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Allarme dal Sud America: a rischio “cementificazione” la fetta di stagione su terra battuta. A Rio De Janeiro si parla di spostare il torneo dal ‘rosso’ all’impianto olimpico, dove si giocherebbe sul duro. Gli altri eventi seguirebbero a ruota?
di Marco Mazzoni | 21 febbraio 2020
Il Rio Open 2020 si è svolto presso il Jockey Club, location vicino al centro della città, ma già dal 2017 gli organizzatori spingono per spostarsi nel nuovo Olympic Tennis Centre inaugurato con le Olimpiadi del 2016, costato ben 50 milioni di dollari e dotato di strutture all'avanguardia con campi in cemento. “Ci stiamo provando da un po', la decisione finale è dell’ATP - chiosa il direttore Luiz Carvalho - sappiamo che anche l'ITF preferisce questa soluzione. Con una struttura del genere punteremmo a ospitare un Masters 1000, l'ATP dovrà mettere mano al calendario prima o poi”.
Le risorse in Brasile non mancano, visto che il torneo è una joint venture tra la società statunitense IMG e Mubadala, colossale società di investimenti degli Emirati Arabi Uniti. Quella del passaggio ai campi duri si è rivelata una mossa vincente ad Acapulco, torneo ambizioso sostenuto da Carlos Slim, uno degli uomini d'affari più ricchi del mondo. “Non fu una decisione facile, ma vista la vicinanza con Indian Wells il cambio di superficie ci ha permesso di riportare ad Acapulco campioni che altrimenti non sarebbero mai tornati”, spiega José Zurutuza, direttore del torneo messicano.
Attualmente in sud America si disputano quattro tornei su terra battuta dopo l'Australian Open: Cordoba (Argentina, categoria 250), Argentina Open (Buenos Aires - Argentina, ATP 250), Rio Open (Rio de Janeiro - Brasile, ATP 500) e il nuovissimo ATP 250 al via a Santiago del Cile lunedì 24.
Quest'anno sono stati davvero pochi i top player presenti nelle quattro settimane sudamericane, con un solo Top10, Dominic Thiem.
A Cordoba la prima testa di serie era l'idolo di casa Diego Schwartzman (n.13 del ranking), seguito da giocatori perlopiù latini (spagnoli e italiani) ma nessun altro top 25. A Buenos Aires è andata in scena un'edizione alquanto sfortunata.
Il torneo ha sofferto l'assenza last minute di alcuni big che dovevano esserci (Thiem e Berrettini); alcuni dei giocatori più attesi si sono persi troppo presto per strada, e Diego Schwartzman ha gettato la spugna prima della semifinale, infortunato.
Il bilancio di pubblico è stato modesto, uno dei peggiori di sempre per un torneo che vanta una storia importante.
La società che gestisce il 250 di Buenos Aires ha riportato un bilancio negativo per l'edizione 2020 del torneo, con un calo sia degli spettatori che degli ascolti in tv.
“La situazione che abbiamo appena affrontato ha svelato una zona grigia che tutti nel mondo del tennis conoscono, ma che in molti fanno finta di non vedere”, ha dichiarato alla stampa nazionale Martín Hughes, CEO della società Tennium, socio maggioritario dell'Argentina Open.
Netta anche la posizione di Rafael Nadal: “Rio è un grande torneo su terra battuta, non possiamo convertirne altri in cemento, ce ne sono già troppi. La terra battuta è parte fondamentale del nostro sport, è necessario conservare questi eventi così come la storia del tennis in America Latina. E poi sono le condizioni meteorologiche da prendere in considerazione, spostare Rio in altri momenti potrebbe essere un problema. Oggi si gioca troppo sul cemento e poco sulla terra battuta”.
Anche Juan Martin Del Potro ha affermato recentemente che la tradizione “rossa” del suo paese va difesa, nonostante il suo tennis sia più vincente sul cemento.
Perentorio anche il parere di Guga Kuerten: “Se fossi un tennista in attività, non vorrei in alcun modo rinunciare ai tornei sulla terra in sud America; ma se guardiamo il tutto dalla prospettiva dei direttori dei tornei latini, i big torneranno solo passando al cemento. Purtroppo gli hard court dominano la stagione, persino indoor, e questo non è un bene per nessuno”.