamo innanzitutto integrato il protocollo che la Mayo Clinic statunitense ha sviluppato per la WTA e quello nazionale del Comitato Tecnico Scientifico, armonizzando via via le situazioni in cui i due protocolli avrebbero potuto entrare in contrasto. Alcune di queste sono emerse subito e ci siamo attivati per risolverle.

Può farci qualche esempio?

All'inizio, ci era stato detto che le giocatrici e i relativi allenatori avrebbero dovuto fare la doccia in albergo, non al circolo. Negli spogliatoi si sarebbero dovute al massimo cambiare. Noi abbiamo consentito di fare le docce al club, sempre rispettando il distanziamento e con sanificazione dopo ogni doccia. In caso contrario, avremmo mandato le giocatrici sudate nelle macchine della transportation. E il trasporto di un'atleta ancora sudata avrebbe potuto creare qualche rischio in più anche dopo la sanificazione dell'auto. Peraltro, le docce delle giocatrici e dei coach erano rigorosamente separate.

Quali misure di sicurezza vi erano richieste per le auto e gli autisti che accompagnavano le giocatrici?

In ogni macchina potevano entrare solo una giocatrice e il suo coach, seduti entrambi dietro. L'autista apriva il cofano, loro mettevano nel portabagagli le valigie (se tornavano dall'aeroporto o ci andavano per ripartire) o le racchette, che poi riprendevano alla fine del viaggio. Il guidatore aveva la mascherina, alle atlete e ai coach venivano date mascherina e visiera protettiva.

 

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Il torneo è iniziato con una giocatrice positiva che si è ritirata dal torneo. Cosa è successo, come si è mossa l'organizzazione?

Si è trattato di un caso di positività che potremmo definire di importazione. E' arrivata a Palermo con tampone negativo ma IGC leggermente positivo. L'abbiamo subito isolata in camera, non entravano nemmeno gli addetti alle pulizie. Il primo tampone non era refertabile, i successivi hanno dato esito positivo, negativo, positivo. Dopo il secondo positivo, anche non consecutivo, è stata trasportata nell'albergo destinato ai positivi asintomatici. In questo modo non è venuta in contatto con nessuno e non ha contagiato nessuno.

Come funzionavano i controlli?

Nel loro albergo, le giocatrici ritiravano in segreteria il modulo per il test e l'adesivo da mettere sulla fialetta. Immediatamente fuori dall'hotel c'era un camper dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo per effettuare i tamponi che venivano poi al laboratorio dell'università. I risultati normalmente si conoscevano entro sei ore.

 

Giocatrici e staff sapevano quando effettuare il test?

Sì. Venivano tutti controllati all'arrivo a Palermo e poi comunque una seconda volta dopo cinque giorni. Un'addetta della WTA inviava un'email il giorno prima per ricordare il test dell'indomani. Nessuno poteva ritirare il badge ed entrare al Country Club senza il risultato negativo del primo test, nessuno poteva lasciare Palermo senza conoscere l'esito del secondo. Anche se abbiamo deciso all'inizio della settimana di non effettuare controlli il sabato e la domenica, giorno delle semifinali e delle finali, altrimenti avremmo bloccato atlete e staff impedendo loro di partire per i tornei della settimana successiva. Da Palermo, tutte le giocatrici sono arrivate a Praga con test negativo: e questa per noi è una grande vittoria.

 

Veduta aerea del Country Club Palermo

Per quanto riguarda l'albergo, durante il torneo sono arrivate le critiche del francese Richard Gasquet, Donna Vekic ha confessato di essere andata a cena fuori. Può spiegarci cosa prevedeva il protocollo per gli alloggi delle giocatrici?

Atlete e coach avevano piani riservati nell'hotel, non l'intero hotel riservato. Inizialmente era previsto che mangiassero in camera, poi abbiamo pensato di organizzare al circolo all'aperto in un'area in cui era ammesso solo chi partecipava al torneo. La struttura era unica per chiunque gravitasse nel torneo. Alle atlete erano riservati i piani bassi, così non dovevano salire in ascensore. Evidentemente, la WTA ha considerato nel protocollo che in Sicilia i casi di contagio sono pochi, che l'indice RT (di trasmissione del virus) a Palermo è a zero da diverse settimane. Per quanto riguarda la bolla, alle giocatrici era solo consigliato di non uscire, ma in Italia non ci sono al momento restrizioni alla libertà personale. Per quanto riguarda le foto pubblicate sui social, io per questioni di opportunità non lo avrei fatto. Ma era comunque in sicurezza.

 

In caso di ulteriori contagi, esiste un'assicurazione contro il Covid-19?

Sì, anche se è sempre molto difficile dimostrare quando e dove ci si è contagiati. Noi dobbiamo dimostrare che abbiamo fatto tutto il possibile e che abbiamo rispettato alla lettera i protocolli. Se avessimo tralasciato qualcosa, saremmo comunque responsabili anche se il contagio non fosse avvenuto all'interno del circolo.

All'interno del circolo, come veniva gestito l'afflusso e il deflusso del pubblico?

Il Country Club è molto grande, si estende su tre ettari e mezzo. Abbiamo creato tre aree: una riservata ai soci, con sei campi solo per loro, una per i partecipanti al torneo e una per il pubblico, con distributori automatici, fisicamente divise da reti. Sul Centrale potevano entrare al massimo 327 persone, su una capienza di 1500 posti, che arrivavano al campo e lasciavano il circolo seguendo un percorso separato rispetto a quello delle atlete. La WTA ha fornito distributori di gel igienizzante, mascherine, occhiali protettivi posizionati in ogni angolo del circolo.

 

In qualche caso, però, abbiamo visto giocatrici che lanciavano polsini verso i tifosi. Cosa è successo?

È accaduto, sì, in un paio di incontri. Sono state richiamate dall'arbitro e dalla WTA, anche se hanno compreso subito di aver commesso una leggerezza. Però è anche un segnale di normalità. Devo dire che le atlete sono state encomiabili. Una di loro mi ha chiesto se poteva allenarsi sui campi per i soci, visto che quelli riservati alle giocatrici erano occupati. Le ho spiegato perché non sarebbe stato possibile, e lei si è scusata per avermelo chiesto. Hanno tutti capito che lo stavamo facendo per loro.

Dal punto di vista economico, qual è stato l'impatto del protocollo anti-Covid?

Buona parte dei costi in più, quelli sanitari, sono a carico della WTA. Noi da un lato abbiamo risparmiato perché non abbiamo costruito il villaggio, ma dall'altro abbiamo sostenuto i costi per le tribune e il personale di biglietteria e controlleria, pur con una capienza molto inferiore all'anno scorso. Gli sponsor ci sono stati vicini, ma tutti stanno subendo restrizioni in questo periodo. Tutto considerato, abbiamo stimato una perdita di 50 mila euro. Ma pensiamo di fare un bilancio cumulativo 2020-2021. E poi per noi era più importante dare un segnale al mondo del tennis.

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